Ragusa, Ibla buskers compie vent’anni Evoluzione di un festival «nato per caso»

«Un bilancio delle prime 19 edizioni?». Francesco Pinna non può trattenere una sincera risata. Lui è presidente dell’associazione Edrisi, l’ente che organizza Ibla buskers, il festival delle arti di strada che dal 1994 anima le strade del centro storico di Ragusa. Dal 2 al 5 ottobre gli artisti di 18 compagnie provenienti da tutto il mondo si incontreranno per la ventesima edizione dell’evento del quale CTzen è mediapartner. «Ibla buskers è nato quasi per caso – racconta Pinna – Eravamo un’associazione culturale e nei primi anni ’90 organizzavamo concerti a Ragusa. In quel periodo c’è stato un cambio di giunta e abbiamo provato a proporre qualcosa che potesse ravvivare Ragusa Ibla».

Il centro storico ragusano negli ultimi 50 anni ha vissuto dei momenti di vera e propria crisi. «Dagli anni ’60 Ibla ha iniziato a svuotarsi, le persone hanno iniziato a trasferirsi nella zona nuova. Negli anni ’80 era quasi un quartiere fantasma con duemila abitanti». Poi, complice una legislazione di forte sostegno alle ristrutturazioni, ricomincia un discreto fermento. «Abbiamo pensato a qualcosa che potesse valorizzare Ibla – prosegue Francesco Pinna – Un festival di arti di strada ci sembrava una cosa buona». Prende vita quello che era partito come un esperimento. «Abbiamo messo su un piccolo cast, la prima edizione fu un successo straordinario – ricorda il presidente – Da allora siamo cresciuti e abbiamo deciso di continuare, perché il successo era innegabile».

Attorno agli organizzatori, la città, il mondo circense e lo stesso festival si evolvono. «In questi vent’anni Ibla si è trasformata. Oggi è un sito patrimonio Unesco. Si è trasformata anche l’arte di strada – continua il presidente dell’associazione – Inizialmente in Italia era appiattita sui cliché medievali. Oggi parliamo di un nuovo circo, con una commistione tra arti circensi, danza e musica». E crescono anche gli artisti. «Prima erano autodidatti, adesso tutti frequentano scuole, ne sono nate anche in Italia». Uno dei punti di forza di Ibla buskers è aver seguito la corrente, così «anche il festival si è trasformato». Ma l’evento ha mantenuto uno dei capisaldi, quella che il fondatore chiama «l’intuizione»: «Abbiamo privilegiato tanti angoli e tante piazzette sconosciute ai più. Si è creata questa magia che ha fatto sì che il festival avesse successo».

Anno dopo anno, Ibla buskers è diventato un momento fondamentale per la vita culturale non solo della Sicilia. «Il nostro pubblico è variegato, va dalle signore in carrozzella ai giovani con piercing», precisa Pinna. Ma il percorso, nel tempo, non ha risparmiato problemi. «Abbiamo affrontato mille difficoltà», ammette Francesco Pinna. «Dipendendo dai fondi pubblici abbiamo avuto alti e bassi, tagli di contributi e altro. Siamo in balia degli umori politici – sospira – Siamo legati ai loro finanziamenti. Molte volte abbiamo minacciato di non fare il festival o di spostarlo da altre parti». Uno dei momenti più critici è arrivato due anni fa, quando i finanziamenti stimati non avrebbero potuto far realizzare l’evento. «Per fortuna la nuova amministrazione (guidata da Federico Piccitto del Movimento 5 stelle, ndr) ci sta sostenendo. E, in effetti, sarebbe miope rinunciare ad avere a ottobre 60mila persone in giro per la città».

Per l’edizione 2014 il budget impegnato è di 40mila euro. Una somma di gran lunga lontana dai duemila euro chiesti dall’associazione Gammazita al Comune di Catania per realizzare Ursino buskers; soldi negati dagli amministratori perché fuori dal bilancio degli eventi estivi, nonostante l’assessore alla Cultura etneo Orazio Licandro abbia parlato di un festival «fortemente voluto». Se quello catanese è stato un evento realizzato solo grazie all’apporto dei volontari, il fratello maggiore ibleo può contare su un capitolo di spesa proveniente da fondi regionali che permette di pagare cachet alle compagnie invitate, oltre al vitto, all’alloggio e alla logistica. Il consiglio ai colleghi catanesi è quello di ottenere dei finanziamenti, anche se – riconosce – è difficile. «Ma farlo da soli, senza soldi, è quasi impossibile. Ogni cosa ha un costo e quando passa l’entusiasmo non ce la fai più».

Se si ferma a riflettere, Francesco Pinna ammette che quello creato è «un miracolo». Compiuto grazie a qualche accortezza – «in estate avremmo la concorrenza di altri festival in giro per l’Europa, a ottobre abbiamo destagionalizzato l’offerta turistica» – ma anche in virtù di un approccio lontano dalla voglia di fare soldi. «Non si respira aria di business, gli artisti non sono dei numeri. Qui si crea un rapporto vero», afferma con passione. Anche se un circuito economico, inevitabilmente, si crea. «L’evento è grosso, arrivano persone anche dall’estero che passano qui le ferie e poi tornano per il festiva. È un’opportunità notevole per le attività commerciali e alberghiere».


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