Andrea Vecchio: «Catanesi, svegliatevi!»

Si chiama “Catania” e ha per sottotitolo “Non vi sarà facile”, “Si può fare”, “Lo facciamo”. È il libro che sarà presentato questa mattina, al Castello Ursino di Catania, e che è stato pubblicato dalla sezione etnea dell’Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili.
Fortemente voluto da Andrea Vecchio, l’imprenditore catanese noto per il suo impegno contro il racket, “Catania” è una raccolta di una sessantina di contributi scritti da diverse personalità catanesi in vista, partendo da Franco Battiato, passando per Giampiero Mughini (che in realtà contribuisce con una e-mail di diniego), arrivando a Leo Gullotta.
È una città difficile quella che traspare dalle pagine del volume, stampato in diecimila copie e distribuito gratuitamente in tutte le librerie catanesi.

«Vogliamo accendere una luce nel buio di Catania, affinché la reazione dei cittadini sia forte e collettiva», ci dice Andrea Vecchio al telefono.

“Catania – Non vi sarà facile, si può fare, lo facciamo”: in evidenza l’oggetto del libro e le tre sezioni nelle quali è articolato. Come le avete scelte?
«Insieme a Maurizio Caserta e a Francesco Russo, che sono stati al mio fianco nel leggere i cinquantanove contributi dei pensatori della città, abbiamo notato alcuni elementi che si ripetevano: lo sconforto, il possibilismo un po’ pessimista, e la certezza di riuscire, di farcela. I protagonisti della categoria del “Non vi sarà facile” sono quelli che quasi non sperano più, che se ne sono andati. I protagonisti del “Lo facciamo”, invece, sono i più numerosi. Ed è per questo che li abbiamo divisi in alcune sottocategorie: “cultura”, “regole”, “città”. Delle “regole”, ad esempio, ha parlato Piero Luigi Vigna, procuratore nazionale antimafia dal 1997 al 2005».

Questo libro è un sasso contro Catania?
«Assolutamente no. È un libro per Catania. L’obiettivo è risvegliarla, creare al suo interno un movimento culturale che parta proprio dal nostro volume. Mi piacerebbe coinvolgere gli studenti, tutti quei giovani che in questo momento della loro vita stanno lavorando per costruirsi un futuro. Vorrei che i catanesi recepissero delle suggestioni, finalmente».

I catanesi non recepiscono le suggestioni, di solito?
«Il cittadino catanese rende evidente il suo modo d’intendere le cose già quando cammina per strada. Lo si vede così, preso dalle sue cose, distratto, e non presta attenzione al sacchetto della spazzatura sul marciapiede, allarga il suo giro se vede qualcuno per terra perché è caduto. Inoltre, non è nemmeno un discorso solo catanese. La civiltà odierna è brutalizzata, mentre io vorrei che si fermasse un attimo. Se volessi svuotare una vasca piena d’acqua non lo farei da solo con il guscio di una nocciolina, ma lo farei in compagnia di tante altre persone, con dei secchi».

La sua storia personale parla di impegno contro il pizzo, di una vita lavorativa difficile. Lei cosa avrebbe scritto su Catania e i catanesi?
«Faccio l’imprenditore. Mi servono due caratteristiche fondamentali: l’attenzione e, soprattutto, l’essere positivo. Nella lettera di premessa al libro ho scritto tutto quello che penso e che credo: Catania deve reagire e deve farlo a partire da se stessa e dalle sue risorse».

E quali sono le risorse della città?
«Da ragazzo ho studiato la fisica e ho imparato delle cose molto utili, per la vita. Se applichiamo ad un filo una forza, il filo arriva ad un punto massimo di tensione e poi si spezza. Se a quel filo ne aggiungiamo un altro, servirà il doppio della forza, per spezzarlo. Se ne aggiungiamo un altro ancora, il triplo. E via di seguito. La grande risorsa di Catania è la possibilità di unirsi per fare della somma di più fili una corda, che ci faccia sperare e che accenda una luce».

Uno dei primi interventi è quello di Giampiero Mughini, che scrive di Catania: «Io non ci sono più. Quella città mi è divenuta remotissima». Che ne pensa?
«Una delle frasi successive di Mughini è: “Non vi sarà facile”. È lui che ha dato il titolo alla prima sezione. Catania è vista e vissuta da ciascuno di noi in base alla sua cultura, alla sue speranza, alle occasioni che ha colto. È una città che, in potenza, ha moltissime possibilità, per tutti. In questo momento, però, ne offre poche, per pochissimi. Catania spera nella politica, nell’appoggio dall’alto. Il clientelismo è finito: non serve uno stipendio garantito, serve un lavoro vero garantito. Serve che chi fa un servizio venga pagato per quello che fa, non per le conoscenze che ha».

Quindi la situazione in cui versa la città in questo momento è dovuta a cosa? Alle amministrazioni compiacenti, alla mafia, ai cittadini?
«Le amministrazioni che si sono succedute hanno le loro responsabilità, ma noi di più. La prebenda del potente di turno non è quello su cui, oggettivamente, si possono fondare le basi per uno sviluppo. Un giovane laureato, dopo il suo scarsissimo impegno universitario, che è scarso a causa del sistema e del malcostume generalizzato del fare poco e male, non può accontentarsi di un posto in un call center, in attesa di un contratto all’interno della pubblica amministrazione, ottenuto in virtù di non si sa cosa. Ma magari si accontenta perché non può fare altro, perché prima di lui i suoi genitori si sono accontentati, perché è così che vanno le cose. Parlo direttamente ai giovani: svegliatevi. E, soprattutto, stimolatevi».


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