Quello della cenere vulcanica è ormai un problema consolidato, con i Comuni etnei che viaggiano sul filo dell’emergenza, soprattutto per quanto riguarda i costi di smaltimento di quello che è considerato un rifiuto speciale. Una criticità quasi alla stregua dell’incredibile crisi idrica che sta attraversando la Sicilia, con dati da record. Due flagelli che potrebbero […]
La siccità si combatte con la cenere vulcanica. La soluzione di UniCt: «Abbiamo ricreato il sistema di depurazione dell’Etna»
Quello della cenere vulcanica è ormai un problema consolidato, con i Comuni etnei che viaggiano sul filo dell’emergenza, soprattutto per quanto riguarda i costi di smaltimento di quello che è considerato un rifiuto speciale. Una criticità quasi alla stregua dell’incredibile crisi idrica che sta attraversando la Sicilia, con dati da record. Due flagelli che potrebbero in parte avere una soluzione comune, almeno secondo gli studiosi del dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente e del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali dell’Università di Catania.
«Il problema è nel momento in cui la cenere tocca le superfici in strada che sono sporche, ma le ceneri raccolte dalle coperture o dalle terrazze, che non sono inquinate da eventuali oli o metalli pesanti, sono assolutamente una risorsa da utilizzare – dice a MeridioNews Giuseppe Cirelli, professore di UniCt che ha coordinato la ricerca portata avanti da Alessia Marzo e Delia Ventura – Abbiamo messo a punto un geopolimero, che è una composizione di cenere vulcanica e un sottoprodotto della combustione di biomasse, ottenendo materiali estremamente performanti per quanto riguarda la depurazione delle acque».
«Nel mio dipartimento, da oltre vent’anni, ci occupiamo di fitodepurazione e siamo all’avanguardia in Italia e nel mondo – continua Cirelli – Abbiamo sempre usato il materiale vulcanico come substrato, ma ci siamo accorti che utilizzando invece la cenere vulcanica, la capacità di rimozione degli inquinanti aumenta». E anche in maniera sensibile, ricreando un sistema di depurazione di cui i catanesi beneficiano da centinaia di anni. «Si ripropone, in pratica, quello che avviene in natura sull’Etna, un sistema filtrante eccezionale che ci preserva anche dall’inquinamento delle falde, nonostante gran parte del territorio etneo sia privo di fognature».
Una scoperta che potrebbe segnare un cambio di marcia anche nella lotta alla siccità. «Potrebbe essere una soluzione per la realizzazione di piccoli e medi impianti di fitodepurazione utilizzando la cenere come substrato», conclude il professore. Consentendo alla Regione persino di risparmiare sull’enorme somma che palazzo d’Orleans è condannato a pagare da una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea: per la mancanza di depuratori in Sicilia e per il dato estremamente basso relativo alle acque depurate e riutilizzate.