Il futuro dell’Italia? Buona notte! E la Sicilia? Peggio che andar di notte. Chi si ribellerà ai satrapi dell’Unione Europea? Forse la Sardegna

di Economicus

Nel nostro Paese 8 milioni di poveri e 350 mila malati senza cure

Il direttore mi chiede un commento su quello che sta succedendo in Italia e su quello che potrebbe fare la Sicilia. Partirei da alcuni dati che circolano proprio sulla rete in questi giorni. Numeri che descrivono, meglio si qualsiasi altro commento, quello che oggi è l’Italia:

– 360 mila aziende chiuse

– 8 milioni di poveri

– 1,5 milioni di cittadini sotto i ponti

– 200 mila anziani senza pensione

– 350 mila malati senza cure

– 40 mila case pignorate

– 10 milioni di disoccupati

Questi sono i dati. In qualsiasi altro Paese sarebbe già scoppiata la rivoluzione. In Italia, no. Perché?

In primo luogo, perché gli italiani, per indole, non sono rivoluzionari. In secondo luogo, perché, ancora, nel nostro Paese resistono due cose: gli ultimi scampoli di Stato sociale e la sanità pubblica.

Ma ormai è questione di alcuni mesi, forse, se andrà bene, di un anno. Così continuando le cose, salteranno sia lo Stato sociale, sia la sanità pubblica.

Tra sette-otto mesi, forse tra un anno, non di più, salterà il sistema degli ammortizzatori sociali. Tra un anno, un anno e mezzo al massimo, salterà pure la sanità pubblica italiana, che era una delle migliori del mondo.

La sanità pubblica italiana tiene perché i medici e il personale parasanitario resiste. Ma quanto può durare, ancora? Da due o tre anni hanno i contratti bloccati. Il Governo Letta – sui indicazione dell’Unione Europea – si accinge a bloccarli non per un altro anno, come stanno provando a fargli credere, ma fino al 2016!

Sembra incredibile: dieci anni di Unione Europea e di euro hanno distrutto l’Italia. Il Centro Nord Italia, ormai, è diventato quello che il Mezzogiorno è stato per 150 anni nel nostro Paese: un luogo di sfruttamento da utilizzare, per lo più, come mercato di consumo. Mentre il Sud d’Italia – Sicilia in testa – è il Sud di un Centro Nord sempre più sottosviluppato.

L’Italia è finita senza avere avuto il tempo – parafrasando D’Azeglio – di “fare gl’italiani”. Il direttore, che mi conosce, mi ha pregato di non andare troppo pesante con l’Unione Europea. Ma come si fa a non andare pesante con un’istituzione che, da almeno 15 anni, programma al dettaglio tutto quello che sta succedendo?

Chi conosce le regole di base dell’economia sa che tutto quello che sta avvenendo è assurdo. Non c’è più – ormai da qualche decennio! – il cambio della moneta con l’oro. Il valore della moneta e la sua emissione non dipendono più da valori esterni. Dipendono dalle armi che impongono una moneta, come nel caso del dollaro. E dipendono – moneta ed emissione della stessa moneta – da chi controlla la Banca centrale, in questo caso la Banca centrale europea.

Quello che sta succedendo è tutto pianificato. Chi scrive conosce alcuni dei personaggi che stanno combinando, a tavolino, tutto questo ambaradan. Sapete cosa pensano dell’Italia questi signori? Sapete cosa dicono tra loro quando parlano del nostro Paese?

Ve lo dico io. Dicono questo: “Però, ‘sti italiani, con tutto quello che gli stiamo facendo non dicono nulla! Non si ribellano, non si lamentano. Gli abbiamo rifilato anche Mario Monti e, invece di cacciarlo via, l’hanno fatto pure senatore a vita!”.

Già hanno distrutto la Grecia. Poi avrebbero dovuto passare alla Spagna. Non so perché, ma hanno deciso di concentrarsi sul nostro Paese.

Direte: ma c’è Mario Draghi alla Bce. Certo. Ma che può fare, se non ritardare il disastro? Osservate il Governo Letta di fronte ai problemi veri: non sta facendo assolutamente nulla. Nulla di nulla. Il Governo Letta è una sorta di anestetico. Quando andiamo dal dentista per toglierci un dente ci fanno l’anestesia. La stessa cosa, l’Unione Europea, sta facendo con la nostra economia.

La grande industria non c’è più. La Fiat ha salutato l’Italia con qualche anno di anticipo mettendosi sotto le ali del dollaro (chissà perché, ma questo particolare non è stato notato da nessuno…). L’agricoltura italiana è massacrata dai ‘tarocchi’ di mezzo mondo, compresi quelli europei.

Per ora si sono concentrati sulle piccole e medie imprese. Cioè sulla ‘spina dorsale’ economica del nostro Paese. Distrutta la piccola e media impresa – e ci stanno riuscendo con un’imposizione fiscale al 68 per cento – avranno definitivamente campo libero. Non l’ammazzeranno loro: la faranno ammazzare dal Governo Letta. I provvedimenti adottati da questo Governo fanno ridere. Non sorridere: ridere. Del resto, più inutile è il Governo italiano, più appoggiato è dall’Unione Europea.

Che fare? Lo ripeto da almeno un anno: uscire subito dall’euro. Subito, senza perdere un solo giorno di tempo. Ma ormai il nostro è un Paese stordito. Non credo che ciò avverrà.

E la Sicilia? Ci sono nato. Ma è una Regione finita. Culturalmente prima che finanziariamente. Seguo il dibattito sul vostro giornale. Se debbo essere sincero, l’unica manifestazione di vitalità della Sicilia è rappresentata dai No Muos. E’ l’unica parte della Sicilia ancora viva. Il resto è ‘Ade’ allo stato puro.

Proprio ieri leggevo i commenti su alcuni giornali cartacei siciliani. Sono i commenti dei siciliani che pensano di essere ancora vivi. Che credono che il Muos sia una cosa giusta. Che chi protesta contro quest’arma letale, prima o poi, calerà la testa.

Forse hanno ragione loro. Anche se il Movimento No Muos è una cosa viva e seria, non credo rappresenti la società siciliana. Credo che molti siciliani – soprattutto quelli a reddito fisso – si accorgeranno del crollo solo tra un anno, quando entreranno in crisi ammortizzatori sociali e sanità pubblica. E quando anche loro perderanno il lavoro. Prima non ci faranno caso. Faranno come gli struzzi. Hanno fatto così con tutte le dominazioni. Non credo che cambieranno atteggiamento.

Se proprio lo debbo dire, gli unici italiani che potrebbero ribellarsi a quello che la vostra spumeggiante Giovanna Livreri ha scritto qualche giorno fa su vostro giornale è la Sardegna. I sardi, a differenza dei siciliani, non sono solo autonomisti nell’anima, ma anche orgogliosi di esserlo.

Direttore, non se la prenda a male, ma sull’Autonomia siciliana io la penso come Leonardo Sciascia: la classe dirigente siciliana, o presenta tale, l’ha vissuta come una sommatoria di benefici e di prebende da spartire, cedendo a Roma la dignità – che comunque la politica siciliana dopo Sturzo e Li Causi non ha mai più avuto – e interi ‘pezzi’ della nostra Isola che sono stati massacrati dalla chimica ‘pesante’, dagli elettrodotti, dalle cementerie, dalle raffinerie.

Vi siete mai chiesti perché, da quindici anni a questa parte, una città come Gela continua ad essere annegata dai fumi della chimica per meno di mille posti di lavoro che stanno per diventare 700? Tutto questo in un’Isola con un’amministrazione regionale che, sempre da quindici anni, paga oltre 120 mila dipendenti pubblici, assunti quasi tutti senza concorsi?

Già quindici anni fa avrebbe potuto intruppare questi mille dipendenti e chiudere uno degli stabilimenti chimici più inquinanti d’Europa. Non l’ha fatto, perché la politica siciliana – quella che voi vi ostinate a chiamare Autonomia – è morta dentro da decenni.

Non è così in Sardegna. Lì, la politica ha più dignità. La gente è diversa. Dalla Sardegna può scoccare la scintilla della ribellione a questa Unione Europea di banche fallite e di banchieri falliti. Banche e banchieri che continuano a comandare strozzando le imprese.

 

 

 

 


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