I controlli si estendono dai boschi agli uffici dove vengono seguite le cause per ottenere i finanziamenti comunitari. L'accusa è truffa a danno dell'Ue. Sarebbero stati usati terreni di ignari proprietari, persone decedute o persino confiscati alla mafia
Nebrodi, perquisizioni nei Centri d’assistenza agricola Gli enti che gestiscono le domande per i fondi europei
Perquisizioni a tappeto nel cuore dei Nebrodi. Stavolta non nei boschi, ma nei Centri di assistenza agricola, gli enti che gestiscono le istruttorie sulle domande di finanziamenti europei e nazionali in agricoltura. Stamattina oltre 80 militari della Guardia di finanza del comando provinciale di Messina hanno eseguito controlli, chiedendo di esibire documenti, in particolare nella zona di Tortorici, sotto il coordinamento della Procura peloritana. Le perquisizioni si estendono anche nelle province di Enna e Catania.
Le verifiche scattate oggi si inseriscono nel filone d’indagine che mira a fare luce su possibili truffe all’Unione europea e all’Ag.E.A, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Tutto parte dalle denunce di alcuni proprietari terrieri che, al momento di avanzare richiesta per ottenere i fondi comunitari, hanno scoperto che i loro terreni era già stati usati da altre persone, all’insaputa dei legittimi proprietari, per chiedere gli stessi finanziamenti.
Un sistema molto permeabile a causa della genericità dei documenti richiesti per presentare le istanze. Solo dal 2012 infatti è obbligatorio il titolo di proprietà o il formale contratto di affitto dei terreni. Per i presunti autori delle frodi il metodo più veloce per cercare terreni liberi è stato il Sian, il Sistema informativo agricolo nazionale (Sian), da cui si può verificare quali particelle catastali siano già state registrate ai fini della riscossione di finanziamenti pubblici. Secondo gli investigatori, quelle libere sarebbero state usate da soggetti vicini ai clan, spesso all’insaputa dei legittimi proprietari. Ma non solo. Finanziamenti comunitari sarebbero stati ottenuti usando terreni di persone morte, particelle catastali di proprietà demaniale, quindi pubblica, o, in due episodi, addirittura fondi agricoli già confiscati alla mafia.
Due casi paradossali in cui gli autori della truffa avrebbero presentato false dichiarazioni attestanti la proprietà dei terreni. «I centri di assistenza agricola si limitavano a verificare se nel Sian le particelle erano già usate per chiedere finanziamenti, senza andare oltre», precisa il colonnello Claudio Bolognese. Non è al momento dato sapere se, prima della confisca, questi due fondi agricoli appartenessero agli stessi soggetti che ne hanno poi usufruito per ottenere i finanziamenti. «Sono in corso delle indagini – sottolinea il militare – quello che possiamo dire è che chi ha messo in piedi la truffa sapeva benissimo che quei terreni erano sotto confisca».
Alcuni dei destinatari dei provvedimenti di stamattina risultano avere precedenti per truffa, altri sarebbero collegati alla criminalità organizzata locale e interessati pure dalla revoca dei terreni da parte delll’azienda Silvo Pastorale del Comune di Troina. Ente che, sulla base delle interdittive antimafia emanate dalla Prefettura di Messina e confermate nel marzo scorso dal Tar di Catania, ha rescisso i contratti con numerose società che secondo gli inquirenti sarebbero riconducibili, attraverso legami parentali e assidue frequentazioni, al mafioso Giuseppe Pruiti.
Gli investigatori del nucleo di polizia tributaria di Messina vogliono capire se esista una regia comune in grado di coordinare i diversi imprenditori agricoli coinvolti. «L’indagine odierna – sottolinea la Guardia di finanza – conferma come i sistemi illeciti realizzati per drenare illecitamente risorse finanziarie nel settore agricolo, di concreto interesse per la criminalità, sia ben radicato nella zona del Parco dei Nebrodi». Dal gennaio 2016 sono un centinaio gli accertamenti svolti dalle tenenze di Sant’Agata di Militello e Capo d’Orlando, grazie ai quali sono emersi contributi europei percepiti illecitamente per un valore di quasi cinque milioni di euro, su un totale di 11 milioni che sono stati oggetto di analisi. Ottanta responsabili sono stati denunciati. Per loro è scattata anche la segnalazione alla Corte dei Conti per danno erariale, con possibili sanzioni amministrative pari alle somme ricevute senza averne diritto.