Fine della chimica Eni a Gela? Bene. Ma vanno revocati anche i permessi di ricerca di idrocarburi

BASTA CON LA CORSA AL GAS E AL PETROLIO CHE STA SOTTO TERRA E SOTTO IL MARE. LA SICILIA PUNTI SULLE ENERGIA ALTERNATIVE. E SUL RISANAMENTO

L’Eni è la sesta potenza mondiale del grande impero petrolifero. Il suo fatturato annuo si aggira intorno ai 170 miliardi di euro. E come ogni multinazionale che si rispetti le sue gestioni in giro per il mondo non sono sempre cristalline e non prive di compromissioni di ogni genere. Per la semplicissima ragione che chi fa un lavoro che implica ogni tipo di inquinamento non può star lì a curare i dettagli della protezione ambientale o della tutela della salute di chi vive nei territori soggetti alle sue trivellazioni-estrazioni ed alle successive raffinazioni. Quindi in qualche modo occorre superare queste ‘perdite di tempo’.

In ragione di queste ‘necessità’, il sito l’insolito-l’insana critica nostrana ricorda a tale proposito due società del gruppo, EniChem e Syndial, che sono state portatrici di grandi problemi in gran parte del Mezzogiorno d’Italia “e in alcuni casi, addirittura, di malformazioni causate dalle scorie tossiche mal smaltite con conseguente inquinamento del territorio”.

La chimica in Italia non ha portato solo sviluppo economico, ma anche tanto inquinamento. l’insolito ripercorre la vicenda Crotone, dove gli impianti installati negli anni ’20 “aumentarono il reddito pro-capite, il livello socioculturale del territorio, rendendo la città pitagorica il primo polo industriale della Calabria ma, tolte le tende negli anni ’90, vennero fuori gli inghippi: il registro tumori della città è diventato tra i più voluminosi d’Italia”.

Da una inchiesta, denominata Black Mountains, è emerso come gran parte delle nuove costruzioni (strade, palazzi, la Questura, ecc) fossero realizzate con la miscela di scorie tossiche (non smaltite) e cemento. “Infatti, sino al 1976 non era illegale smaltire le acque reflue nei mari e i residui solidi nei suoli aziendali”. E prosegue: “Quindi dal 1923 (anno della installazione dell’impianto) sino al 1976 (anno che con la legge Merli vennero regolato lo smaltimento dei rifiuti tossici, ndr), cioè per oltre 50 anni si è contribuito ad uccidere legalmente interi territori”.

A Crotone tuttora le trivelle marine dell’Eni estraggono il 18 per cento del gas naturale nazionale in aree marine protette, proprio  de passi dal tempio di Hera Lacina (anche se tale circostanza viene negata dall’azienda).

Per venire un po’ dalle nostre parti, anche a Gela si registra il fenomeno delle malformazioni delle nascite. Fenomeno – che si registra anche in certe aree della provincia di Siracusa, dove non mancano le industrie chimiche  – legato strettamente all’inquinamento del territorio provocato dalla raffinerie petrolifere.

I residenti di Gela, che sono diventati nel corso degli anni numerosi a causa dal caotico inurbamento sono sotto scacco. La contraddizione è sempre la stessa: viene prima la salute o il lavoro? Di sicuro è un bel dilemma. A nostro parere è bene proteggere la salute, senza la quale non c’è né lavoro, né altro. E se c’è la salute il lavoro si può anche inventare. Quando viene meno la salute il mondo ci crolla addosso senza rimedio.

Quindi ben venga lo smantellamento dell’impianto petrolchimico Eni di Gela. Noi concordiamo con l’opinione di chi sostiene l’opportunità di liberare quel territorio dalla fonte d’inquinamento, oltre che di reddito.

Di sicuro col venire meno della chimica ‘pesante’ salteranno anche le mafie locali (a Stidda) che sono nate in coincidenza con gli interessi che girano attorno a un sistema sbagliato.

Insomma, non solo inquinamento ambientale, ma anche inquinamento economico-criminale. Lo smantellamento, però, deve essere accompagnato dal risarcimento dei danni ambientali provocati e dal risanamento del territorio.

Ma non basta. Occorrerebbe anche muovere l’interesse della Sicilia tutta verso la tutela del mare in prossimità delle nostre coste, dove sono state autorizzate le trivellazioni per l’estrazione del petrolio che giace sotto il Mediterraneo.

Il dibattito generale sulle fonti energetiche alternative è molto puntuale sulla superiore validità dell’energia solare rispetto a quella da origine fossile. Cosa manca alla Sicilia per creare energie alternative e rinnovabili come l’energia solare?

Occorre a questo fine una grande mobilitazione popolare tesa a far revocare i permessi di ricerca già accordati ai petrolieri ed impegnare il Governo regionale – Crocetta o non Crocetta – a sviluppare ed incentivare la diffusione degli impianti ad energia solare.


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