Il ponte? Mollato pure da Berlusconi

L’ottava meraviglia del mondo: il ponte sullo Stretto di Messina. L’indignazione del deputato regionale del centrosinistra, Giuseppe Apprendi, a proposito del ponte sullo Stretto di Messina di qualche giorno fa, insieme a notizie di cronaca circa la città di Messina e la sua provincia così devastata da fenomeni naturali e meno naturali, cioè a causa dell’uomo, creano cortocircuiti informativi che destano stupore e inducono a riflettere, come lo stesso Apprendi suggerisce. “Non si può continuare a sostenere che per la Sicilia la costruzione del ponte sullo Stretto è la priorità assoluta. I drammi che questa terra continua a vivere devono fare riflettere.” (appunto). “Morti e distruzioni avvengono ormai tutte le volte che si abbatte un nubifragio. Soprattutto nella zona del Messinese, siamo di fronte ad un’emergenza che non può essere affrontata con strumenti ordinari. Occorrono ingenti risorse per evitare altre conseguenze mortali come quelle avvenute negli ultimi anni. La Sicilia – conclude Apprendi – ha bisogno di altre cose. Per esempio, la messa in sicurezza del territorio ed un progetto per migliorare la viabilità interna attraverso un piano ferroviario che dimezzi i tempi di percorrenza fra le principali città. Altro che ponte sullo Stretto!”.

Il ponte come Ground Zero…
Da qualche altra parte leggo quanto sostiene l’architetto del Ponte sullo Stretto, certo Daniel Libeskind: “Il progetto architettonico – dice – deve comunicare l’integrità spazio temporale della memoria del Mediterraneo, testimoniando la sua importanza come epicentro della storia e della cultura europea e del mondo. L’opera di attraversamento dello Stretto di Messina crea una connessione unica fra le due coste, offrendo al contempo una nuova possibilità di sosta in un luogo straordinario, un luogo fatto di contemplazione ma anche divertimento. Infatti il ponte è di per sé un oggetto che unisce, simbolizzando la libertà di movimento”. E aggiunge: “L’idea alla base del progetto è quindi di introdurre un ulteriore valore per il pubblico, creando un luogo di gioia e partecipazione capace di entrare nella vita di tutti i giorni. Un’opera così ambiziosa e meravigliosa deve saper dialogare con i cittadini e diventare centro di aggregazione e incontro tra culture. Questa è l’importanza e il significato del ponte del XXI secolo”. Libeskind ha accomunato il Ponte alla ricostruzione di Ground Zero, a New York, nel quale è attualmente impegnato.

Primo cortocircuito
L’Italia, anzi, la Sicilia come l’America! Qui verrebbe da sorridere, se non ridere, ripensando immediatamente alle parodie di Ficarra e Picone sullo stesso Ponte: “lo sappiamo che non è una cosa tua, una cosa mia, è una cosa nostra”. “Eppure per fare bella figura con i milanesi”, replica Picone a Ficarra, voglio proporre a Villa San Giovanni due sensori che riconoscano la macchina del milanese (beh, si riconosce, c’è la nebbia attorno alla macchina del milanese); il sensore manda l’impulso alle fontane che io voglio costruire sul ponte in modo tale che il milanese passando tra palme nane e fontane dica: ma guarda ‘sti siciliani…”. “Quando il milanese tra zampillii di acqua entrerà a Messina magari potrebbe trovare il cartello con scritto: “Hai visto l’acqua? Dimenticala!” “E se in Sicilia i politici ci hanno lasciato senz’acqua, non si dice! Cosa si deve pensare della Sicilia? Mafia, siccità… Ci resta la dignità del silenzio, almeno quella. Poi gli italiani ci criticano, ma noi abbiamo controllato: l’acqua c’è, c’è stato solo un guasto che è durato due secoli…”.  Oppure: “Ci siamo fatti questi chilometri ma a un certo punto un traffico all’uscire dalla città, in autostrada… tra l’altro l’autostrada Messina-Catania bloccata…  Poi non ti dico per arrivare a Gela che l’indicazione non c’è: guarda, mi credi?, non vedo l’ora che facciano il ponte così risolviamo tutti ‘sti problemi, non ce la faccio più…”.

Secondo cortocircuito
Ancora su altre pagine (National Geographic) Mario Tozzi s’interroga e dice: “Ma tecnicamente è realizzabile il ponte sullo stretto di Messina? Quando fu presentato il progetto definitivo (quello esecutivo ancora non esiste) il presidente della Nippon Steel (una “piccola”, come si può immaginare, multinazionale giapponese) avanzò il dubbio che non esistesse al mondo un acciaio così resistente. Anzi (testuale): “Che non esisteva ancora un materiale in grado di sopportare il peso previsto per la campata unica del ponte”. Pesa troppo? Presto fatto, ecco alleggerito il ponte e così due coppie di cavi da circa un metro e mezzo di acciaio dovrebbero farcela in condizioni di sicurezza: il ponte si può fare. E’ troppo alto? Lo abbassiamo. E’ brutto? Lo dipingeremo a fiorelloni di zagara, così si resta in tema regionale.
Ma c’è di peggio. Il ponte verrebbe assemblato per saldatura, procedimento meno costoso di quello con bullonatura o chiodatura a freddo, ma anche molto meno sicuro: tutti i modellini su cui sono state applicate sollecitazioni tipo sisma hanno mostrato rotture per fatica se saldati invece che bullonati. Franco Di Majo (già docente di Costruzioni Ferroviarie al Politecnico di Torino) fa notare che la saldatura induce tensioni nell’impalcato che, sommate alle tensioni da carico, renderanno vulnerabile la struttura. Inoltre lo stesso De Majo mostra perplessità sui giunti di estremità (lo studio dei quali risulta “non approfondito”) e sulle cerniere elastiche, a suo parere, praticamente irrealizzabili. Si dice: ma negli Stati Uniti e in Giappone i ponti si costruiscono, eppure sono aree sismiche. Si costruiscono, ma crollano pure in seguito a terremoti, come accaduto a Kobe, in Giappone, nel 1995. Per consolazione, però, il ponte sullo stretto di Messina sarebbe in grado di resistere egregiamente a un’esplosione nucleare che avvenisse fino a mezzo chilometro di distanza. Non esiste ancora al mondo un ponte a campata unica superiore a 1500 metri percorso da treni e quello di Messina, di metri, ne dovrebbe misurare 3360”. Infine, il caro Tozzi ci fa gli auguri, e qui c’è poco da sorridere, non abbiamo conoscenze tecniche così approfondite da contestare quanto viene sostenuto e la scienza ci fa sempre tremare di paura con i suoi assunti inconfutabili, non è mica filosofia!

Terzo cortocircuito
Le ultime notizie dicono che il Ponte sullo Stretto non si farà. Cito letteralmente, ancora una volta, da Antonio Mazzeo, Informare per resistere: “Questa, l’implicita ammissione contenuta in una lettera indirizzata, il 24 settembre scorso, dal premier Berlusconi al Presidente della Commissione europea Barroso. Nel documento, Berlusconi manifesta a Barroso la preoccupazione del governo circa la possibilità che il Mezzogiorno e la Sicilia in particolare possano essere escluse dalle nuove linee guida per le reti transeuropee di trasporto, ribadendo la centralità del corridoio 1 Berlino-Palermo quale asse di collegamento strategico tra il Continente e il bacino del Mediterraneo. Nessun cenno, o indicazione invece per il ponte. Un nuovo corso, quello seguito da Berlusconi, evidentemente consapevole dell’insostenibilità economica dell’opera, oltre che della condizione disastrata delle finanze statali”.
“Il Ponte non si può fare perché è un’idea astratta: va contro le leggi della fisica, dell’ingegneria, e persino contro le leggi dell’economia. Quindi è chiaro che non ci sono assolutamente le condizioni minime per realizzarlo. Ripeto, (ripete Mazzeo), è un grande mito su cui si sono costruite delle fortune politiche, e in ragione del quale si sono bloccate le possibilità di uno sviluppo alternativo concreto per una realtà che avrebbe avuto bisogno di altre risposte”.

Quarto cortocircuito
Quel contratto prevede in effetti una norma “anomala” in base alla quale se il governo dovesse recidere il contratto anche prima del completamento dei lavori, si pagherebbe una penale pazzesca, dell’ordine di 400 o 500 milioni di euro. Questa clausola, però, avrebbe valore solo nel momento in cui i lavori prenderebbero il via, cioè dopo che verrebbe approvato il progetto definitivo dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe). Sino a quel momento qualsiasi governo può revocare il contratto senza pagare la penale. Pertanto, è questo il senso delle battaglie che vengono proposte, dobbiamo impedire che un’enorme quantità di denaro pubblico vada al General Contractor senza che questo metta, ammesso che siamo d’accordo, neanche una pietra.
Che senso ha avere un’opera come il Ponte e trovarsi l’Italia in crisi, teatro di scontri come la Grecia?

Quinto cortocircuito
Eppure il ponte sullo Stretto rimane un grande Mito per i molti che forse non conoscono la già immensa mitologia di quel luogo particolare, con le sue straordinarie correnti sottomarine, orche e fere e caronti  e fate morgane tra Scilla e Cariddi: basterebbe leggere Stefano D’Arrigo, Orcynus Orca, o quel prezioso libro di Maria Corti, Catasto magico, o semplicemente un libro di storia. Intanto si può anche andare a visitare la ‘Mostra fotografica’ allestita a Messina dalle Ferrovie siciliane, inaugurata l’1 dicembre, intitolata “Sulle rotte del Mito”, percorso storico sulla navigazione nello Stretto e, se rimane del tempo, magari dedicare una buona passeggiata al Parco di Orcynus Orca, nato nel segno e nel nome di Stefano D’Arrigo, non solo spazio “fisico” ma anche  spazio mentale e spazio “tragico”, arricchito e gravato di millenari simboli, archetipi, mitologie che altri prima di D’Arrigo, da Omero in poi, hanno vissuto e narrato. Dove come tagli di remo nello Stretto, mito e cronaca, tempo remoto e tempo presente, superficie e abisso, memoria e oblio, compongono una geografia fantastica, eppure assolutamente reale, un abbraccio amoroso e tormentato tra isola e continente, divisi e legati da quel mare che da una riva rimanda all’altra il suo nec sine te nec tecum vivere possum.

Gli elefanti di Cartagine
L’idea di collegare in modo stabile la Sicilia al Continente ha origini immemorabili. Gli antichi romani avevano probabilmente realizzato un ponte su barche,  che, racconta Plinio il Vecchio, sarebbe servito per trasbordare dalla Sicilia 140 elefanti catturati ai Cartaginesi nella battaglia di Palermo, anche se fu subito demolito perché impediva il passaggio delle navi nello Stretto; successivamente vari governanti nel corso dei secoli ebbero lo stesso proposito, tra gli altri Carlo Magno e Roberto il Guiscardo, ma le oggettive difficoltà dovute alle condizioni ambientali dello Stretto caratterizzate da fondali marini irregolari e molto profondi (oltre i 100 metri), da tumultuose correnti marine e da forti venti in una zona ad elevata sismicità, fecero sì che la costruzione di un ponte rimase una sfida quasi impossibile per l’ingegneria del tempo. Nel 1840 anche Ferdinando di Borbone, Re delle due Sicilie, pensò alla realizzazione del ponte, incaricando un gruppo di architetti e ingegneri dell’epoca, ma dopo avere constatato la fattibilità rinunciò per l’eccessivo costo dell’opera, non ammortizzabile per le casse del Regno.

Il tunnel a mezz’acqua
Progetti e proposte si sono susseguiti dall’Unità d’Italia fino alla seconda guerra mondiale, progetti sono stati elaborati nel secondo dopoguerra fino ad arrivare al Concorso Internazionale di Idee del 1969, nato ad hoc per favorire la presentazione di progetti sul ponte, vinto ex-aequo da sei grandi gruppi tra i quali forse ricordiamo Grant Alan and Partners, Covell and Partners, Inbucon International “Tunnel a mezz’acqua ancorato al fondo mediante cavi in acciaio”, progetto che prese successivamente il nome di ‘Ponte di Archimede’. Tale struttura verrebbe costruita completamente immersa nell’acqua, ad una ventina di metri dalla superficie e sostenuta per la maggior parte dalla spinta di Archimede (da cui il nome). In questo caso la struttura potrebbe essere più snella, visto che le sollecitazioni sismiche di un eventuale terremoto sarebbero smorzate o eliminate (a seconda del tipo d’onda) dalla presenza del liquido intorno.
Ha vinto perché è l’idea più fantastica e non crea impatto ambientale, ma non è stata realizzata a causa di ingerenze non meglio specificate. La recente parte della storia è sui quotidiani. Quello che forse non tutti sanno è che esiste persino una storia a fumetti Disney “Zio Paperone e il ponte di Messina”, realizzata da Giorgio Pezzin e Giorgio Cavazzano, apparsa la prima volta su Topolino n° 1401 del 3 ottobre del 1982, dove il Papero più ricco del mondo decide di cimentarsi con la costruzione dell’opera, ma dopo avere visionato vari progetti fallimentari tenta di risolvere il problema usando dei coralli che crescono a supervelocità, allevati da un pescatore locale!

 


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