Un giro di fatture false per 25,6 milioni di euro nel triennio 2021-2023. Ma anche Iva indebitamente detratta e non spettante per 4,6 milioni di euro e debiti erariali e previdenziali non saldati per 85 milioni di euro. È quanto emerge da indagini della guardia di finanza di Catania su sei aziende che operano in Sicilia, nei confronti delle […]
Fatture false per 25,6 milioni di euro: sequestro di beni per sei aziende siciliane
Un giro di fatture false per 25,6 milioni di euro nel triennio 2021-2023. Ma anche Iva indebitamente detratta e non spettante per 4,6 milioni di euro e debiti erariali e previdenziali non saldati per 85 milioni di euro. È quanto emerge da indagini della guardia di finanza di Catania su sei aziende che operano in Sicilia, nei confronti delle quali è stato eseguito un decreto di sequestro di beni per 4,6 milioni di euro emesso dal giudice per le indagini preliminari Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del comando provinciale di Catania con il supporto di quelli di Palermo, Trapani, Caltanissetta, Messina, Ragusa e Agrigento. La procura di Catania dice che «l’artefice del sistema criminale» sarebbe stato «il rappresentante legale della società capofila, che sarebbe risultato anche l’amministratore di fatto delle undici società appositamente create per alimentare il sistema di frode, coadiuvato da altre dieci persone, compresi diversi prestanome.
I reati contestati agli indagati sono, a vario titolo, bancarotta fraudolenta, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, presentazione di dichiarazione fiscale infedele. Le indagini dell’operazione – denominata Affari loro – avrebbero fatto emergere una presunta frode fiscale realizzata attraverso «numerose imprese dedite all’illecita somministrazione di manodopera a favore di una società capofila, appaltatrice di servizi di logistica, corrieri espressi e trasporto su strada in tutta la Sicilia». Chi indaga ha messo l’attenzione su «alcune aziende somministratrici di manodopera, poste in liquidazione giudiziale per ingenti debiti erariali e previdenziali». Secondo l’accusa, «per l’esecuzione dell’appalto, l’impresa capofila avrebbe esternalizzato la forza lavoro, ricevendo servizi di manodopera dalle società coinvolte nella frode, formalmente autonome, ma in realtà riconducibili a un unico dominus».