«E’ la persona adatta per aprirci al mercato mondiale dei calciatori», così parlava il presidente del Catania nell'estate del 2013 quando presentò Pablo Cosentino. Dopo il mercato invernale, i giocatori italiani titolari sono dieci. E il nuovo direttore sportivo Delli Carri ha preso funzioni che furono dell'ad. E' in atto una nuova rivoluzione, stavolta dirigenziale?
Pulvirenti riprende in mano il Catania L’ascesa di Delli Carri, il declino di Cosentino
La rivoluzione che in gennaio ha stravolto la squadra sta interessando pure i delicati equilibri dirigenziali del Catania. Verso tale direzione, il primo passo è stato compiuto col ripristino della carica di direttore sportivo (ds). Indizio che rende l’immagine di una società in retromarcia rispetto alle valutazioni dell’estate scorsa.
Il presidente Antonino Pulvirenti volle allora concentrare su Pablo Cosentino, promosso da vicepresidente ad amministratore delegato, tutti i poteri del club. Pure quelli «di campo e di spogliatoio» disse, da sempre competenza del direttore sportivo (o dell’area tecnica, nulla cambia). Pippo Bonanno cedette così a Cosentino potere ed anche posto in panchina, sparendo di recente dal club.
A sei mesi dalla conferenza in cui lo stesso Cosentino affermò di avere «solo adesso pieni poteri, a 360 gradi», il potere di ds gli è stato sottratto e in panchina è stato liberato un posto per il nuovo facente funzioni, Daniele Delli Carri. Scelta che, attenzione, ha dato l’idea d’essere arrivata dall’alto visto che, ad ottobre, il parere di Cosentino fu: «Non ci serve alcun direttore sportivo».
Che dalle parole, con cui già due volte aveva contraddetto Cosentino e ne aveva bocciato l’operato, il presidente Pulvirenti sia ritornato ai fatti? Comunque esonerato il quarto allenatore in un anno e mezzo, la panchina è da poco stata affidata a Dario Marcolin. Nome e volto che, tra tutti i dirigenti, era dapprincipio familiare, stimato e confacente al solo Pulvirenti.
Il ds, che di norma partecipa alla scelta sull’allenatore, venne incaricato solo tre giorni dopo. Da allora, come testimoniano le dichiarazioni di calciatori ed agenti, e non prima, sono stati avviati i contatti per dar seguito al piano di rivoluzione. Andati via undici giocatori, quasi tutti argentini. Ne sono arrivati nove, quasi tutti italiani, tra cui Gillet che è un vecchio pallino del presidente.
La direzione italiana data alle trattative fa intendere come anche i poteri decisionali, eccetto quello di firma sui nuovi contratti (formalità della Lega), siano passati da Cosentino a Delli Carri&Moggi. Tre dei nuovi rossazzurri erano giunti già al Pescara quando a gestire il mercato era proprio Delli Carri. Maniero e Calaiò hanno Moggi come procuratore. Gli agenti di altri rossazzurri erano parte della Gea, di cui Moggi fu a capo.
La logica è la stessa che ha associato la presa di poteri di Cosentino ad operazioni internazionali, come Leto (di cui fu procuratore), Peruzzi o Monzon. Quella stessa logica che lega le recenti cessioni di questi giocatori (curate proprio da Cosentino), come il minore spazio in campo concesso ad altri, al ridotto potere nelle mani all’amministratore delegato. Che da sempre, non solo a Catania, può suggerire all’allenatore quali giocatori valorizzare.
I numeri sul campo raccontano che lassù, da dove arrivano i consigli, qualcosa è già cambiato seppur non formalmente. La squadra costruita per migliorare l’ottavo posto in serie A retrocesse, a Bologna, con un solo italiano tra i titolari. La squadra costruita per risalire in serie A, e ritrovatasi a rischio Lega Pro, ne aveva tre. Al fine di rimediare, la squadra affidata ora a Marcolin ne ha dieci.
Pulvirenti l’aveva detto, a dicembre: «Siamo tutti in discussione». In un mese circa, oltre al lavoro di Cosentino, è stato discusso e pare superato il progetto stesso per cui Pulvirenti, nell’estate 2013, l’aveva voluto in società: «E’ la persona adatta per aprirci al mercato mondiale dei calciatori». Alla luce della rivoluzione italiana, logico che ne siano entrati in discussione poteri, utilità delle risorse e pure la permanenza stessa.
Il silenzio in cui la società s’è avvolta nulla può anticipare dei cambiamenti che Pulvirenti dà l’idea di stare già operando. Accadde pure in passato che il presidente del Catania rivoluzionasse la dirigenza ad aprile, con indizi simili a quelli riscontrati in questo gennaio-febbraio. A quei tempi però, tutto andava più che bene. Non sarebbe perciò una sorpresa che una nuova rivoluzione possa essere iniziata al termine di un anno e mezzo che ha portato il Catania dal progetto di migliorare l’ottavo posto in serie A fino all’orlo del baratro che rischia(va) di precipitarlo in Lega Pro.