C'è Franchina che mette a disposizione la sua casa per recitare il rosario. Meri che continua a lavorare per vivere, nonostante l'età. Wonder-Maurizio che indossa gli abiti succinti come il medico il camice. E Marcella, cartomante nel tempo libero. Prostitute, ma soprattutto uomini che abitano e animano la zona etnea da decenni. Adesso la loro storia viene raccontata in un documentario della regista Maria Arena. Che anticipa: «Ormai mi sento una di San Berillo, ho intenzione di creare un laboratorio teatrale per gli abitanti del quartiere». Guarda le foto
Le belle di San Berillo, vita da trans in un film Arena: «Racconto l’umanità del quartiere»
«Ho conosciuto il quartiere di San Berillo attraverso i racconti di Goliarda Sapienza. La curiosità mi ha portata a cercare i luoghi raccontati, la casa dove la scrittrice ha vissuto. Una volta entrata nel quartiere ho deciso di girare un documentario». Con queste parole Maria Arena ha presentato al teatro Coppola il suo primo documentario: Le belle di San Berillo. Un film indipendente e autoprodotto che la regista catanese ha cominciato a girare cinque anni fa e che sarà completato nel 2014.
«Per tutti San Berillo è un quartiere fatto di pietre e puttane», spiega Arena. «Ho voluto raccontarlo attraverso le storie di alcuni trans che lì si prostituiscono da decenni». Le belle di San Berillo sono proprio i transessuali che raccontano la loro vita dentro e fuori il quartiere. Una quotidianità fatta di emarginazione, paure, desolazione ma anche fede, amore e tanta ironia.
Francesco Grasso, Meri, Wonder e Marcella sono alcuni dei protagonisti del film, seduti nelle prime file del teatro Coppola, poco dopo si prendono il palco. Francesco Grasso, conosciuto come Franchina, legge alcuni passi del suo libro, Davanti alla porta, in cui ha raccontato buona parte della sua vita a San Berillo. «La mia casa è di tutti, è lì che ci raduniamo insieme alle suore per recitare il rosario. È un po’ la chiesa del quartiere».
Meri è la più anziana del gruppo, lavora a San Berillo da oltre cinquantanni, ha i capelli bianchi e un’ironia sfacciata. Le chiedono perché alla sua età lavora ancora: «E’ con la pensione sociale che devo farci? Come dovrei campare?» risponde con naturalezza. Quando le viene chiesto qual è la cosa più importante nella sua vita non ha dubbi: «La famiglia. Mio figlio, i miei tre nipoti e i sette pronipoti».
Guarda le foto di backstage del film Le belle di San Berillo di Maria Arena
Wonder, invece, è un giovane ragazzo, alto e magro. Ci tiene a sottolineare che il suo nome è Maurizio, che per lui il vestito da donna è come il camice per il medico. «Indosso il mio abito e divento Wonder. Nella mia vita ho accolto tutti, dal giudice al mafioso. Ho cominciato da adolescente perché mi piaceva e mi divertiva». Infine, tocca a Marcella che si definisce «ex bella». Per lei prostituirsi è un mestiere come un altro, anzi forse meglio di tanti altri: «Faccio qualche soldo e in più faccio l’amore, cosa c’è che non va?». Marcella ha con se un mazzo di carte, ha una passione per la cartomanzia e l’astrologia. Fa le carte per San Berillo e sentenzia: «Tra il 2017 e il 2020 ci sarà una persona influente che farà rinascere il quartiere ma non ci sarà più spazio per le puttane».
I dialoghi tra la regista e i travestiti sono zuppi di battute e ironia, pronomi e aggettivi vengono coniugati sia al maschile che al femminile anche se ci si rivolge alla stessa persona. Un’ambiguità linguistica che sottolinea come non sia il genere ma l’umanità ad essere importante. «Il mio documentario vuole raccontare proprio questo, l’umanità che vive a San Berillo nonostante per alcuni il quartiere sia ormai morto», precisa Maria Arena.
Il punto di vista delle trans offre delle nuove prospettive, non solo la prostituzione e la violenza ma anche la solitudine, la solidarietà, la fede e le processioni religiose. Le loro sono storie dindividui ai margini che lottano per riguadagnarsi la normalità. Per dirla con le parole di Francesco Grasso: «Non sono nessuno, sono solo un travestito. Ci mostriamo come dei ricci, ma dentro siamo fragili come farfalle».
A lavoro con la regista, che da anni ormai vive a Milano, ha lavorato una troupe di professionisti che hanno fortemente creduto nel progetto. Tra loro anche Josella Porto che ha collaborato alla scrittura della sceneggiatura. La colonna sonora è stata firmata da Stefano Ghittoni, dagli Uzeda e da Cesare Basile. Tra i tanti che hanno contribuito alla realizzazione del film anche alcuni studenti dell’Accademia delle belle arti di Catania che si sono occupati delle foto del backstage e gli studenti di Radio Zammù che hanno prestato la voce per alcuni audio.
«Ormai mi sento una di San Berillo», dice Maria Arena. «Il prossimo anno uscirà il film ma ho voglia di continuare a lavorare con loro. Dopo mesi passati in quei vicoli, nelle loro case, ho intenzione di creare un laboratorio teatrale per gli abitanti del quartiere».
[Foto di Jacopo Gregori e Corrado Vasquez]