Antincendio, le perplessità attorno ai droni della Regione Funzionario: «Buoni per uso ricreativo, non con vento forte»

«Quanto migliorerà la situazione? Che posso dirle, vedremo come andrà». Tre giorni dopo la nota con cui l’assessore Toto Cordaro ha ufficializzato i risultati – già diffusi il 5 maggio da MeridioNews – della gara per l’affidamento del servizio antincendio aereo iniziano a emergere i primi distinguo. In verità a far sollevare i sopraccigli non sono tanto gli elicotteri privati che per il quinto anno consecutivo – e nel 2023 la situazione non cambierà considerato che per la prima volta è stata fatta una gara biennale – saranno forniti dalle ditte Helixcom e E+S Air, ma l’annuncio del dispiegamento di una flotta di novanta droni, chiamati a monitorare il territorio siciliano. «Il contributo sarà fondamentale», ha detto Cordaro, specificando che verranno utilizzati per la prevenzione e raccolta delle informazioni. A guidarli sarà il personale del Corpo forestale, che proprio la scorsa settimana ha completato un corso di formazione affidato dalla Regione a una cooperativa di Corleone per la cifra di quasi 43mila euro. Le domande che però aleggiano dal momento in cui le agenzie hanno battuto l’annuncio dell’assessore della giunta Musumeci sono due: quale contributo potranno dare i droni per scovare piromani? Quanto riusciranno a velocizzare le operazioni d’intervento delle squadre chiamate a spegnere i roghi che l’anno scorso sono tornati a mettere in ginocchio l’isola?

«Sinceramente sono molto perplesso per il tipo di strumentazione che verrà utilizzata». A parlare a MeridioNews, con la richiesta di rimanere anonimo, è un funzionario del Corpo forestale. Quello dei droni non è un acquisto delle ultime settimane: già nel 2021 la Regione aveva speso circa 60mila euro per dotarsi degli aeromobili a pilotaggio remoto, ma il loro impiego su larga scala dovrebbe avvenire a partire da quest’anno. «Nulla in contrario sulla possibilità di sfruttare la tecnologia, ma il timore mio e di molti tra i miei colleghi – rivela il funzionario regionale – è che si tratti di droni di buona qualità ma per uso ricreativo, non per svolgere compiti delicati come quelli relativi alle attività antincendio». I motivi all’origine delle perplessità sembrano essere più di uno: «Chi lavora in questo settore sa che le condizioni più favorevoli per la propagazione dei roghi sono le giornate in cui il vento soffia forte – commenta – è normale chiedersi questo tipo di drone se riuscirà a volare in quelle condizioni e se il personale a terra potrà realmente gestirlo», va avanti. Problema che diventerebbe insormontabile nei casi in cui sarà necessario fare intervenire gli elicotteri per gettare acqua dall’alto: «Per questioni di sicurezza non potranno volare», taglia corto il funzionario.

Eppure, a quanto pare, delle alternative sarebbero state valutate nel recente passato. «So per certo che gli uffici hanno lavorato a un progetto pilota che prevedeva l’uso di droni di livello superiore, prodotti da aziende specializzate nelle attività di sorveglianza, ma poi non se n’è fatto nulla». Il riferimento va ai cosiddetti tethered drones, droni che hanno la caratteristica di essere legati a un cavo. A vederli in azione il pensiero va agli aquiloni, ma assicurano dei vantaggi che i droni più comuni – quelli che trovano sempre più spazio nelle case degli appassionati di fotogafie e che vengono utilizzati per le cerimonie come i matrimoni – non hanno. «Innanzitutto si eviterebbe il rischio di perderli per via del forte vento o di altre condizioni sfavorevoli ma c’è da considerare anche la questione dell’autonomia. Il modello tethered consente un’alimentazione continua, mentre quelli che utilizzeremo non potranno volare per molto tempo con il rischio di doverli richiamare a terra in momenti concitati».

I piani del governo Musumeci vedono la dislocazione di un drone per singolo distaccamento. Nell’isola ce ne sono un’ottantina. A loro se ne aggiungerebbero altri dieci di supporto. «Il progetto pilota avrebbe dovuto rappresentare una sperimentazione, per poi valutare la possibilità di estenderlo nel resto della regione». A fare da laboratorio sarebbe dovuta essere la zona di Altofonte, nel Palermitano. A trovare posto sarebbero state anche delle termocamere che, grazie alla capacità di monitorare la temperatura del suolo, avrebbero dovuto facilitare l’individuazione degli incendi. «La morfologia del territorio siciliano, per via dei molteplici rilievi, non favorisce l’uso delle termocamere, però sarebbe valsa la pena tentare», sottolinea il funzionario. 

Inevitabile a questo punto chiedersi quale sia stato il motivo che abbia deviato su un binario morto il progetto pilota. La ragione per quella che sembrerebbe essere stata una bocciatura ancor prima dell’esame. Una delle ipotesi potrebbe stare nei costi: un drone con cavo e attrezzato per essere utilizzato in condizioni non favorevoli hanno prezzi che possono arrivare anche a diverse decine di migliaia di euro e anche le termocamere rappresentano un investimento non di poco conto. Eppure, stando a quanto sostenuto dal funzionario, in una certa fase l’assessorato avrebbe valutato lo stanziamento di un’importante cifra. «Si parlava di circa due milioni di euro, poi però si è deciso di puntare sui droni più comuni. Il motivo? Non lo sappiamo», assicura il funzionario.

Nell’attesa di conoscere se e quanto i droni torneranno utili, ieri la stagione antincendio ha registrato il primo intervento degli elicotteri privati. Il lancio è avvenuto nel territorio compreso tra Montemaggiore Belsito e Caccamo, con il mezzo che è partito dall’aeroporto di Boccadifalco. Al momento è solo uno l’elicottero messo a disposizione dalle due imprese aggiudicatarie della gara. L’obiettivo, da quanto trapela dalla Regione, è quello di averne cinque entro fine mese, per poi arrivare a dieci per la prima metà di giugno.


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