Ciancimino jr, nuova condanna a tre anni e sei mesi «Calunniò agente dei servizi», Piraino: «Perchè?»

Nuova condanna per Massimino Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito: a tre anni e sei mesi. Era imputato a Bologna per calunnia nei confronti di Rosario Piraino, dell’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna). Il super-testimone del processo sulla presunta trattativa Stato-Mafia, arrestato e finito in carcere il 24 gennaio per un’altra condanna a Palermo, rispondeva, nel processo bolognese, di aver falsamente accusato di minacce Piraino nel 2009, quando risiedeva a Bologna.

Il Pm Enrico Cieri aveva chiesto tre anni. Il giudice Aldo Resta ha condannato l’imputato e ha disposto il risarcimento di 20 mila euro alla presidenza del Consiglio, costituita parte civile con l’avvocato Mario Zito. Ciancimino non era presente in aula; nell’ultima udienza è stato invece sentito Piraino, persona offesa e difeso dall’avvocato Marcello Montalbano, sostituito in mattinata dall’avvocato Alessandro Armaroli.

 «Questa sentenza restituisce onore e dignità a un servitore dello Stato, ma non elimina le sofferenze patite in questi anni da Piraino». Lo dicono gli avvocati Nino Caleca e Marcello Montalbano, avvocati di Rosario Piraino, l’agente segreto che è stato calunniato da Massimo Ciancimino. Ciancimino disse di essere stato minacciato dall’agente dei servizi segreti. Lo indicò come il braccio destro del fantomatico signor Franco, l’uomo dei misteri citato decine di volte come l’anima nera della stagione della trattativa Stato-mafia. Nessun riscontro è stato trovato alle accuse bollate per questo come «false e calunniose». I magistrati bolognesi archiviarono l’inchiesta a carico di Piraino che, tramite i suoi legali decise di presentare una querela.

 «Vorrei solo capire il perché». È questo il commento di Rosario Piraino al termine del processo. A causa di queste accuse – ha continuato Piraino – ho subito danni finanziari, professionali e familiari». L’ex agente dei Servizi, sentito in mattinata nell’ultima udienza, prima della sentenza, ha infatti raccontato di aver dovuto concludere la sua carriera nell’Aisi , in cui è stato in servizio fino al primo ottobre 2015, proprio a causa delle accuse. «In quel periodo – ha detto – ero in procinto di diventare dirigente e invece ho subito un trasferimento con effetto immediato», oltre ad aver dovuto fare i conti con un «clima familiare turbato».

I fatti per cui si procedeva risalgono al 2009, quando Ciancimino, all’epoca residente a Bologna, denunciò di aver subito minacce da un uomo, poi individuato in Piraino, appunto. Furono avviate indagini e l’accusa fu smentita dai filmati delle telecamere installate a insaputa dell’imputato fuori dalla sua casa. L’ex agente aveva anche fornito alcune prove per confermare che il 3 luglio 2009, giorno in cui secondo Ciancimino avvennero le minacce, non era a Bologna, ma in servizio a Palermo. L’inchiesta per minacce fu dunque mandata verso l’archiviazione dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e poi archiviata definitivamente. Una volta cadute le accuse, è partito il procedimento per calunnia contro Ciancimino. In sede civile Piraino, che in questo processo aveva la veste di persona offesa, ha già ottenuto un risarcimento di 50 mila euro, deciso dal Tribunale di Palermo.


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