Scoperta una centrale della droga alla Kalsa Spaccio e consegne a domicilio, 13 arresti

La base logistica un ex convento di via Discesa dei Bianchi, attualmente occupato da alcune famiglie, che nelle sue numerose stanze, alcune chiuse, conservava quantità innumerevoli di hashish, cocaina e marijuana. A tessere le fila del fluente traffico di stupefacenti, che ha portato agli arresti complessivamente di tredici persone, un pluripregiudicato del calibro di Ottavio Abbate. Quest’ultimo è il fratello del noto Luigi Abbate, soprannominato Gino u mitra, attualmente detenuto per associazione di stampo mafioso e figura apicale del mandamento di Porta Nuova, in particolare del territorio della Kalsa.

Era Ottavio Abbate a gestire in prima persona il confezionamento, secondo le indagini, e anche la detenzione e la cessione di enormi quantitativi di droga che partiva dalla Kalsa, attraversando quartieri quali lo Zen, l’Arenella, Lo Sperone per giungere anche fuori la provincia, toccando i paesi di San Giuseppe Jato, San Cipirello, Montelepre. Braccio destro di Abbate (sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno), Francesco Paolo Augello anche lui del quartiere Kalsa e da sempre amico e collaboratore della famiglia Abbate.

Durante una delle tante attività investigative, era il dicembre 2015, Augello dopo esser sceso dalla macchina raccontava ad Abbate di aver parlato con un soggetto chiamato Copertone pattuendo l’acquisto di sostanze stupefacenti. Poco dopo intercettati integralmente nel corso di una trattativa con due uomini, Ottavio Abbate avrebbe riferito che normalmente acquistava la sostanza a 1650 euro a chilogrammo e che in quella circostanza ne aveva la disponibilità di 6 chilogrammi, definendo l’hashish Tanga. Un volume di traffico, scrive il Gip, intorno ai 48mila euro.

In particolare Augello, raccontano gli inquirenti, durante le nostre indagini era un soggetto a piede libero ma noi lo tenevamo sott’occhio. Solo dopo una perquisizione è stato arrestato insieme a Madonia, perché in possesso di sostanze stupefacenti nascoste in un appartamento a Borgo Vecchio. «Attraverso il posizionamento di microspie – spiega Rosalba Zavaglia, dirigente del commissariato Oreto – nella Smart Guidata da Augello dato che Abbate non possedeva la patente, abbiamo ricostruito tutti i contatti che riguardavano il traffico della droga e che vedeva la collaborazione di diversi soggetti tra cui la famiglia Di Giovanni. Le due donne, Rita e Giovanna, detenevano la droga e si occupavano di impacchettarla, mentre il fratello Andrea, a bordo di una bicicletta, entrava e usciva dal convento per smistarla nelle diverse zone». Le indagini, iniziate nel settembre del 2015, hanno documentato tutto l’itinerario che portava la sostanza stupefacente fuori città e altri episodi ovvero lo spaccio anche nelle ore mattutine in piazza Kalsa, dove abitualmente anche alcuni ragazzi delle scuole nell’ora di ricreazione andavano a rifornirsi.

«Il nostro filone di indagine ha permesso di capire come la sostanza stupefacente raggiungeva i diversi comuni jatini – racconta Guido Volpe, comandante della Compagnia di Monreale – da un fermo operato a San Giuseppe Jato nei confronti di due persone trovate con un panetto di hashish piano piano abbiamo ricostruito l’intera rete che si avvaleva di una coppia, Giovanni Pilo e Laura Pirinei». Anche in questo caso sottolineano i carabinieri, le intercettazioni hanno permesso di dare una ulteriore conferma al complesso quadro investigativo.

«Giovà vedi che più tardi vengo, va bene?  – si legge nell’ordinanza – a parlare è Umberto La Barbera – se c’hai tu quello di cioccolato! Quello di là. Non mi far fare un viaggio perso». Ma tra le figure chiave della provincia anche un terzo soggetto, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato. Si tratta di Filippo D’Angelo. «Quest’ultimo – continua il comandante della Compagnia di Monreale – indisturbato evadeva gli arresti domiciliari per reati di furto e in materia sempre di stupefacenti e si muoveva liberamente nel territorio, dove giocava anche a calcetto. Il tutto documentato nelle immagini di videosorveglianza».


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