Domani, a Palermo, presentazione del libro di Gaetano Armao. Giuristi, economisti e cittadini si confronteranno su come rilanciare l'economia della nostra Isola puntando sulla valorizzazione dello Statuto. Che non è stato un 'regalo' dello Stato, ma una conquista dei siciliani
La Sicilia nella crisi europea Ultima chance per l’Autonomia
La Sicilia è ad un bivio. Occorre scegliere se per salvarla è necessario attuare appieno e così rilanciare l’Autonomia o piuttosto dismetterla, puntando sull’accentramento amministrativo e sugli interventi statali, constatando la ‘minorità’, forse antropologica, che ha reso un’occasione irrimediabilmente perduta l’esperienza statutaria.
Questo tema verrà affrontato domani, venerdì 7 novembre, alle 16,00, a Palermo, nei saloni di Palazzo Steri, nel corso del Seminario sul tema: “Rilancio o Oblio: l’Autonomia siciliana al bivio” in occasione della presentazione dell’ultimo libro scritto da Gaetano Armao: “L’attuazione dell’Autonomia differenziata della Regione siciliana”.
Dopo i saluti del Rettore dell’università di Palermo, Roberto Lagalla, e del giurista Giovanni Fiandaca, sarà il professore Salvatore Raimondi, costituzionalista e amministrativista, a tenere la prolusione. A seguire gli interventi dell’economista Pietro Busetta, di Maurizio Bernava, Enrico La Loggia, Antonio La Spina. Modererà Pietro Luigi Matta.
Lo studio tenta di dimostrare – analizzando le principali questioni dell’Autonomia regionale, a partire da quella finanziaria – «che l’Isola, nel contesto di una crisi istituzionale ed economica senza precedenti, con un divario economico e infrastrutturale accresciuto rispetto al Nord, può affrontare l’attuale momento difficile con l’utilizzo responsabile delle prerogative autonomistiche. Dalla crisi si può uscire, insomma, ripensando e rilanciando l’Autonomia, responsabilmente con “i conti e le carte in regola”, non certo rinunciandovi».
La Sicilia che paga di più per un reddito pro capite più basso, per un alto tasso di disoccupazione e per carenza di infrastrutture può rassegnarsi al drammatico divario economico e sociale o, al contrario, deve affrontarlo con l’autogoverno affrancandosi da limiti finanziari insostenibili?
«Di fronte al fallimento di un piano ‘piano industriale’ incentrato sulla distribuzione di risorse pubbliche a cittadini ed imprese, con buona pace della programmazione europea, anche nei casi di pieno impiego dei fondi strutturali per la coesione, occorre ripensare a nuovi modelli di sviluppo. Si deve raccogliere la responsabilità di utilizzare al meglio le opportunità che lo Statuto regionale offre, con la consapevolezza che esso non è una concessione di Autonomia per una Regione. E’ molto di più: rappresenta lo straordinario strumento che consente di attivare in Sicilia l’autogoverno con competenze, risorse e responsabilità, abbandonando un uso della specialità a ‘scartamento ridotto’ come quella prevalso di recente».
E ancora: «Il sostanziale ridimensionamento degli investimenti statali nel Meridione, seppur quale effetto indotto dalle recenti misure di austerità, ha pregiudicato il mercato interno, anche a causa dell’interdipendenza produttiva tra Mezzogiorno e Nord d’Italia. Ciò dovrebbe indurre a propendere per uno sviluppo economico complessivo del “sistema Paese”, ma le iniziative sin qui intraprese non hanno colto l’urgenza di questi argomenti per scongiurare la disgregazione dell’Italia e l’oblio del Mezzogiorno, anzi l’attenzione verso il Sud scema progressivamente.
E’ vero: sono troppi i casi nei quali l’attuazione della specialità – sopratutto nelle Regioni meridionali – ha funzionato come ostacolo allo sviluppo, impedendo alle istituzioni regionali di porsi in sintonia con significative innovazioni regolative ed amministrative, quando non si è limitata a ritardarne l’applicazione e, dall’altro, ha garantito la diffusione ed il mantenimento di privilegi. Sicché, come la grande muraglia per la Cina, la specialità regionale, o meglio la distorta interpretazione offertane da alcuni ceti politici e delle loro clientele, più che strumento di difesa dei siciliani è divenuta causa dell’isolamento.
Il superamento dell’attuale fase di smarrimento delle prerogative autonomistiche (esercitate, almeno in Sicilia, ‘col cappello in mano’ per usare un’antica similitudine), compresse dalle misure di austerità e di uso spesso inefficiente delle risorse europee, non può sfociare nella soppressione della specialità, tentativo emerso nel riaperto dibattito sulle riforme istituzionali».
Chi sostiene che l’Autonomia speciale è stata una grande occasione perduta «per la Sicilia afferma una verità per molti aspetti condivisibile, seppur non scevra da elementi di contraddizione. E’ indiscutibile, tuttavia, che l’Autonomia abbia offerto all’Isola alcuni strumenti che hanno consentito di crescere e svilupparsi, o anche semplicemente di rivendicare interventi e misure di sostegno che altre aree del Sud hanno visto pesantemente ridurre, senza poter nulla opporre. L’apparato autonomistico, concepito ed utilizzato in termini di “antagonismo istituzionale”, per assicurare alla Regione competenze, risorse e personale, è divenuto causa di isolamento, smarrendo per strada l’obiettivo di superamento del divario e di coesione ecomomico-sociale».