«Lo scoglio più duro resta il riconoscimento di essere autori di violenza o di avere problemi di aggressività e gestione degli impulsi», analizza a MeridioNews Giorgio Ferrara, lo psicologo e psicoterapeuta che si occupa della struttura di via Eleonora D'Angiò
A Catania ha aperto un centro per uomini maltrattanti «Limitarsi a punire non funziona, serve prendersi cura»
Da qualche mese a Catania è attivo un centro di ascolto, sostegno e cura per gli uomini maltrattanti. Il secondo nell’Isola dopo quello aperto a Bagheria nel 2015. «Il primo passo fondamentale è che gli uomini prendano consapevolezza e accettino la definizione di maltrattanti e di autori di violenze», spiega a MeridioNews lo psicologo e psicoterapeuta Giorgio Ferrara che si occupa del centro etneo. Un cambio di prospettiva: la violenza sulle donne è un problema maschile. Ancora troppo spesso l’accento si pone sulle vittime, su quello che dovrebbero fare o non fare, su come potrebbero evitare di diventare vittime, su quando dovrebbero denunciare. Più complicato è pensare a come agire sugli uomini che su quelle donne hanno fatto violenza. «Quello che oramai è evidente – sottolinea Ferrara – è che limitarsi a punire il maltrattante non serve e non funziona». A confermare l’inefficacia di un approccio solo punitivo sono le altissime percentuali di recidive.
Finora sono quattro gli uomini presi in carico che arrivano al centro etneo su invio da parte del tribunale, sia nel caso di sospensione della pena che in quello di un patteggiamento. «Il giudice indica che il percorso deve durare come minimo sei mesi – riferisce lo psicologo – ma è vero pure che la valutazione andrebbe fatta caso per caso perché è un lavoro su di sé in cui ciascuno dovrebbe anche rispettare le proprie tempistiche». Al momento, dunque, gli utenti iniziano a frequentare il centro su disposizione del tribunale e non sulla base di una scelta volontaria. «Il nostro auspicio – sottolinea Ferrara – sarebbe un cambio culturale in questo senso che consentirebbe di puntare di più sull’aspetto della prevenzione. Perché è proprio la questione che dovrebbe essere letta in modo diverso: da un punto di vista esclusivamente punitivo a una di presa in carico e cura da parte di chiunque riconosca di avere un problema di aggressività e di controllo degli impulsi». Non solo uomini, non solo violenza nei confronti delle donne, anche atteggiamenti aggressivi verso le cose. Perché la matrice è spesso la stessa e ha radici nella volontà di dimostrare un certo tipo di forza e di potere sugli altri.
Al momento, a Catania il centro – che si trova al civico 91 di via Eleonora D’Angiò – è aperto un giorno a settimana (il giovedì). «Ogni percorso individuale – analizza lo psicoterapeuta – parte dalla valutazione sia psicodiagnostica che delle reale motivazione che anima la persona. A ciascuno chiediamo di assumere un impegno reale, di mettersi davvero in gioco per arrivare a costruire una coscienza di soggetto maltrattante. Questo – aggiunge – resta lo scoglio più duro». Il primo passo è dunque il riconoscimento delle azioni compiute, delle intenzioni che le hanno mosse e delle conseguenze che hanno generato in chi le ha subite. Ed è solo a questo punto che «inizia il percorso di elaborazione e riabilitazione personale e relazionale». Tra le cose da indagare c’è anche l’origine del comportamento violento. Dopo una prima fase individuale, sono previsti anche incontri con laboratori di gruppo. «Ci sono uomini di ogni estrazione sociale e di ogni fascia d’età, anche se la percentuale più alta è di under 25. La maggior parte – conclude Ferrara – è stato a sua volta maltrattato o assistito a scene di violenza». Un circolo pericoloso, da interrompere. Per questo il centro di Catania sta cercando di diffondere questa cultura della consapevolezza e dell’autoinvio.