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In Sicilia non cresce più il grano. Tra siccità e inefficienze: «È una tragedia, ma c’è una soluzione»

In Sicilia la siccità ha bruciato un campo di grano su cinque. «In alcune zone dell’Isola le spighe sono rimaste piccole e senza chicchi, mentre in altre aree non sono proprio cresciute. Un azzeramento della produzione che ha costretto le aziende a rinunciare alla raccolta». Un quadro della situazione drammatico quello che fa a MeridioNews Massimo Primavera, il direttore di Coldiretti di Caltanissetta che è una delle province dell’Isola maggiormente colpite dagli effetti della crisi idrica. Quella per cui il lago di Pergusa è praticamente scomparso e gli animali sono costretti a bere nel fango. Una crisi che si appresta a essere la più grave degli ultimi vent’anni. Non solo per la mancanza di piogge e il caldo torrido, ma anche per gli storici problemi della rete idrica e per l’inefficienza nella gestione delle risorse.

La Sicilia, insieme anche alla Puglia, è la regione dove si produce quasi la metà del totale nazionale di frumento duro. «Quelli del Nisseno, dell’Agrigentino e dell’Ennese sono i terreni più colpiti dalla crisi – analizza Primavera – Meno peggio è andata nelle campagne in provincia di Palermo, di Messina e di Ragusa». Zone in cui, comunque, non si è andati oltre il 20 per cento della produzione. «Il grano non è una coltura irrigua – fa notare il direttore nisseno di Coldiretti – per cui, si produce se ci sono le precipitazioni. E in intere aree dell’isola, invece, non piove più da maggio dell’anno scorso al punto che non è cresciuto nemmeno il foraggio da dare da mangiare agli animali». Una situazione climatica grave che ha colpito anche le qualità di grano più resistenti alla siccità.

«In un’annata come questa – sottolinea preoccupato Primavera – il rischio è che le speculazioni, che ci sono sempre state, aumentino». Un timore più che lecito. «La soluzione a breve termine sarà sicuramente che ci si approvvigioni del grano necessario a soddisfare il fabbisogno da altri Paesi. La cosa più grave – aggiunge il direttore di Coldiretti – è che sono emersi prezzi della materia prima inferiori addirittura rispetto ai mesi precedenti. Costi che erano già di gran lunga più bassi di quelli locali che, proprio a causa della scarsità di produzione, tenderanno pure ad alzarsi». Così le speculazioni sono dietro l’angolo. Una condizione che, qualora si verificasse davvero, comprometterebbe la tenuta dell’equilibrio tra domanda e offerta e, quindi, altera ogni legge di mercato.

Un problema che potrebbe restare anche quando quello dei terreni coltivati a grano in Sicilia potrebbe essere risolto. «In effetti, non è una perdita permanente – afferma Primavera – Ma è chiaro che bisognerà lavorare per preparare i campi con delle concimazioni più adatte che tengano conto anche del circolo vizioso che si è innescato nel clima». Non è affatto improbabile, infatti, che a questa seguano altre stagioni del genere. «Per questo – sottolinea il direttore di Coldiretti – bisogna ragionare in termini di progettualità: da una parte, scegliendo di coltivare qualità di grano più resistenti; dall’altra, mettendo in atto tutte le strategie possibili per non sprecare l’acqua e puntare a una gestione seria dell’idrico».

In questo senso vorrebbe andare Coldiretti con Invasi, un progetto – elaborato già a partire dal 2015 che prevede «la realizzazione di invasi collegati tra loro e in grado di immagazzinare acqua – spiega Primavera – Una tecnica funzionale anche a superare le criticità del funzionamento delle dighe». Una strategia che garantirebbe l’acqua ai cittadini (che sempre più spesso restano con i rubinetti di casa a secco, come nel caso dell’anno scorso a Catania e di qualche mese fa a Caltanissetta), alle imprese e alle aziende agricole. «L’Italia riesce a recuperare solo l’11 per cento dei 300 miliardi di litri di acqua che ogni anno cadono sul territorio nazionale», ha denunciato il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini in un appello al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Uno spreco che diventa ogni giorno sempre più inaccettabile in un territorio ad altissimo rischio desertificazione. «Al momento siamo di fronte a una tragedia – conclude Primavera – ma non è vero che è senza soluzione: bisogna ripartire dal progettare lo sviluppo».


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