Tantissimi lavoratori hanno presidiato sin da stamattina la sede di via Cordova. Sguardi smarriti, rabbia e sconcerto all'arrivo delle prime notizie sui migliaia di esuberi previsti dal piano aziendale
Almaviva, lavoratori protestano «Bomba sociale per Palermo»
Una giornata decisiva per i lavoratori del comparto call center di Almaviva. Sono tantissime le persone che questa mattina presidiavano la sede di via Cordova a Palermo in attesa di conoscere il proprio futuro. Poi sono iniziate a trapelare le prime notizie dai piani alti: 1670 esuberi solo nel capoluogo siciliano. Davanti alla sede dove ogni giorno si sono recati al lavoro ci sono coppie con figli, persone con un mutuo a carico, ragazzi che avevano ottenuto il posto che aspettavano da tanto e che ora si ritrovano senza nulla in mano. «Sono qui con mia moglie – dice Paolo Gurgone – siamo entrambi a rischio licenziamento, abbiamo un figlio. Se questi numeri che circolano dovessero essere confermati sarebbe disastroso».
Una situazione terribile anche per Rosanna Ingrassia, che sottolinea come «uno dei pochi colossi che assume a Palermo stia praticamente chiudendo». Sguardi smarriti, alcuni si arrabbiano, altri cercano di fare dell’ironia. Capannelli di lavoratori che, a gruppi di tre o di quattro persone, ripercorrono le tappe della vicenda Almaviva che li ha portati oggi a vivere questa condizione di precarietà. «Una bomba sociale per Palermo, siamo arrivati al giorno X – dice Loredana Ilardi – nonostante le continue richieste fatte a tutti i livelli istituzionali perché diano attenzione al comparto call center non abbiamo ottenuto risposte, se non tardive». La dipendente però insiste nel dire che la protesta non si fermerà: «Non molleremo – conclude – il 31 maggio scadono i contratti di solidarietà, siamo quella parte della Palermo bella che vuole continuare a lavorare qui».