Palermo, tutti contro le zone rosse: «Non è movida, è delinquenza. E si sposta da una zona all’altra»

Dovrebbe essere un tragico e isolato caso. Che, invece, a Palermo, si sta riproponendo spesso. È la storia della 33enne Valentina Peonio, ferita da un colpo di fucile la notte tra sabato e domenica, in piazza Nascè, mentre beveva un cocktail con un’amica. La donna è attualmente ricoverata – non in pericolo di vita – nel Trauma Center dell’ospedale Villa Sofia, in attesa di una nuova operazione che consentirà ai medici di rimuovere tutti i trenta pallini che le sono finiti tra le spalle e il collo. Solo l’ultima di una lunga serie di vittime di una violenza che va spostandosi di zona. Sfuggendo con facilità alle perimetrazioni delle zone rosse istituite a Palermo. In assenza di controlli capillari, invocati a gran voce da diverse categorie.

I precedenti nella stessa zona

Altri casi simili si sono già consumati nella stessa zona, a pochi passi da piazza Nascè. Come il 9 dicembre 2023, in cui il giovane Marco Cucina ha esploso diversi colpi di pistola in aria. E due anni fa, sempre a dicembre, in un locale a poche decine di metri dall’episodio di sabato notte, fu ucciso l’ex calciatore 22enne Rosolino Celesia. L’assassino era un minorenne. Ma è soprattutto dopo la strage di Monreale e l’omicidio di Paolo Taormina che le istituzioni locali, con quelle nazionali, hanno deciso di istituire a Palermo tre zone rosse (Vucciaria, Teatro Massimo e zona stazione-via Maqueda). Per tenere sotto controllo, secondo i piani, quella che viene ancora definita come mala-movida.

I dati delle zone rosse e le controindicazioni

I dati sulla diminuzione dei reati forniti dal Comune dovrebbero essere incoraggianti: dal 51 per cento in meno dell’asse stazione-via Maqueda al 65 per cento in zona Teatro Massimo. Fino a un meno 84 per cento alla Vucciria. Eppure risultano solo ottimistici, considerato che le violenze si sono solo spostate da una zona all’altra, tornando a colpire nella centralissima piazza Nascè, a due passi dal teatro Politeama. Il prefetto di Palermo, Massimo Mariani, ha convocato una riunione del Comitato provinciale per la sicurezza, in cui è stato deciso di istituire la quarta zona rossa a vigilanza rafforzata. Tra piazza Sturzo, via Turati, piazza Nascè e via Isidoro La Lumia. «Ma quanto accaduto non può essere considerato un episodio isolato. È il segnale di una condizione di insicurezza che richiede risposte immediate, serie e strutturali – commenta il consigliere comunale Ottavio Zacco a MerdioNews -. Le zone rosse hanno finito per trasferire il problema appena fuori dai perimetri sorvegliati. Così la violenza non viene fermata, ma solo redistribuita».

Dalla politica ai commercianti: una soluzione che non basta a nessuno

«Vogliamo fare diventare tutta la città una zona rossa concorda Antonella Ferraro, vicepresidente del Comitato via Isidoro La Lumia e dintorni. «Non ne faccio un discorso di movida, perché in una città è normale che ci sia. Il problema sono i delinquenti – aggiunge Zacco – e tutta la città, in cui serve ripristinare la legalità». E le zone rosse non bastano neanche per Alfio Zambito, presidente della Fiepet Palermo (Federazione italiana esercenti pubblici e turistici), che opera nell’ambito di Confesercenti. «In via La Lumia, imprenditori e commercianti hanno deciso di chiudere prima ed evitare di vendere alcolici a una fascia di avventori che non sono quelli abituali – spiega -. Così hanno ripulito la zona. Ma, con l’istituzione delle zone rosse nelle aree limitrofe, il problema si è ripresentato». Si tratterebbe, dunque, più di una mancanza di prevenzione da parte delle forze dell’ordine, che dei locali. «Spesso si tratta di persone di passaggio, perché è zona di incontro conclude-. In cui emerge il degrado sociale che c’è in tutta la città. I locali cosa dovrebbero fare?».

Non una militarizzazione, ma controlli capillari

Da più parti viene invocato l’incremento delle forze dell’ordine sul territorio. Soluzione che ormai in tanti vedono come inevitabile: «Se un ragazzo si sente libero di camminare col fucile, è evidente che non ci sono controlli», ribadisce Ferraro. «Più che le zone rosse, a Palermo serve una presenza costante delle forze dell’ordine che funga da deterrente – riferisce il consigliere Francesco Schembri -. Lo abbiamo già visto in viale Campania, dove si era spostata gran parte della movida provocando risse, traffico e rumori molesti per i residenti. Non appena è stato montato un presidio di polizia nei fine settimana, il caos è stato regolamentato». Non una militarizzazione della città, dunque, ma un controllo più capillare, non solo nei quartieri blasonati: «Con posti di blocco in tutta la città e la certezza di pene adeguate». «Le zone rosse sono un provvedimento tampone, che non può essere definitivo – chiarisce Paolo Tripoli, sindacalista della Uil Polizia -. Aspettiamo dal ministero dell’Interno più personale possibile a Palermo, perché la mancanza di agenti non ci permette di fronteggiare la situazione».

Ripensare all’educazione delle nuove generazioni

Ma c’è un altro aspetto che incide sull’aumento del degrado. Associazioni, consiglieri e sindacalisti che convergono sulla necessità di operare un cambiamento culturale ed educativo, che parta dalla scuola e dalle famiglie. «Non solo a Palermo, ma in tutte le città italiane c’è ormai un’estrema facilità a trovare le armi», commenta amaramente Zacco. «Dobbiamo farci un esame di coscienza – gli fa eco Schembri -, cosa abbiamo dato ai nostri figli?». Secondo il ministro Matteo Piantedosi, venuto in città nei mesi scorsi, l’emergenza lamentata dai palermitani sarebbe solo una questione di percezione. In una città in linea, per numero di reati, con le altre d’Italia. «Perché il ministro non considera che da noi c’è un problema culturale, per cui si denuncia il 60 per cento in meno rispetto alle altre città conclude Ferraro -. Se anche qui si denunciassero tutti i soprusi e le violenze subite, penso che registreremmo il triplo dei reati rispetto ad altrove».


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