«C'è una grande ipocrisia sulle carceri, adesso le celle si chiamano camere di pernottamento, ci vantiamo di non avere la pena di morte quando i suicidi che si registrano in cella sono il triplo rispetto ai decessi dei Paesi in cui è in vigore». Così l'ex governatore siciliano ed ex detenuto
Carceri e diritto a oblio, parla Totò Cuffaro «Finora decreti inutili, manca buonsenso»
«Il carcere rieducatore è una leggenda che funziona per chi ha fede, una famiglia alle spalle, degli amici, ma il carcere non è un posto normale, priva di quelle libertà che la nostra Costituzione sancisce come principio e che dovrebbero essere rispettate anche dentro. C’è una grande ipocrisia sulle carceri, adesso le celle si chiamano camere di pernottamento, ci vantiamo di non avere la pena di morte quando i suicidi che si registrano in cella sono il triplo rispetto ai decessi dei Paesi in cui vige la pena di morte». A parlare, non senza ironia, è l’ex governatore siciliano ed ex detenuto Salvatore Cuffaro nel corso di un incontro al carcere minorile Malaspina di Palermo organizzato dall’ordine dei giornalisti. «Non si dice neanche che c’è l’ergastolo: la fine pena per la burocrazia è fissata nell’anno 9999 – aggiunge – Il prossimo problema lo risolveremo chiamando i detenuti diversamente liberi».
Hanno partecipato all’incontro anche il direttore del Malaspina, Michelangelo Capitano, l’avvocato Nino Caleca, il presidente Odg Sicilia, Riccardo Arena e la vicepresidente Teresa Di Fresco. Il tema dell’incontro è il diritto all’oblio e il ruolo dei media nel tutelare i diritti della persona e la privacy, ma Cuffaro puntualizza: «Non possiamo confondere il diritto all’oblio con il diritto a cancellare le cose che non ci piacciono. Non rinnego niente, né l’esperienza di presidente né quella di detenuto, ognuno deve riconoscere la propria storia per migliorare la propria vita. Anche io ero un delinquente – precisa Cuffaro – ma il diritto all’oblio ha senso se diventa una scelta del Paese che non considera il suo passato un crimine, a patto, però, di non tornare a commettere gli stessi errori». L’ex governatore si sofferma poi sulle condizioni dei detenuti: «Non saranno magari la parte migliore della nostra società ma sono sempre persone e non si rispettano tenendole ammassate in pochi metri quadrati o negando loro il diritto di bere dell’acqua fredda in agosto. Per non parlare del fatto – continua Cuffaro – che lo Stato presenta il conto a ogni detenuto per il suo soggiorno in cella, pardon, camera di pernottamento, e così se sei disoccupato e vivi già il dramma di tenere unita la tua famiglia ti vedi anche pignorare i tuoi beni da Equitalia. Io mi considero un detenuto fortunato – puntualizza – ma il terrore di ogni detenuto è quello di finire di scontare la propria pena e non trovare nessuno ad aspettarlo fuori dal carcere».
«Nel mio braccio ho assistito a sette suicidi – dice ancora – l’ultimo aveva scontato 25 anni e gli mancava solo un anno per uscire, e si é ucciso perché aveva paura di uscire». Sulle prospettive e la visione della politica del problema delle carceri Cuffaro dice: «Finora sono stati fatti tre decreti inutili, i cosiddetti svuota carceri, è solo dopo i richiami di Strasburgo. L’ultimo peraltro totalmente inapplicato. Alcuni problemi devono essere risolti dal Parlamento che però è composto da persone in cerca di consensi che quindi non vogliono prendere decisioni impopolari». Su questo punto si pronuncia anche Capitano: «Gli annunci di amnistie creano un’ aspettativa che si trasforma in disagio per chi sta in carcere». E Cuffaro aggiunge: «Non servono altre leggi, del resto manca il consenso necessario, ma basterebbe usare del buon senso e trattare le storie del carcere non come se fossero dei corpi ma delle anime».
Del tempo che non passa mai, dell’illusione dell’attesa e della speranza ha fatto cenno anche Capitano, e su questo l’ex governatore aggiunge: è ciò che tiene in vita i detenuti. L’ex governatore racconta poi un aneddoto curioso sui tempi dilatati all’interno dei penitenziari: «Quando sono entrato ho scoperto per la prima volta la fiction Un posto al sole. La guardano tutti i detenuti perché è girata in tempo reale e questo permette a chi sta dentro di avere un rapporto con il mondo esterno e il tempo che passa fuori che altrimenti il detenuto non avrebbe. E non a caso la radio più seguita è Radio radicale, perché l’unica a occuparsi del carcere». Cuffaro conclude il suo intervento e lascia la platea anticipatamente per intervenire a un altro convegno, senza rinunciare rinuncia a una battuta: «Mi aspettano a questo incontro, non vado a fare campagna elettorale, non scrivete inesattezze».