Iacp, la relazione della commissione antimafia «Funzionari e consiglieri complici di criminalità»

Un alloggio su cinque è abusivo e nel tempo ha contribuito a sottrarre alle casse pubbliche qualcosa come 270 milioni di euro. Sono questi i dati principali che emergono dalla relazione finale della commissione regionale antimafia sulla gestione degli Iacp siciliani, gli istituti autonomi case popolari. Proprietari di oltre cinquantamila immobili destinati all’edilizia pubblica – altri novemila appartengono ai patrimoni di Regione, Comuni e Stato -, gli Iacp sono da anni uno dei rami più discussi della pubblica amministrazione, nonché tra i più interessanti per la criminalità organizzata che, facendo leva sull’esigenza di migliaia di persone bisognose di un tetto, in diverse circostanze sarebbe riuscita a condizionare la gestione delle assegnazioni. Il più delle volte facilitando l’occupazione da parte di chi non avrebbe diritto all’alloggio.

A prendere contezza di ciò è stato lo stesso organo dell’Ars, che poco prima di Natale ha presentato e approvato il documento finale di un’indagine iniziata nel febbraio 2015. Un lavoro ritenuto essenziale anche dopo «le inchieste giornalistiche e della magistratura» che hanno messo in luce «una effettiva difficoltà a rimuovere il cancro della gestione illecita», che secondo i deputati in alcuni casi sarebbe espressione di «un vero e proprio racket». Certa è l’estensione del fenomeno delle occupazioni in tutte le province dell’Isola, con in testa Palermo che registra 3400 casi. Segue Catania – nel cui territorio si trova anche lo Iacp di Acireale – con 2055 abusivi e Trapani con 1326. Sotto le mille occupazioni, ma con dati comunque importanti Siracusa (790), Caltanissetta (700), Agrigento (650), Messina (500) e Ragusa (259). A mancare nella relazione è il dato riguardante Enna. «Forse perché troppo basso?», chiede ironicamente il direttore dello Iacp Maurizio Campisi, che poi assicura di aver fornito le cifre alla commissione. «Ci aggiriamo intorno alle 40 unità immobiliari occupate», dichiara.

I numeri, ricorda la commissione, vanno letti anche alla luce della sanatoria che nel 2001 ha consentito a molti di regolarizzare le proprie posizioni. Riferimento al passato che i deputati fanno anche per parlare della gestione che ha contraddistinto nell’ultimo lustro gli Iacp, commissariati a oltranza – con diversi cambi di guida nello stesso istituto – in attesa di una riforma che tarda ad arrivare. 

Nel corso dell’indagine, sono stati ascoltati diverse persone che nel corso degli anni hanno avuto un ruolo nella gestione dell’edilizia popolare. Compreso l’ex assessore alle Infrastrutture Giovanni Pizzo, che a giugno 2015 ha commentato così lo stato degli Iacp. «Sono diventati luoghi dove ricavare uno stipendio». Secondo Pizzo, la cattiva gestione degli istituti, con edifici spesso in stato di abbandono, ha creato un circolo vizioso che ha favorito la morosità con «inquilini che sempre meno pagano perché sempre meno hanno una fruizione di abitazioni compatibili con la dignità personale». Per l’esponente del terzo governo Crocetta, a mancare negli anni è stato anche il contributo della stessa Regione. «Il controllo da parte dell’assessorato è stato carente, e mi assumo la responsabilità di quello che dico», ha detto Pizzo, aggiungendo che sotto la sua guida sono state disposte tre ispezioni in altrettanti Iacp. 

Tra le situazioni più delicate in cui si è imbattuta la commissione quello dell’istituto di Palermo, dove la mafia avrebbe gestito l’erogazione dell’acqua, chiedendo una tassa di dieci euro al mese a ogni famiglia. Situazioni allarmanti anche a Messina, con la direttrice generale Maria Grazia Giacobbe che a febbraio 2015 parlò delle difficoltà nel prevenire le occupazioni. «A noi arrivano diverse chiacchiere in merito a una presunta possibilità di segnalazioni di alloggi liberi». Negli immobili, infatti, spesso si alternano famiglie tra loro imparentate. «La sorella, poi il cognato, la figlia», spiega la direttrice, aggiungendo che se a subentrare sono famiglie diverse è perché ci sono «segnalazioni organizzate» gestite dalla criminalità. Sempre nel capoluogo peloritano è diffuso il fenomeno delle case in bottega. «Vecchi alloggi che venivano dati ai sarti, ai verdurai, dove c’era la bottega e, appunto, l’alloggio – spiegano i deputati -. Anche queste strutture vengono occupate, così da aver costretto l’istituto proprietario a murarne a decine».

Fortemente critica è la commissione nei confronti della scelta degli Iacp di favorire il pagamento di un canone locativo di 52 euro mensili anche agli abusivi. «È una condotta irresponsabile», si legge nel documento, facendo riferimento al rischio di legittimazione delle occupazioni. Mentre si sottolinea il ricorso sempre più raro agli sgomberi che con la legge Maroni competono ai Comuni, ma verso i quali le stesse prefetture spesso «hanno consigliato, per ragioni di ordine pubblico, di assumere una condotta prudente». A essere prese di mira, infine, sono la gestione delle manutenzioni con gli istituti che troppo spesso farebbero ricorso agli affidamenti diretti a ditte di fiducia, dando vita a una prassi giudicata «fuori controllo», ma anche il «gravissimo ritardo» nella presentazione dei bilanci.

La conclusione spetta alla domanda più importante, quella riguardante i rapporti con la mafia. Secondo i deputati, «il sistema di controllo del territorio nelle zone a rischio potrebbe essersi avvalso della complicità (anche solo indiretta) dei funzionari degli Iacp». Con la possibilità di trovare una sponda anche nella politica. «Consiglieri comunali in prima fila», sottolineano. Il tutto con l’obiettivo finale di alimentare un preciso circuito: «Il “mafioso” governa l’assegnazione, il politico locale media con l’ente pubblico, il cittadino beneficiato vota secondo le indicazioni ricevute», conclude la commissione.


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