Rimpatriato algerino per apologia del terrorismo Ai poliziotti avrebbe detto: «L’Isis vi farà morire»

Comportamenti violenti, discriminazione razziale e apologia del terrorismo. È per queste accuse che il cittadino algerino Larbi Rouabhia (El Taref, 09/01/1969) è stato rimpatriato ad Algeri con un volo partito dall’aeroporto di Fiumicino. Secondo la Digos e la prefettura etnee, l’uomo – richiedente asilo politico – sarebbe stato «altamente pericoloso per l’ordine e la sicurezza pubblica» e, nel periodo in cui era ospite nello Sprar di Licodia Eubea (in provincia di Catania) avrebbe «più volte manifestato la sua avversione alle culture e ai sistemi occidentali». Secondo la nota diffusa dalla questura, l’uomo si sarebbe vantato di avere sgozzato numerosi uomini e di essere fuggito da una carcerazione in Algeria.

Dopo diversi ingressi clandestini in Italia (a Cagliari) a partire dal 2007, e altrettanti rimpatri, Rouabhia avrebbe chiesto protezione internazionale in Svizzera nel 2016. Da lì, però, lo avrebbero rimandato in Italia e, precisamente, in provincia di Catania. Prima allo Sprar di Grammichele e poi a quello di Vizzini (nella sede di Licodia Eubea). Da ottobre 2016, scrive la questura, il cittadino algerino avrebbe iniziato ad avere atteggiamenti verbalmente offensivi nei confronti di alcune donne straniere e operatrici italiane della struttura, che non avrebbero adottato comportamenti «conformi ai dettami dell’Islam». A commento di un video in cui un ragazzo curdo avrebbe strappato le pagine del Corano, Rouabhia avrebbe detto al coordinatore del centro di accoglienza licodiese: «A tutti i curdi andrebbe tagliata la gola».

Dopo avere avanzato una nuova richiesta di protezione internazionale alle falde dell’Etna, durante l’audizione di fronte alla commissione territoriale di Catania avrebbe dichiarato di avere militato nel Front islamic du salut, un partito politico islamista algerino. All’interno dello Sprar avrebbe più volte detto di essere stato anche un componente dei Fratelli musulmani (altra organizzazione politica internazionale di matrice islamista, in parecchi Paesi considerata terroristica) e di avere ucciso degli uomini. Nel corso della sua audizione avrebbe affermato di essere stato condannato, nel 2000, a tre anni di carcere per terrorismo. Tutte affermazioni che, unite a un comportamento «altalenante, borderline e connotato da atteggiamenti paranoici e impulsivi» gli sarebbero valsi il diniego della tutela internazionale.

Così dallo Sprar era stato deciso il suo trasferimento del Cie di Caltanissetta, per poi procedere con l’espulsione. Durante il viaggio avrebbe inneggiato «ad Allah e all’Isis, minacciando di compiere stragi nel nostro Paese ai danni di bambini italiani, tagliando le loro teste e facendosi esplodere – continua il lungo comunicato della questura – rivolgendo altresì la frase “L’Isis vi farà morire” ai due operatori di polizia». Altre minacce sarebbero state indirizzate, via telefono, al suo avvocato. Che aveva denunciato le minacce ricevute dall’uomo: «Sei il mio avvocato, sei complice del giudice, esiste una legge mia che appena uscirò applicherò», gli avrebbe detto Larbi Rouabhia. Toni simili li avrebbe usati nei confronti del direttore dello Sprar. Un quadro complesso che ha condotto, oggi, al suo definitivo rimpatrio ad Algeri.


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