Il latitante Paolo Balsamo catturato in Calabria Il finto pentito che nel 1991 scappò chiamando un taxi

Le sue ultime foto segnaletiche risalivano addirittura al 1991. Catturarlo dopo più di vent’anni, «non è stato semplice perché dovevamo essere assolutamente certi che la persona che pedinavamo fosse davvero lui». Il protagonista di questa storia è Paolo Balsamo, l’ultimo latitante della mafia catanese catturato dagli agenti della direzione investigativa antimafia diretti dal capo centro Renato Panvino. Cinquant’anni, un profilo criminale da killer navigato e un soprannome che non lascia spazio all’immaginazione: «Sucasangu buttafuoco». Balsamo è stato intercettato nel cuore della Calabria nel territorio del Comune di Rossano dopo essersi reso irreperibile da circa un mese. Doveva rientrare, dopo un turno di lavoro in una cooperativa sociale, nel carcere di Bologna dov’era detenuto in regime di semi libertà.

Per la sua latitanza il killer, transitato prima nel clan Pillera-Cappello e successivamente in quello dei Cursoti, aveva scelto un piccolo reticolo di case in periferia. A supportarlo alcuni uomini su cui adesso sono in corso accertamenti. Da verificare ci sono tutti i contatti che Balsamo aveva in Calabria tra cui emerge anche la figura di una misteriosa donna. «È possibile l’apertura di nuovi scenari investigativi – spiega Renato Panvino in conferenza stampa -. Per le sue comunicazioni utilizzava apparecchi telefonici intestati ad altri soggetti».

Dopo un passaggio a Torino, la Calabria per Balsamo era una tappa di passaggio. Le manette ai polsi sono scattate in prossimità della stazione ferroviaria mentre si trovava a bordo di una macchina accompagnato da due donne. «Lo abbiamo bloccato dopo un pedinamento – continua Panvino – durato circa 15 chilometri. Al momento dell’arresto era disarmato e non ha opposto resistenza, mentre la posizione delle sue accompagnatrici è al vaglio degli agenti». Non è da escludere, secondo la ricostruzione degli investigatori, nemmeno un possibile ritorno nella città di Catania.

La storia criminale di Balsamo è legata alla scelta, poi rivelatasi infondata, di collaborare con la giustizia. Un finto pentito che all’inizio del mese di maggio 1991, riesce a sfuggire utilizzando un taxi da un residence nei pressi di Roma dove si trovava sotto la protezione dell’alto commissario. Come ricostruisce un articolo dell’Unità di quei giorni, il pentito di essersi pentito, era stato trasferito il 22 aprile dopo che un gruppo di fuoco aveva tentato di ucciderlo mentre si trovava all’interno dell’hotel Gemellaro di Nicolosi. Prima del suo arresto Balsamo era sfuggito a otto attentanti.

Sul mancato pentito della mafia catanese pesa una condanna a 30 anni per l’omicidio di Carmelo Murabito strangolato a Catania il 21 gennaio 1991 con un filo telefonico. Un regolamento di conti maturato all’interno della faida che in quel periodo era in corso tra i clan dei Laudani e dei Cappello. «Possiamo dire – ha concluso Panvino – che quella di oggi è una giornata importante per la città di Catania». All’indagine oltre agli uomini della Dia di Catania hanno partecipato gli agenti delle sezioni di Torino e Catanzaro.


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