Il 37enne Cristian Calvagno, arrestato per associazione mafiosa e finito in custodia cautelare in carcere nel novembre del 2024, è stato scarcerato dal giudice per le indagini preliminari di Catania Stefano Montoneri che ha accolto la richiesta dell’avvocato Giuseppe Lipera avanzata per «gravi motivi di salute». Arrestato nell’ambito dell’operazione Meteora, che interessò 18 persone ritenute […]
È in cella per mafia, ma viene scarcerato per «gravi motivi di salute»
Il 37enne Cristian Calvagno, arrestato per associazione mafiosa e finito in custodia cautelare in carcere nel novembre del 2024, è stato scarcerato dal giudice per le indagini preliminari di Catania Stefano Montoneri che ha accolto la richiesta dell’avvocato Giuseppe Lipera avanzata per «gravi motivi di salute».
Arrestato nell’ambito dell’operazione Meteora, che interessò 18 persone ritenute appartenenti al clan Santangelo di Adrano e della frangia del clan Mazzei operante in quel territorio, Calvagno il 20 gennaio ha tentato il suicidio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (a Caserta, in Campania). Era stata la moglie 36enne Cristina Furnari a inviare una implorazione al gip e al procuratore generale di Catania chiedendo di «intervenire per il gravissimo stato di salute di mio marito che sta lentamente morendo». Il gip ha disposto per Calvagno l’obbligo di dimora nel suo paese d’origine (Biancavilla, nel Catanese) e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Il provvedimento del giudice arriva dopo numerose richieste, da parte del legale dell’indagato che ha sottolineato il grave stato di salute di Calvagno che lo rende incompatibile con la detenzione in carcere. «Il mio assistito – ha spiegato il penalista – presenta una condizione psicologica gravissima, in quanto gravemente depresso e con un costante senso di colpa nei confronti del figlio minorenne, molto malato, e per il fatto di non poterlo assistere in maniera adeguata. Anche dal punto di vista fisico – ha aggiunto Lipera – ha subito un aggravamento della sua condizione, avendo perso circa quindici chili».
Nel provvedimento, il gip segnala che «a questa autorità giudiziaria, nonostante i provvedimenti emessi e gli stessi solleciti anche per le vie brevi, regolarmente annotati dalla cancelleria, è stato impedito di avere piena contezza delle condizioni di salute dell’indagato e dell’andamento dei trattamenti cui era sottoposto» e di «non avere avuto alcun riscontro dal direttore della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere né dal personale sanitario che vi opera». Per questo, il giudice ha disposto il «trasferimento del provvedimento e gli atti collegati alla procura di Santa Maria Capua Vetere e al Dap per le determinazioni di competenza sul direttore del carcere e sul personale sanitario».