Accertato un debito di alcuni milioni di euro verso la ditta, ma nessuna presenza di sostanze inquinanti pericolose per l'uomo. Tanto che «il materiale verrà usato per la spiaggia di Carlentini, dopo severi controlli», sostiene il commissario straordinario dell'Autorità portuale Giuseppe Alati, che interviene sulla vicenda dei lavori alla darsena del porto etneo
L’Autorità portuale risponde alla Tecnis Giuseppe Alati: «Nessun fango tossico»
Ammette un debito nei confronti della società Tecnis che sta realizzando i lavori per la nuova darsena all’interno del porto di Catania, ma nega in modo assoluto la presenza di fanghi tossici nei fondali marini oggetto di dragaggio in questi mesi. A parlare è il commissario straordinario dell’Autorità portuale etnea Giuseppe Alati che interviene sull’allarme lanciato dalle pagine di LivesiciliaCatania circa la presenza di materiale nocivo per l’uomo all’interno del porto. «Nessuno ci ha comunicato la presenza di pericolosi fanghi tossici, lo scopriamo dai giornali», afferma. «La Tecnis anzi utilizzerà il materiale estratto per il ripascimento costiero nella zona di Carlentini. Per farlo però – aggiunge – deve rispettare degli standard di pulizia importanti. Non può certamente contenere fanghi tossici».
È stupito dalla vicenda il commissario, «perché la società sa benissimo che ci sono una serie di percorsi di monitoraggio legati a soggetti terzi come l‘Arpa, l’Ispara, la Sovrintendenza al mare e la Capitaneria – dichiara – Il sistema di dragaggio inoltre è in corso da mesi. Per questo abbiamo chiesto spiegazioni ufficiali con una nota del responsabile unico del progetto, Riccardo Lentini». Il materiale estratto dal fondale del porto etneo sarebbe quindi talmente pulito da potere essere utilizzato per diventare parte della costa carlentina, ma non tutto. Una parte di questo – «una minima parte che comunque è almeno dieci volte al di sotto dei limiti di inquinamento consentiti dalla legge», dice a CTzen il commissario straordinario – non verrà destinata al ripascimento, ma «come materiale di riempimento del piazzale permettendoci di evitare di fare arrivare altro materiale dalle cave e quindi di risparmiare», spiega.
C’è poi un’altra questione irrisolta con la società Tecnis: il mancato pagamento delle spettanze per i lavori compiuti da molti mesi. Un problema di natura bancaria che sembra forse aver trovato una soluzione. «Non è che non vogliamo pagare, ma non abbiamo la liquidità. La banca, infatti, la Dexia crediop, ci ha negato il mutuo che serviva a garantire i fondi necessari», spiega. Era il mese di aprile e l’ultimo pagamento alla ditta «di circa un milione e mezzo di euro, è stato effettuato nel mese di marzo», spiega ancora. Da aprile a maggio si sviluppano le trattative per la rescissione del contratto con la banca «e, finalmente, alla fine di maggio tutto si sblocca e il ministero si attiva per trovare canali alternativi per i fondi», dice ancora Alati. Ad oggi però nulla si è mosso e la Tecnis è ancora in attesa del suo credito. «Ma la società conosce bene la situazione e da sempre», sostiene ancora Alati.
Secondo i dati forniti dall’autorità portuale, il debito per lavori contabilizzati fino al 30 maggio 2014 è di circa 16 milioni di euro. Su circa 65 milioni dovuti, ne sono stati pagati 49. L’importo totale dei lavori è invece di circa 81,5 milioni. Per tentare di sbloccare la situazione il commissario fa sapere di avere inviato «una nota puntuale al ministero perché, entro una certa data, se non arrivano i soldi, faremo bloccare i lavori». Una data che non è dato conoscere, ma che «è molto prossima», assicura il commissario.