Un anno con LinkSicilia tra politica, sogni, passioni e delusioni

Un anno fa, proprio in questi giorni, iniziavo la mia collaborazione con LinkSicilia, una coraggiosa scommessa editoriale oggi diventata una concreta presenza al servizio di un’informazione libera e senza padroni.

Provo oggi, in un raro momento di tempo “libero” al rientro dall’aeroporto dove ho accompagnato le figlie che tornavano a Milano dopo un breve fine settimana “a casa”, a rileggere alcuni tra le decine di articoli pubblicati in questi mesi. Cerco un filo che mi permetta di capire se le previsioni, le analisi, le prospettive, le provocazioni e le proposte oggi trovino riscontro nel compimento delle due più importanti tappe di rinnovamento della vita politica siciliana: le elezioni comunali e regionali.

I dodici mesi trascorsi mi hanno fatto tornare in mente un bel libro di Roberto Volpes (1904-1988) sulla vita a Palermo durante la Bella Epoque, dal titolo “Quando un secolo durava cent’anni” Edizioni ristampe siciliane, 1980.

L’inevitabile associazione di idee mi ha portato a definire il 2012 “un anno durato cent’anni”, per la quantità di eventi che hanno interessato (e non è ancora finita…) la vita pubblica di questa Città.

Alla fine del 2011 si discuteva ancora se l’anno seguente avrebbe segnato o meno la fine del mondo preconizzata dal calendario Maya, ma soprattutto si discuteva di quanto sarebbe durato ancora Diego Cammarata a Palazzo delle Aquile e delle misteriose primarie (oggetto del desiderio) che avrebbero regalato a Palermo un Sindaco scelto dai cittadini e non dalle segreteria di partito. Raffaele Lombardo regnava ancora a Palazzo d’Orleans, sostenuto dal Pd e preparava la conquista di Palermo prima e la riconquista della Sicilia dopo. Peraltro, la Procura della Repubblica di Catania restava ancora acefala e bloccate inspiegabilmente erano le indagini sul successore di Totò Cuffaro, con in Giunta un paio di magistrati ed un ex questore.

Gesip ed Amia, Pdl e accoliti, Grand Commis della Sanità e Burosauri della Formazione professionale continuavano a credere nella propria eternità, come gli dei dipinti sulle volte di Palazzo Monteleone, descritti da Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo “….si credevano immortali. Nel luglio del 1943, una bomba costruita a Pittsburgh, dimostrò loro il contrario”.

Oggi mi chiedo se quella bomba ci sia stata o se sia stata un petardo.

Certo, dopo le discusse primarie e la scomparsa di Rita Borsellino dalla scena politica, la primavera ha regalato a Palermo il ritorno di Leoluca Orlando corroborato da una maggioranza mai vista in Consiglio comunale, frutto di una legge elettorale da altri concepita per fini diversamente ispirati.

Una caldissima estate si trasformava in rovente e mentre bruciava la discarica di Bellolampo, disseminando diossina su tutta la città, con essa cominciavano ad andare in fumo i primi entusiasmi, riconducendo con i piedi per terra una nuova classe dirigente pesantemente zavorrata dall’assenza di ogni risorsa economica, tenuta in ostaggio da centinaia di operatori Gesip e con le mani legate dai Commissari governativi nominati per Amia. Sopraggiungeva intanto la spending rewiev, impedendo l’ingresso nelle altre società partecipate di nuovi amministratori, ad eccezione dei quattro presidenti che, a differenza dei predecessori, accettavano di portare le rispettive croci, praticamente senza compenso e soprattutto obbligati a confrontarsi in consiglio di amministrazione con semplici impiegati comunali “nominati senza remunerazione”.

Finiva così nel nulla quella generosa corsa a presentare i curricula da parte di centinaia di giovani professionisti che avrebbero portato aria nuova nei noti “carrozzoni “ e magari, anche qualche buona e coraggiosa idea.

Tra le poltrone sfondate del suo ufficio a Palazzo delle Aquile il Sindaco riceveva durante il Festino il Cardinale Paolo Romeo che, rileggendo il motto che campeggia sulla facciata dell’edificio (Pereunt et imputantur- le ore passano e sono addebitate), invitava a non perdere tempo e a procedere ai necessari e rapidi cambiamenti attesi da una Città che si sveglia ogni giorno sempre più in ginocchio.

La fine dell’estate confinava ogni azione buona (parecchie) o cattiva (qualcuna) della nuova Giunta – un Dream Team in tono minore, “intergenerazionale e assolutamente rispettoso delle quote rosa” ma presto orbato del suo “uomo della Provvidenza”, il generale Marchetti – nelle seconde pagine per concentrarsi subito sulla competizione regionale.

Ed ecco ripartire la giostra delle candidature: lo scivolone farsesco di Claudio Fava e la supplenza generosa ma segnata della Marano, il “Don Chisciotte” Crocetta che prendeva il posto di un giovane tribuno palermitano che si era illuso di diventare Sindaco, mettendosi nelle stesse mani di coloro che avevano sostenuto il governo Lombardo. Nel Pdl andava in scena il grottesco teatrino tra polverosi galantuomini rassicuranti e ex leoni rampanti, eterni delfini mai diventati leaders.

Una campagna elettorale priva anche di una sola riga sul futuro della Sicilia, senza un programma anche finto presentato agli elettori, diventava immediatamente l’ennesimo “laboratorio politico”, il deserto del Nevada dove provare l’effetto delle esplosioni nucleari, lasciando ai siciliani, come al solito, le scorie radioattive, il teatro di posa dove svolgere le prove generali dei nuovi orientamenti degli elettori, in vista del dopo (?) Monti.

Su tale palcoscenico – ma quando smetteremo di esserlo? – compariva infine il Matto dei Tarocchi

“In origine questa carta rappresentava la stoltezza. Nei Tarocchi rinascimentali è rappresentata da un demente, preso in giro da un gruppo di ragazzini. Solo in seguito venne a rappresentare la follia, quando cominciarono a chiamarla ‘il Matto’ in analogia alla ‘matta’ di altri mazzi di carte tradizionali. Come simbolo esoterico la follia pura è ciò che permette di affacciarsi alla vita di nuovo per ricrearla dal principio. Lo sguardo perso simboleggia il distacco dalla realtà, la partenza senza destinazione; una sorta di limbo in cui non c’è alcuna certezza tranne la necessità di andare oltre.

E, puntualmente, il Matto è diventato il protagonista degli ultimi giorni della campagna elettorale. Giunto a nuoto attraversando lo Stretto più dibattuto del mondo e in cui nell’immaginazione di Stefano D’Arrigo vive la Fera, in quel momento distratta, ha riempito le piazze, ha fatto impallidire la genialità di Leoluca Orlando, la spregiudicatezza di Gianfranco Miccichè, il bolso buon senso di Nello Musumeci, la disperata corsa della Pasionaria Giovanna Marano.

Con straordinaria efficacia Beppe Grillo ha posto i siciliani davanti al nodo gordiano che nessun altro candidato ha saputo tagliare con la spada: o me o l’astensione. E, come lo scrivente profeta di sventura aveva previsto in un contestatissimo articolo pubblicato su questo giornale, http://www.linksicilia.it/2012/07/autonomia-siciliana-astensione-totale-alle-prossime-elezioni/, i siciliani hanno aderito: il 52% “è andato al mare” e il 48% si è diviso e suddiviso sino alla vigilia di un voto che ha visto il successo di Crocetta presidente e il Movimento 5 Stelle maggior partito dell’Isola.

Finita ogni residua speranza di entrare all’Ars per Italia dei Valori, – assediata dai debiti e dai precari nel Palazzo, nonostante ogni estraneità ai guasti perpetrati da Cammarata – azzerato ogni futuro per la Sinistra ormai confinata nel ricordo dei più anziani, imploso il Pdl giunto alla conclusione della propria ventennale avventura targata Berlusconi, il potere è rimasto nelle mani di chi lo ha sempre avuto in questi anni: la parte più trasformista del Pd e l’eterna Udc dei due forni che come nella Dc di Giulio Andreotti ha in Sicilia cuore, anima e voti.

All’opposizione, la nutrita pattuglia dei “grillini” ancora per molto tempo disorientati dall’enormità del ruolo assegnato loro dal voto e alla ricerca di un nuovo leader che sorga tra loro, non potendo certo ancora a lungo identificarsi con il proprio discusso Propulsore, ineleggibile a qualsiasi carica perché pregiudicato. E Cracolici e Lumia? Sorprese delle primarie Pd a parte, del primo si discute dello scranno più alto di Sala d’Ercole, del secondo di un ruolo certamente maggiore di quello che sarà riservato al segretario regionale del suo partito.

Nel frattempo si scatena la bufera su Di Pietro che ne segna il progressivo tramonto politico, ne mette in discussione la capacità di scegliere candidati e collaboratori e, soprattutto, il primato dell’intransigenza (come aveva vaticinato Pietro Nenni: “C’è sempre un puro, più puro di te, che ti epura”), nonostante gli assist di Santoro e dell’implacabile Travaglio. Beppe Grillo si rivela anch’egli un Pupo manovrato nell’ombra più che un Puparo. Nel firmamento Pd tramontano stelle, a volte comete, e si dibatte non più di rottamazione ma di finanza off shore.

Negli Stati Uniti viene rieletto, al cardiopalma, Barak Obama. Farà bene, non ho dubbi. Mi preoccupa il suo successore.

E’ allora, la bomba del 2012 è scoppiata o no? Il polverone che vediamo alzarsi dal Deserto è quello dei Tartari che, finalmente, arrivano o quello dei siciliani che fuggono armi e bagagli dalla terra “irredimibile” giunta al traguardo del default?

Ancora un mese e l’anno della svolta finirà. Sono stato a trovare Babbo Natale in Finlandia. Abita in una specie di Disneyland a Rovaniemi, appena varcata la linea immaginaria che segna l’inizio del Circolo Polare Artico. Riceve i turisti di tutto il mondo e si fa fotografare seduto sul trono, circondato da renne. Il Folletto poliglotta che lo assiste rivolge a tutti lo stesso monito: “Avete fatto i bravi bambini?” e quando il turista dai capelli grigi, in cui si agitano ancora i resti del sogno e dello stupore, si premura ad annuire, il Grande Vecchio, mille volte immaginato e finalmente incontrato, gli pone le manone sulle spalle e lo abbraccia, baciandolo sulle guance. A me sono mancati i cannoli.

Post scriptum

Ho letto ieri che Diego Cammarata è tornato (?) ad insegnare Diritto commerciale in un istituto superiore statale della Città. Ha dichiarato “in aula nessuno si ricorda che ero Sindaco”. Gli siamo grati di aver lasciato libera la memoria, almeno dei più giovani, per usi più proficui. A noi, più anziani e condannati a ricordare, questo regalo non potrà farlo e ci vorrà del tempo per consentirgli il pur sacrosanto diritto all’oblio…

 


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