La Fata, la Procura identifica i due vigili Benzinaio: «Nel video non si vede la scena»

La Procura della Repubblica di Catania indaga sulla morte di Salvatore La Fata, l’operaio edile morto dopo essersi dato fuoco a seguito del sequestro da parte dei vigili urbani della frutta che vendeva in piazza Risorgimento. Le indagini sono partite successivamente alla denuncia presentata dalla moglie che accusa i vigili di omicidio colposo e omissione di soccorso. Ma il fascicolo è stato aperto contro ignoti. Anche se i due vigili urbani che hanno effettuato i controlli alla bancarella di La Fata sono stati identificati dai magistrati.

Il sostituto procuratore a cui è stato assegnato il caso è Agata Consoli. «Sta facendo tutto il possibile, le indagini stanno andando avanti a 360 gradi», commenta l’avvocato della famiglia La Fata, Francesco Marchese. Secondo alcune testimonianze – innanzitutto quella di una donna che stava comprando la frutta da Salvatore La Fata – l’ex operaio avrebbe minacciato di darsi fuoco davanti ai vigili urbani e uno dei due avrebbe risposto: «Accattiti a benzina, ma spostati più in là». La stessa versione è stata data da due persone intervenute alla trasmissione della Rai Chi l’ha visto.

Una prova determinate potrebbe essere rappresentata dal video delle telecamere a circuito chiuso dello stabilimento di benzina. Secondo quanto dichiarato da alcuni familiari il giorno in cui La Fata si è dato fuoco, i carabinieri avrebbero sequestrato le riprese. Circostanza smentita adesso da Salvatore Salamone, titolare dello stabilimento Eni di piazza Risorgimento: «Quella stessa mattina i carabinieri sono venuti a visionare il video, ma le telecamere non inquadrano il luogo in cui è avvenuto il dialogo con i vigili urbani e dove l’uomo si è dato fuoco. Quindi non è stato sequestrato». Le indagini della Procura dovranno chiarire anche dove La Fata abbia preso la benzina. Se, come dice il benzinaio, avesse già in macchina una bottiglia con il liquido infiammabile o se invece sia andato a prenderla proprio al distributore come hanno raccontato i presenti nei momenti successivi all’accaduto.


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Le indagini, affidate al sostituto procuratore Agata Consoli, sono partite dall'esposto presentato dalla moglie dell'operaio edile morto dopo essersi dato fuoco in piazza Risorgimento. Secondo il titolare dello stabilimento Eni, le riprese delle telecamere a circuito chiuso non sono state sequestrate dai carabinieri perché non inquadrano il luogo in cui è avvenuto il fatto

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