Buonanotte signori, lo spettacolo prima o poi doveva cessare. Le luci si spengono e gli attori si ritirano in buon ordine, hanno da cenare, si recita digiuni
Buonanotte signori
Buonanotte signori, lo spettacolo prima o poi doveva cessare. Le luci si spengono e gli attori si ritirano in buon ordine, hanno da cenare, si recita digiuni. Di solito mangiano un panino, una pizza magari, una birra o un po di vino. Perché dopo uno spettacolo bisogna bere. E si torna a casa e si continua ad essere uomini.
Il punto è proprio questo. Dopo ognuno di questi spettacoli immani e intollerabili a cui ultimamente siamo stati costretti ad assistere, o a cui abbiamo partecipato come attori, siamo tornati a casa e ci siamo messi in pantofole. Abbiamo smontato la nostra faccia da sdegno, gli occhiali da retorica, abbiamo cambiato pantaloni e forse bevuto unaltra birra, mangiato un pezzo di formaggio e poi via con la televisione, o con internet.
Lì ci saranno altri attori, ancora attrezzati per la prolusione, per lapologia, per laccusa, per linsulto, per la paranoia. Ma anche loro torneranno a casa e si interrogheranno, in mutande davanti al frigo, su quale salsina usare per intingervi un gambo di sedano.
Anche io nel mio sgraziato abbigliamento da casa, con una birra accanto, davanti ad un portatile, consegno le mie angosce ad oscuri segnetti su sfondo bianco. Lo faccio da anni ormai. Questi segni di solito veicolano significati, talvolta palesi, talvolta noti solo a me.
Di significato nella storia se ne sono occupati innanzitutto i filosofi, ma anche i sacerdoti di qualunque religione, gli psicologi, gli psicanalisti, i semiologi, i medici, i politici, gli insegnanti. Il significato in generale, quello assoluto, quello universale. C’è chi si è occupato anche del significato particolare, e di quello singolo. Conosco donne che si occupano di significati e di segni anche quando fanno la pipì.
L’interrogazione sul significato è costitutiva dell’uomo, ma il vero problema è che è un’interrogazione eterna, un’esigenza interminabile, un compito infinito.
Gli uomini si ostinano a fornire risposte secche e unilaterali attorno a questo interrogativo, e si contraddicono con la forza di argomentazioni indiscutibili.
Ma non sono convinti se hanno bisogno di argomentare: al significato purtroppo manca l’evidenza. Il significato non è lì a portata di mano. Tutti lo masticano con le loro bocche, c’è chi ci ha perso i denti nel tentare di deglutirlo senza rimanere soffocato. Ma la domanda rimane.
Ora io, uomo in canottiera, davanti al mio portatile, leggo perturbato e commosso di tutti i significati che si attribuiscono alle tragedie degli ultimi tempi, alle tragedie nate in luoghi che per antonomasia non dovrebbero contemplarle. Il problema è uno: non esiste significato, non esiste senso, non esiste segno, simbolo, parola scritta, lettera, tratto nero su sfondo bianco. Queste cose non esistono, non hanno evidenza.
Tutto il resto esiste. Tutto il resto è ciò che si arrovella nella ricerca del significato all’interno di uno dei sopra menzionati spettacoli, media, case, poltrone con annesse pantofole puzzolenti.
La puzza esiste, è il punto di partenza, oleo ergo sum!
È vero puzziamo, la nostra puzza è inequivocabile e inesorabile, la possiamo mascherare ma prima o poi torna, non la si sconfigge per sempre, ci si deve lavorare quotidianamente, con molta attenzione, sapendo che se molliamo la presa, la puzza ritorna.
Io puzzo, tu puzzi, egli puzza, l’unica coniugazione verbale lecita. La puzza ci rende tutti fratelli. La puzza è ciò che ci accomuna a tutte le creature sotto la volta celeste.
Con questo non vorrei suggerire di lavarcene le mani. Oppure che bisogna pulire le mani per risolvere i problemi. Le mani non c’entrano. Sono tra le cose che puzzano di meno in noi, nessuno ha mai detto entrando in un ambiente:Ehi qui c’è puzza di mani!.
Le mani non hanno volontà e da sole non c’entrano. Noi invece siamo portatori di puzza e di volontà. La nostra volontà puzza. La nostra volontà è da ripulire.
Ma posso voler volere?
Anche su questo i filosofi si sono arrovellati e con essi gli psicologi, i teologi, i medici, gli insegnanti…
Un’altra domanda senza risposta. Ma non dovevamo smetterla con le domande? Forse si, è proprio questa la questione, smettere di interrogarsi, smettere di perdere tempo, smettere di leggere queste inutili parole.