Da Re Mida a gigante coi piedi di argilla Ma Zamparini merita un grazie dalla città

Proprio come la vita, fatta di cicli che si aprono e si chiudono. Tutto ha un inizio e una fine. Una regola valida anche per il legame tra il Palermo e Zamparini, il presidente più vincente della storia rosanero. Il cambio di proprietà era nell’aria. Era solo una questione di tempo. L’ormai ex numero uno del club di viale del Fante maturava già da un po’ la decisione di farsi da parte. Una scelta, complice un’età che avanza inesorabilmente per tutti, dettata da una serie di fattori: stanchezza, difficoltà economiche (situazioni debitorie e pendenze varie da ripianare) legate al suo gruppo imprenditoriale e anche la consapevolezza di un rapporto ormai logoro con una città che negli ultimi mesi gli ha voltato le spalle. E non erano i soliti cinquanta contestatori come una volta esclamò Zamparini commentando l’insofferenza della piazza nei suoi confronti. L’intero popolo rosanero non si riconosceva più nel modus operandi dell’imprenditore friulano, finito nel mirino della tifoseria per una gestione schizofrenica della società e della quotidianità calcistica (continui avvicendamenti in panchina e anche sul fronte dirigenziale) e l’incapacità di creare i presupposti per un progetto serio, credibile e valido anche in prospettiva futura.

I tifosi hanno pieno diritto di esprimere il loro punto di vista ed è giusto, senza mai superare i confini della civiltà, che abbiano manifestato il proprio malcontento per l’involuzione della parabola delineata dal patron ma è anche giusto ricordare che lo Zamparini oggetto di insulti e di critiche delle ultime settimane è lontano anni luce dallo Zamparini arrivato a Palermo nell’estate 2002 quando rilevò il pacchetto di maggioranza da Franco Sensi. Era uno Zamparini brillante e motivato, un presidente dotato di grandi risorse economiche e in grado, in virtù di ottime intuizioni, di portare in alto il nome del Palermo e anche di Palermo. Una città rappresentata da una squadra che, dopo gli anni bui vissuti nell’anonimato delle categorie inferiori, aveva acquisito una nuova dimensione entrando nell’élite del calcio nazionale e non solo. Morale della favola: non riconoscere i meriti che ha avuto Zamparini sarebbe un atto di ingratitudine nei confronti di un personaggio che, a prescindere dai difetti e dal carattere sui generis, ha dato tanto al Palermo. Non avrebbe senso – per carità – beatificare un presidente accentratore che ha anche comprato qualche bidone durante la sua avventura rosanero e che raramente ha messo i suoi dipendenti nelle condizioni di lavorare in maniera tranquilla ma, detto questo, è doveroso analizzare il suo operato a 360 gradi e rendersi conto che, al netto della retrocessione del 2013, Zamparini ha ottenuto nel capoluogo siciliano risultati prestigiosi.

Due promozioni in A di cui una storica, tre quinti posti nella massima serie ed un preliminare di Champions sfiorato, cinque partecipazioni in Coppa Uefa/Europa League ed una finale di Coppa Italia con 40 mila tifosi rosanero all’Olimpico di Roma danno lustro ad un ciclo, durato 15 anni, impreziosito anche dalla presenza di grandi campioni che, prima di fare il grande salto verso le big, sono stati scoperti e valorizzati proprio dal Palermo targato Zamparini. L’elenco è lunghissimo ma alcuni meritano una menzione speciale come i rosa diventati campioni del Mondo in Germania nel 2006 (Toni, Barzagli, Grosso, Zaccardo) e giocatori del calibro di Pastore, Cavani, Dybala, del miglior Amauri e ancora di Miccoli, Ilicic e Vazquez. Una galleria di top players che hanno scritto pagine molto importanti nella storia più o meno recente del club rosanero. L’ultima fase dell’era Zamparini non può e non deve cancellare i fasti di un tempo. Non può e non deve «macchiare» un passato glorioso che, grazie a lui, ha fatto brillare la stella rosanero nel firmamento calcistico. Il presente ha segnato una netta linea di demarcazione con il passato. Non c’erano più i presupposti per andare avanti. Lo Zamparini 2.0 non era più un presidente affidabile e illuminato ma – lo ribadiamo – si tratta dello Zamparini 2.0. Copia sbiadita del primo Zamparini che ha lasciato un segno indelebile e che, proprio per ciò che ha fatto, avrebbe meritato probabilmente un addio diverso. Il Re Mida è diventato un gigante con i piedi di argilla ma, in ogni caso, merita un grazie da parte della città.


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