Gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli a vario titolo di omicidio colposo plurimo ma prescritti per i reati legati al rispetto delle norme in materia di lavoro. Nel giugno del 2006 quattro dipendenti comunali e due operai morirono per asfissia mentre pulivano un impianto di depurazione
Strage di Mineo, in appello condanne aumentate «Non vennero rispettate le norme di sicurezza»
Mano dura dei giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Catania per gli imputati del processo sulla cosiddetta strage di Mineo che nel giugno del 2008 aveva causato la morte di quattro dipendenti comunali e di due operai della ditta d’espurgo Carfì Servizi Ecologici Srl . Le pene sono state tutte aumentate rispetto all’esito del processo di primo grado che si era concluso nel novembre 2012 con l’assoluzione dell’ormai ex primo cittadino del comune calatino Giuseppe Castania la cui posizione non era stata però impugnata in secondo grado.
I lavoratori erano morti durante le procedure di pulizia di un impianto di depurazione, asfissiati, secondo l’accusa, dalle esalazioni causate da gas nocivi contenuti all’interno della vasca. L’indagine, coordinata dalla Procura di Caltagirone guidata all’epoca dei fatti da Onofrio Lo Re, ha portato sul banco degli imputati anche l’ex assessore Giuseppe Mirata, condannato in appello a tre anni. Per lui in primo grado la pena era stata più lieve di appena due mesi. Pugno duro anche per Marcello Zampino, responsabile dell’ufficio tecnico comunale condannato a tre anni e sei mesi con la prescrizione delle accuse sul mancato rispetto delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Cinque anni invece rispettivamente per Salvatore Carfì, titolare della ditta d’espurgo e Salvatore La Cognata che all’epoca dei fatti rivestiva la mansione di capo cantiere. Ribaltato invece l’esito del processo di primo grado per il responsabile del servizio di prevenzione Giuseppe Virzì a cui è stata comminata la pena di tre anni di reclusione. Tre anni e sei mesi anche per l’addetto al servizio di depurazione Antonino Catalano.
Non venne rispettata nemmeno la più elementare norma in materia di sicurezza
La Corte, presieduta da Tiziana Carrubba con a latere Muscarella e Fichera ha inoltre inflitto l’interdizione perpetua dagli uffici pubblici per Carfì e La Cognata. Cinque anni invece per gli altri quattro imputati. Ammonta complessivamente a 28mila euro il risarcimento danni per i familiari delle vittime che nell’ambito del processo si erano costituti parte civile.
Nei confronti dei sei imputati, che dopo la lettura del dispositivo hanno preferito non rilasciare nessuna dichiarazione, aveva lanciato durissime accuse durante la sua requisitoria il procuratore generale Sabrina Gambino. «Nell’affrontare le operazioni di pulizia non venne rispettata nemmeno la più elementare norma in materia di sicurezza sul lavoro». Tra queste la mancanza delle mascherine di protezione proprio dalle esalazioni oltre «alla inefficienza dell’impianto». Condizione, secondo l’accusa, che non avrebbe permesso nemmeno l’utilizzo del depuratore incriminato. Una serie di mancanze che portò alla morte dei due operai della ditta Carfì, Salvatore Tumino e Salvatore Smecca, i primi a calarsi nella vasca per le operazioni di bonifica, e degli altri quattro operai comunali Giuseppe Zaccaria, Giovanni Natale Sofia, Giuseppe Palermo, Salvatore Pulici, che si sarebbero calati nella vasca successivamente nel tentativo di salvarli.