Le due metropoli, dopo decenni, hanno inaugurato le importanti infrastrutture: modi diversi di pianificare il trasporto pubblico. Chi ha lavorato meglio in tal senso e si ritrova più avanti? «L'efficienza si misura dall'intermodalità e su questo Palermo è decisamente più avanti di Catania», spiega un esperto
Il tram a Palermo vs la metropolitana a Catania Chi ha davvero migliorato la mobilità dei cittadini?
Dicembre 2015: a Palermo si inaugura la prima linea del tram. Dicembre 2016: a Catania si taglia il nastro del nuovo tratto della metropolitana che finalmente porta la linea ferrata fino al centro della città. In entrambi i casi il gran cerimoniere è il ministro Graziano Delrio, a sottolineare la storicità dei due momenti.
Tram vs metropolitana: le due principali metropoli siciliane hanno scelto strade diverse per provare a rivoluzionare la mobilità dei propri cittadini. «Lavorare bene su questo aspetto cambia il volto di una città, la porta a competere a livello internazionale e Palermo e Catania stanno provando a rispondere a questa sfida», analizza Maurizio Carta, professore di Urbanistica all’Università di Palermo. Lo hanno fatto in ritardo rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa e con tempi di realizzazione biblici. Adesso si è davvero a una svolta per le due città? Chi ha lavorato meglio in tal senso e si ritrova più avanti?
Un primo confronto può partire dalle due infrastrutture inaugurate nell’ultimo anno. Oggi a Catania si apre la Galatea-Stesicoro, un chilometro e 900 metri per arrivare nel cuore della città, a due passi dalla via Etnea e dall’anfiteatro romano. In mezzo la fermata alla Stazione centrale/piazza Giovanni XXIII. Per ultimare questo segmento sotterraneo sono serviti 16 anni. I lavori sono iniziati nel 2000 e le vicissitudini incontrate sembrano un compendio del peggio registrato in Sicilia negli ultimi decenni. Il costo dell’opera, secondo gli ultimi dati forniti dalla Ferrovia circumetnea, è di 80 milioni di euro. Al segmento Galatea-Stesicoro a breve si aggiungerà quello tra Borgo e Nesima, consegna prevista entro marzo del 2017. Sarà lungo 3,1 chilometri e avrà quattro stazioni (Nesima – San Nullo – Cibali – Milo – Borgo). In totale, quindi, in poco più di 16 anni, a Catania sono stati realizzati 5 chilometri di metropolitana con un costo totale che, secondo i dati progettuali riportati sul sito governativo Invitalia, si dovrebbe attestare sui 215 milioni di euro, pari a 43 milioni di euro per ogni chilometro.
Secondo il professore Paolo La Greca, docente del dipartimento di Ingegneria di Catania e presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica Sicilia, «nonostante il ritardo inimmaginabile, una fermata nel cuore della Catania storica rende certamente il servizio di metro appetibile e concorrenziale. Ma – avverte – per renderlo più funzionale, vanno riorganizzate le tre linee del Bus rapid transit (il Brt inaugurato nel 2013 dovrebbe collegare velocemente i parcheggi scambiatori periferici col centro città, ma dopo il periodo iniziale il servizio è naufragato, a causa delle difficoltà economiche dell’azienda trasporti municipalizzata ndr)».
A Palermo il tram collega quattro periferie (tra cui Brancaccio e Borgo Nuovo) con le due stazioni della città, Centrale e Notarbartolo, nonché con le principali stazioni del passante ferroviario (cioè la linea ferrata che attraversa Palermo e che arriva a Trapani e che, come vedremo, ha un ruolo centrale nella mobilità cittadina). È lungo 18 chilometri, i lavori sono durati otto anni e sono costati 322 milioni di euro, pari a 18 milioni di euro per ogni chilometro.
«Vent’anni fa a Palermo c’è stato un accesissimo dibattito tecnico tra i fautori del tram e quelli della metro – ricostruisce Maurizio Carta, professore di Urbanistica all’università panormita – alla fine si è fatta la scelta più pragmatica: farli convivere nella modalità più conveniente in termini di costi, creando un’unica rete con le infrastrutture esistenti, cioè il passante e l’anello ferroviario».
Il passante ferroviario sfrutta la linea ferrata per Trapani e collega Palermo all’aeroporto Punta Raisi, attraversando la città in maniera longitudinale. I lavori di raddoppio e ammodernamento della ferrovia e delle stazioni (alcune rifatte, altre costruite ex novo) sono inizati nel 2008 e procedono secondi i tempi previsti: l’80 per cento è ultimato e dovrebbero essere completati nel giugno del 2018. In totale si tratta di 30 chilometri per la cifra impressionante di 1 miliardo e 150 milioni di euro, quasi totalmente a carico di Rfi.
L’anello ferroviario, in parte sotterraneo e in parte in superficie, è lungo 6,5 chilometri (di cui solo la metà già realizzati, i lavori sono in grave ritardo a causa della crisi della Tecnis) e collegherà la stazione Notarbartolo con il centro città, per poi tornare a Notarbartolo. Costo dell’operazione: oltre 130 milioni di euro. «In un futuro vicino – commenta Carta – avremo una ridottissima metro interna alla città, ma collegata al porto e all’aeroporto, le due porte principali di Palermo, in più ci sarà il tram dalle periferie al centro (tre nuove linee sono state finanziate dal Patto per Palermo con 190 milioni di euro ndr)».
Secondo Carmelo Nigrelli, docente di Tecnica e pianificazione urbanistica all’Università di Catania, è Palermo ad aver fatto le scelte più giuste per semplificare la vita di residenti, pendolari e turisti. «L’efficienza di un sistema di trasporti metropolitano – spiega – si misura soprattutto dall’intermodalità, cioè sulla possibilità per un utente di passare facilmente da un mezzo di trasporto a un altro. E su questo Palermo è decisamente più avanti di Catania. Chi arriva all’aeroporto di Punta Raisi raggiunge il centro della città in treno. In più il tram tocca i poli nevralgici di Palermo. A Catania invece manca il collegamento con Fontanarossa, così come la metro Borgo-Nesima si fermerà a qualche centinaio di metri dalla cittadella universitaria, centro pulsante della città, distanza per cui si sarà costretti comunque a prendere un altro autobus, sostanzialmente un’occasione persa. Così come è un autogol l’annunciata chiusura della stazione della metro al porto, altro passo indietro in termini di intermodalità». A condizionare le scelte di percorso della metropolitana etnea è stato il fatto di aver seguito, sottoterra, il vecchio percorso della Fce. «Questo – spiega La Greca – ha fatto risparmiare in termini economici, ma è chiaro che se avessimo potuto pianificare una linea ex novo, il percorso sarebbe stato diverso e sarebbe passato sotto via Etnea».
La rete di trasporti di Palermo e Catania è comunque destinata ancora ad ampliarsi nel futuro. Il capoluogo di regione ha in cantiere sette nuove linee di tram (di cui tre finanziate) per complessivi 65 chilometri. Nella città etnea i cantieri sono aperti per realizzare le tratte di metropolitana Nesima-Monte Po (1,7 chilometri, fine lavori entro il 2017); la Stesicoro-Palestro (2,2 chilometri con fermata all’ospedale Vittorio Emanuele, quindi funzionale anche al monastero dei Benedettini, possibile apertura entro il 2019). Infine sono stati approvati i progetti per altre due tratte, tuttavia non ancora finanziate: la Monte Po-Misterbianco e la Palestro-Aeroporto Fontanarossa.
«Al di là delle infrastrutture però – conclude La Greca – serve che i siciliani trasformino il loro modo di muoversi: al momento è geneticamente difficile pensare di spostarsi a piedi, tutto deve essere raggiungibile con la macchina. Oggi invece è ricco e felice colui che può scegliere di non usare l’auto privata, tornando a essere padrone del proprio tempo».