«Vorrei che questa fosse una città normale». Dalla decisione di abbandonare il Pd e correre da sola ai piani su partecipate, mobilità, ambiente e i temi caldi della campagna elettorale. Inizia con la leader di Palermo città futura la serie di interviste di MeridioNews ai contendenti alla poltrona più importante di Palazzo delle Aquile. Guarda il video
Nadia Spallitta, unica donna tra i candidati sindaco «Rompo con una politica che non ha funzionato»
«La mia generazione e la generazione prima della mia non hanno costruito niente per il futuro dei giovani, abbiamo depauperato la nostra città». Nadia Spallitta vuole provare a invertire un trend che dura da circa 33 anni. È dal breve mandato di Elda Pucci, tra il 1983 e il 1984, infatti, che Palermo non ha una sindaca donna e mai nessuna prima di lei aveva ricoperto quel ruolo. Inizia con l’unica donna in corsa per la guida di Palazzo delle Aquile la serie di interviste di MeridioNews ai candidati in vista delle elezioni amministrative di giugno.
«L’idea di questo progetto – dice Spallitta – nasce dal rapporto che ho avuto in questi anni con il mondo dell’associazionismo. Da questo impegno, è nato il desiderio di portare all’interno delle istituzioni soggetti che potessero rappresentare realmente la cittadinanza attiva, che spesso rimane fuori dalle logiche delle scelte delle istituzioni politiche». Una scelta giunta dopo l’addio al Partito democratico, che l’avvocato cassazionista, componente della commissione Bilancio e vicepresidente vicaria del Consiglio, ha rappresentato negli ultimi anni in Sala delle Lapidi. Un matrimonio in realtà breve quello con i Dem, naufragato dopo la scelta del partito di sostenere il sindaco uscente Leoluca Orlando. Da qui la decisione di correre da sola, supportata dal progetto di Palermo città futura, «un comitato che in un mese e mezzo ha già registrato 1500 iscritti e al quale si è avvicinato con grande entusiasmo il partito dei Verdi». E sarà proprio Angelo Bonelli, leader nazionale dello storico partito ecologista, a lanciare oggi la corsa di Spallitta verso il voto dell’11 giugno.
«La mia candidatura – spiega – vuole rompere con un sistema e un modo di fare politica che non ha buona prova di sé e che ha portato oggi Palermo a una propensione alla povertà, alla fuga dei giovani e alla carenza assoluta di qualità dei servizi. La politica non ha un approccio tecnico-scientifico rispetto ad alcuni problemi, vanno affrontati con delle risorse e risposte. La politica non può essere né improvvisazione, né coalizione, né strategie, né accaparramento di posti. La politica deve essere raggiungimento di obiettivi pubblici nell’interesse di tutti». Non rilancia le polemiche che da settimane tengono banco sulla presenza o meno dei simboli dei grandi partiti all’interno delle liste collegate ad altri candidati, la sua, piuttosto, è una riflessione amara. Nadia Spallitta parla infatti di un sistema, quello appunto dei partiti, che ha tradito il proprio ruolo, quello di rappresentare le istanze e i valori dei cittadini, finendo così per sciogliersi, tanto da non voler rischiare mettendo in primo piano simboli e loghi.
Quella di Palermo città futura è una lista che unisce candidati giovani, alla prima esperienza elettorale, ed esponenti storici dell’associazionismo palermitano. «La caratteristica della nostra lista è quella di nascere veramente dalla società civile, senza ipocrisia. Sono tutti componenti che vengono dal mondo delle associazioni, delle professioni, dell’imprenditoria, che hanno dedicato la propria vita a impegni politici non istituzionali, ma non per questo meno importanti». E sulla diluizione dei volti noti del centrodestra cittadino, costretti ad accasarsi tra le fila di candidati storicamente vicini al centrosinistra, la vicepresidente del Consiglio risponde: «Non abbiamo transfughi, ma cittadini che possono esprimere la propria visione delle cose purché abbiano in comune il concetto di politica come interesse della collettività». «Credo – conclude la candidata sindaca – che negli ultimi 30 anni ci sia stata una classe dirigente politica dominante, grossomodo sempre la stessa, che non ha portato la crescita che Palermo meritava per le risorse monumentali, naturalistiche, umane che possiede».
Nadia Spallitta ha offerto a MeridioNews la propria visione e i propri programmi su sette tra i temi più caldi di questa campagna elettorale, suggeriti dai cittadini. Le stesse domande verranno poste a ogni candidato nelle interviste a venire.
SOCIETÀ PARTECIPATE – «Le partecipate – spiega ancora Nadia Spallitta – sono caratterizzate dalla mancanza di criteri manageriali e di una gestione imprenditoriale. Sono società per azioni, con capitale pubblico, ma che hanno l’obbligo dell’efficienza, della economicità, della semplificazione dei procedimenti e anche della meritocrazia. Al loro interno i criteri di avanzamento, di riconoscimento, non possono essere quelli della conoscenza, ma devono essere meritocratici. È necessario riorganizzare ogni società partecipata in termini di funzionalità dei servizi. Un primo passo potrebbe essere il ridimensionamento delle figure dei direttori, tanti e non sempre indispensabili, tanto che i risultati delle partecipate sono assolutamente deludenti per qualità dei servizi. Palermo è una delle ultime città d’Italia per qualità dei servizi: dalla raccolta dei rifiuti, al trasporto alla stessa illuminazione pubblica. Bisogna anche eliminare la duplicazione delle spese riducendo l’esternalizzazione dei servizi. Serve una riorganizzazione in termini di funzionalità dei servizi delle partecipate».
MOBILITÀ – «Se noi non garantiamo la facilità d’accesso alla mobilità pubblica, le zone a traffico limitato si risolvono in un provvedimento punitivo dell’economia locale. Noi dobbiamo contenere i costi. Credo che una mobilità normale possa essere garantita dal servizio pubblico anche elettrico. Non credo nella visione del tram che, oltre ad avere comportato l’abbattimento di alberi, è invasivo per le nostre che sono le strade tra le più piccole d’Europa, impoverisce anche interi quartieri negando la possibilità di passare da un lato all’altro della strada e danneggiando anche alcuni commercianti. Ed è anche antiestetico. I problemi che riguardano la mobilità vanno affrontati in programmi che si chiamano Put, piani urbano del traffico, che necessitano specifiche competenze, ma devono anche essere condivise con i cittadini che ne subiscono gli effetti e per questo non possono essere tagliati fuori. Possiamo invece pensare a delle formule per il trasporto pubblico più semplici, meno invasive, più leggere e fondate sull’elettrificazione degli impianti. Dobbiamo trovare delle soluzioni alternative anche per il tram esistente, che ricava molto meno di quanto fa spendere, con una gestione pubblico-privato, formule di sponsorizzazione e comunque con scelte partecipate. Non si possono imporre decisioni ai cittadini. Sull’attuale gestione del tram bisognerà rivisitare l’intera organizzazione dell’Amat per evitare che si trasformi in un’ipotesi di dissesto finanziario».
RIFIUTI– «È inspiegabile che l’amministrazione della quinta città d’Italia non sia riuscita a portare avanti un processo obbligatorio per legge come quello della raccolta differenziata con politiche innovative, come il vuoto a rendere o la possibilità della vendita del rifiuto riutilizzabile per il privato o per i condomini, con una rendita per il cittadino virtuoso e riduzione dei costi della raccolta dei rifiuti. Noi paghiamo un’ecotassa all’Unione europea perché non abbiamo raggiunto il 60 per cento di differenziata e non abbiamo neanche istituito le isole ecologiche, che di fatto non sono state istituite, né ideato forme di premialità che aumenterebbero la percentuale della raccolta abbattendo i costi. Sono cose che già esistono in altre città, stiamo parlando di cose normali. Questo è il problema, non riusciamo a essere una città normale. È solo una questione di buone abitudini e con i giusti incentivi ognuno di noi si industrierebbe per fare al meglio la differenziata. Se poi si desse la responsabilità ai condomini tutto sarebbe più facile».
PERIFERIE – «Prevedo intanto in tutti i quartieri cittadini dei centri e la creazione di palestre, biblioteche, laboratori, luoghi d’ascolto, consultori e l’utilizzo gratuito di tutti i beni del patrimonio comunale distribuiti sul territorio. Concedendo a giovani e anziani, per esempio, spazio del patrimonio sia pubblico che confiscato alla mafia. Creare anche luoghi in cui fare sport che siano fruibili anche dai disabili. La rinascita delle periferie deve essere culturale e ambientale, con il ripristino di una mobilità pubblica che elimini il concetto di periferia».
BENI CULTURALI – «Abbiamo delle risorse che non utilizziamo, che sono i fondi europei. Per Palermo sono previsti da Horizon, un programma 2014-2020, circa un miliardo di euro utilizzabili in diversi settori. Tra questi sono fondamentali la ricerca, la disabilità, lo sport e i beni culturali, monumentali e paesaggistici. Con questi fondi, oltre che con trasferimenti statali e regionali a ciò destinati, per recuperare l’immenso patrimonio che abbiamo l’obbligo, tra l’altro, di salvaguardare. Il primo esempio deve essere dato dalla pubblica amministrazione, poi bisogna accompagnare i privati che non ne hanno le risorse affinché anche loro possano avviare questo processo».
EMERGENZA ABITATIVA – «Un Paese non si può dire civile se all’interno del contesto sociale ci sono soggetti che non hanno una casa. È un bene primario, tutelato dalla nostra Costituzione. È fondamentale per garantire uno sviluppo sano e regolare dell’individuo. Non è immaginabile che un’amministrazione pubblica che ha almeno 250 immobili destinabili a residenze e almeno 500 immobili a uso abitativo confiscati alla mafia, caserme abbandonate, edifici sequestrati per abusivismo o per altri motivi, abbia 1800 famiglie, ma probabilmente sono di più, registrate nella graduatoria dell’emergenza abitativa. È un problema di tutti noi, che ha ricadute terribili sull’intera società, la cui crescita è garantita solo se si garantiscono a tutti diritti in modo paritario».
STADIO – «Non ho un pregiudizio a priori alla realizzazione di altre strutture sportive da parte di un privato. Dobbiamo tuttavia impegnarci perché si salvi il Velodromo, per cui stiamo ancora pagando un mutuo, dobbiamo valorizzarlo, utilizzarlo. Dopodiché, se non c’è ulteriore consumo di suolo, se non si arreca danno al territorio o all’ambiente, non ho preclusioni o pregiudizi».