A Marsala la libertà di stampa è un reato contro il Comune

Che l’Italia sia agli ultimi posti nella classifica per  libertà d’informazione è un fatto risaputo. Talmente risaputo che è diventato normalità. I potenti e i ‘potentotti’ sono talmente abituati ad una stampa in ginocchio da non tollerare chi esce dal gregge e tenta di fare il suo lavoro correttamente. Ormai lo sappiamo: la minaccia di galera per i giornalisti è uno dei mezzi intimidatori preferiti in questo Paese. E, quando non si può ricorrere al carcere, la minaccia è pecuniaria. Il che può essere anche peggio. Soprattutto per quei giornali che della libertà hanno fatto un baluardo, che non sono nel libro paga di banche e multinazionali,  e che non possono contare sulle sostanziose ‘mance’ di politici e istituzioni.

E quello che sta succedendo a Marsala, città che, paradossalmente, ha ospitato pure un festival del giornalismo d’inchiesta, con la partnership del Comune. Istituzione che però, a quanto pare, non tollera le inchieste che lo riguardano e, nemmeno le critiche. 

Succede, infatti, che per la prima volta in Italia, un’amministrazione comunale chiede i danni ad un giornalista, non per un singolo articolo ritenuto diffamatorio (come sarebbe anche lecito)  ma per la sua attività, nel suo complesso. Incredibile, ma vero. Il giornalista ‘sgradito’ è Giacomo Di Girolamo, direttore del coraggioso quotidiano online Marsala.it. e autore  di saggi  (L’invisibile sul super boss latitante Messina Denaro e  La Cosa grigia, un viaggio nell’Italia dei poteri opachi). 

Al sindaco di Marsala, Giulia Adamo, non piace la linea del giornale che dirige. E si crede in diritto (come nelle dittature?)  di presentare il conto del suo disappunto. Lo fa attraverso un avvocato, pagato pure dai marsalesi ai quali, siamo certi, non dispiacciono  affatto le denunce del quotidiano locale.

“Il comune di Marsala, tramite il suo rappresentante legale, il sindaco Giulia Adamo, mi ha appena notificato una citazione a giudizio, in sede civile, dove mi chiede un risarcimento di 50.000 euro per la mia attività giornalistica, considerata, sono parole del documenti ‘di critica’ nei confronti dell’amministrazione. Vengono citati una decina di articoli, rispetto ai quali il comune non mai presentato replica o diffida di sorta- spiega il giornalista. Che aggiunge:  

“La mia attività giornalistica è considerata lesiva del comune di Marsala, la mia città! Viene anche citato che il mio comportamento è ancora più grave perché agisco ‘in un contesto storico di grande difficoltà per tutte le istituzioni a causa della crisi economica e della crisi di credibilità”.  Il riferimento al contesto di crisi di credibilità delle istituzioni è particolarmente interessante. Il ragionamento sembra il seguente: “Poiché  in Italia nessuno si fida più dei politici, i giornalisti fanno male a raccontare le loro malefatte. E’ molto grave”.  Insomma, ormai,  viene messo in croce chi denuncia le ruberie, la corruzione dilagante. Non i colpevoli, ma chi li ‘sputtana’.

La citazione in giudizio del Comune di Marsala nasce da una delibera di Giunta del 14 Dicembre scorso. “Una delibera  che definiva diffamatorio il lavoro svolto dal  nostro portale  perché  svolge «un’attività di continua pubblicazione di “giudizi”, “critiche”, “disapprovazione” che accompagnano le “notizie” sull’amministrazione comunale».  Il tutto mentre la redazione di Marsala.it è oggetto di continue minacce e a, quanto pare, anche di strani appostamenti. I colleghi hanno notato di essere stati seguiti , in più di una occasione, da una macchina di grossa cilindrata. 

In conclusione, a quanto pare,  il diritto di cronaca e di critica, alla Adamo non vanno proprio giù. Non sarà che, per lei, la democrazia, la libertà d’opinione, e il giornalismo vero, sono concetti  superati? 

Che poi, a parlare di lesione di immagine per la sua città, sia  proprio un sindaco che in passato  ha utilizzato i soldi pubblici per comprare un regalo di nozze per un collega dell’Ars, è davvero paradossale. L’attacco resterebbe deprecabile anche se a lanciarlo fosse stata un’anima più ‘candida’. In ballo c’è la libertà, in tutte le sue forme.

Una situazione scandalosa che dovrebbe richiamare l’attenzione dell’Ordine dei giornalisti e dei sindacati di categoria.  Se questo non è un palese e sfacciato attentato alla libertà di stampa, ci somiglia molto. Una vergogna che sta già agitando il mondo del web con una campagna di solidarietà “Non nel mio nome”-. 

A Marsala.it la nostra solidarietà.

Qui potete leggere un resoconto dettagliato degli articoli che hanno infastidito la signora Adamo e la sua banda.


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Che l'italia sia agli ultimi posti nella classifica per  libertà d'informazione è un fatto risaputo. Talmente risaputo che è diventato normalità. I potenti e i 'potentotti' sono talmente abituati ad una stampa in ginocchio da non tollerare chi esce dal gregge e tenta di fare il suo lavoro correttamente. Ormai lo sappiamo: la minaccia di galera per i giornalisti è uno dei mezzi intimidatori preferiti in questo paese. E, quando non si può ricorrere al carcere, la minaccia è pecuniaria. Il che può essere anche peggio. Soprattutto per quei giornali che della libertà hanno fatto un baluardo, che non sono nel libro paga di banche e multinazionali,  e che non possono contare sulle sostanziose 'mance' di politici e istituzioni.

Che l'italia sia agli ultimi posti nella classifica per  libertà d'informazione è un fatto risaputo. Talmente risaputo che è diventato normalità. I potenti e i 'potentotti' sono talmente abituati ad una stampa in ginocchio da non tollerare chi esce dal gregge e tenta di fare il suo lavoro correttamente. Ormai lo sappiamo: la minaccia di galera per i giornalisti è uno dei mezzi intimidatori preferiti in questo paese. E, quando non si può ricorrere al carcere, la minaccia è pecuniaria. Il che può essere anche peggio. Soprattutto per quei giornali che della libertà hanno fatto un baluardo, che non sono nel libro paga di banche e multinazionali,  e che non possono contare sulle sostanziose 'mance' di politici e istituzioni.

Che l'italia sia agli ultimi posti nella classifica per  libertà d'informazione è un fatto risaputo. Talmente risaputo che è diventato normalità. I potenti e i 'potentotti' sono talmente abituati ad una stampa in ginocchio da non tollerare chi esce dal gregge e tenta di fare il suo lavoro correttamente. Ormai lo sappiamo: la minaccia di galera per i giornalisti è uno dei mezzi intimidatori preferiti in questo paese. E, quando non si può ricorrere al carcere, la minaccia è pecuniaria. Il che può essere anche peggio. Soprattutto per quei giornali che della libertà hanno fatto un baluardo, che non sono nel libro paga di banche e multinazionali,  e che non possono contare sulle sostanziose 'mance' di politici e istituzioni.

Che l'italia sia agli ultimi posti nella classifica per  libertà d'informazione è un fatto risaputo. Talmente risaputo che è diventato normalità. I potenti e i 'potentotti' sono talmente abituati ad una stampa in ginocchio da non tollerare chi esce dal gregge e tenta di fare il suo lavoro correttamente. Ormai lo sappiamo: la minaccia di galera per i giornalisti è uno dei mezzi intimidatori preferiti in questo paese. E, quando non si può ricorrere al carcere, la minaccia è pecuniaria. Il che può essere anche peggio. Soprattutto per quei giornali che della libertà hanno fatto un baluardo, che non sono nel libro paga di banche e multinazionali,  e che non possono contare sulle sostanziose 'mance' di politici e istituzioni.

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