Dalla «finanza creativa» di Scapagnini alle «invenzioni per avere i soldi» di Stancanelli. Nell'ultimo decennio i conti di Catania, passata attraverso tre giunte di centro-destra, sono sempre stati sotto la lente della magistratura. Con un centinaio di indagati ma, finora, poche condanne. Nel Comune sempre alle prese con la ristrettezza economica, ma con quasi 4mila dipendenti che costano circa 100 milioni all'anno
Comune, i bilanci da 13 anni sotto indagine Dalla città al buio agli autobus non assicurati
Per ogni poltrona, in omaggio un’indagine giudiziaria. Succede da 13 anni agli amministratori del Comune di Catania e ai suoi primi cittadini. Quasi una sorta di maledizione ma che finora si è chiusa con una sola condanna non definitiva, quella arrivata in appello nell’aprile 2014 per l’ex ragioniere generale Vincenzo Castorina. E che continua fino a oggi, o meglio qualche settimana fa, con l’indagine e i relativi avvisi di garanzia a carico dell’ex sindaco Raffaele Stancanelli e di altre 19 persone tra ex assessori e dirigenti. Sullo sfondo ci sono tre legislature del centro destra, una città finita spesso al buio con i lampioni accesi a macchia di leopardo, l’azienda del trasporto pubblico in deficit che nel 2008 mandava i suoi autobus in giro senza assicurazioni perché mancavano i soldi per pagarle e poi un indebitamento che nello stesso anno avrebbe toccato quota un miliardo di euro.
«Finanza creativa». Così, nel 2003, l’allora procuratore capo Vincenzo D’Agata etichetta l’indagine nei confronti di 47 amministratori etnei, tra cui l’ex medico di Berlusconi e allora sindaco, Umberto Scapagnini (deceduto nell’aprile 2013) e Castorina. Ma a processo finiscono meno della metà degli indagati, tra cui 13 ex assessori. Condannati in primo grado per falso ideologico nel 2011, poi assolti in appello. In mezzo, nel 2010, l’archiviazione del capo d’imputazione più grave, cioè quello di abuso d’ufficio. Il processo inizia dopo i rilievi della Corte dei Conti sul bilancio consuntivo del 2003. Operazioni, secondo l’accusa, messe in atto per «far quadrare i conti».
«Abbiamo inventato un elenco di cose per avere i soldi». È rimasta celebre la dichiarazione del successore di Scapagnini, Raffaele Stancanelli, al giornalista della trasmissione televisiva Report Sigfrido Ranucci. Siamo negli anni del super crac, quando su Palazzo degli Elefanti spunta una timida luce, trasformatasi presto in un miraggio: nel 2008, per far fronte all’emergenza finanziaria dell’ente, arriva il dono dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Una manna dal cielo di 140 milioni di euro di fondi Fas che il Cipe doveva destinare alle aree sottosviluppate per la realizzazione di alcune opere urgenti. Soldi che in realtà ai piedi dell’Etna vengono utilizzati per evitare il dissesto finanziario, coprendo i disavanzi degli anni passati. La procura apre un fascicolo per valutare la solidità di un’accusa di falso in atto pubblico per Stancanelli, allora sindaco e senatore Pdl in quota Alleanza nazionale. Ma la vicenda si conclude con un nulla di fatto. Un processo tuttavia va ancora avanti. Riguarda i bilanci preventivi che vanno dal 2006 al 2008. Falsi, anche questi secondo la procura di Catania, con tanto di entrate gonfiate e società in profondo default. Nel 2012 sono 27 gli avvisi di garanzia e nove gli imputati, accusati anche in questo caso di falso ideologico.
Cenere e contributi. Il rapporto con il denaro è quasi un atavico problema per gli amministratori catanesi. Sempre a proposito di fondi, nel 2012 arriva la condanna in Cassazione per la vicenda cenere vulcanica. Quando una pioggia di terra proveniente dalla montagna, durante un’eruzione datata 2002, si trasforma in manna per dipendenti comunali. Beneficiari, a tre giorni dalle elezioni amministrative del 2005, di una pioggia di contributi. Un bonus variabile dai 300 ai 1300 euro concesso dall’allora sindaco Umberto Scapagnini, poi rieletto, e da sei suoi assessori. Acrobazie contabili con i soldi che pochi mesi dopo vennero chiesti indietro, perché Catania non figurava tra i Comuni beneficiari dei fondi per l’emergenza cenere.
I debiti da ieri a oggi. E domani? L’ultima tappa dei conti di Palazzo degli Elefanti è cronaca recente e riguarda ancora l’ex sindaco Raffaele Stancanelli e altre 19 persone. I numeri finiti sotto la lente d’ingrandimento sono quelli dei bilanci che vanno dal 2009 al 2011. Anche in questo caso, la solita routine: secondo gli investigatori, ci sarebbe stata un’alterazione per evitare la dichiarazione dello stato di dissesto dell’ente e il conseguente scioglimento del consiglio comunale. I debiti presenti, passati e futuri, intanto, nonostante il vortice giudiziario che da oltre un decennio li accompagna, continuano ad aleggiare sul barocco del centro e sui quartieri periferici in un Comune che, secondo i dati riportati sul portale dell’amministrazione, conta 3795 dipendenti che costano circa 100 milioni di euro all’anno.