2012, il lavoro che nel mondo non c’è più

E ora che avremmo scoperto la “particella di Dio” che spiega l’inizio di tutto? Che ce ne facciamo? Peter Higgs, lo scienziato scozzese che lo aveva previsto e gli altri scienziati di Ginevra che hanno confermato che aveva ragione, possono forse con la scoperta “dell’inizio del mondo” scongiurare “la fine di questo mondo”?

Non vogliamo disturbare i salti di gioia dei bravi scopritori del bosone di Higgs, ma bisogna abituarsi all’idea che il mondo sta finendo. Calma, non dico che finisca tutto, ma quel mondo che abbiamo conosciuto finora e in cui ci siamo cosí tanto abituati a vivere, sta sparendo.

Sarà la fine della nostra vita così come ci siamo abituati a viverla. Si sta esaurendo quel mondo in cui un americano, un italiano, un europeo, un giapponese, un coreano, un australiano, ha vissuto dopo il 1945. Quel mondo nato dopo la Seconda Guerra Mondiale e rafforzato dopo la Guerra Fredda. Sta sparendo quel sistema di ordine delle faccende umane che, come scrisse provocando il politologo americano Francis Fukujama, vincendo aveva fatto finire pure la storia.

La sveglia sembrava avercela data l’11 settembre del 2001 ma, nella sua immane tragedia, quell’attacco ha forse “ritardato” la nostra presa di coscienza che quel nostro mondo che avrebbe dovuto far finire la storia, stesse a sua volta per terminare. La vera sveglia suona nel 2008, quando ci siamo resi conto che il sistema economico che organizzava la nostra vita, il nostro lavoro, le nostre vacanze, le nostre cure, si era inceppato. Già, quella economia non funzionava più perché il suo vero motore, il credito, era stato fatto fondere da banchieri sempre più fuori le regole.

Il sintomo principale che il nostro mondo sta morendo? Il lavoro sparito, quello soprattutto per i giovani, non si trova più. E per coloro così fortunati che un lavoro lo hanno ancora, non basta più per campare.

Gli 80 mila “new jobs” che a giugno quel motore ormai fuso è riuscito ad aggiungere negli Stati Uniti, sarebbero troppo pochi e per Barack Obama si mette male, ora rischia il suo “job”. Ma come? Il presidente che ti entra alla Casa Bianca quando l’America perdeva centinaia di migliaia di posti di lavoro, dovrebbe sloggiare perché 80 mila posti in più sono troppo pochi? Per votare chi, Mitt “terminator” Romney che per rendere le aziende più profit eliminava posti di lavoro o li trasferiva all’estero? E’ come se ad un carrozzone sostituissimo il cavallo un po’ lento con uno sí veloce, ma che si ostina a correre nel senso contrario alla nostra destinazione…

Alle Nazioni Unite, questa settimana sono stati distribuiti dei dati che confermano quanto i giovani nel mondo non trovino più lavoro. Non lo trovano coloro che hanno studiato grazie ai sacrifici delle loro famiglie, così come quelli che ne cercano uno qualunque per far sopravvivere i loro cari. Per l’Onu ci sono 75 milioni di giovani che cercano lavoro invano, e più di 200 milioni di giovani che hanno un lavoro ma guadagnano meno di 2 dollari al giorno!

Intanto in Italia uscivano le cifre sulla disoccupazione giovanile con percentuali mai viste prima: 36,2%. Per carità, anche gli italiani erano un po’ abituati male, con quel “posto” dove uno si ferma e si “sistema” per sempre. Se potessi avere “mille lire al mese” cantavano i nostri nonni. Ma se mantenere un posto per tutta la vita è sognare un mondo che non c’è più, un lavoro dignitoso che ci consenta di vivere e che possa essere sostituito quando si dovesse perdere, dovrebbe essere ancora un diritto.

Per la Costituzione italiana la nostra Repubblica è fondata sul lavoro. Stravaganze di legislatori? La nostra Costituzione del 1948, che guarda caso è una data che coincide con la Dichiarazione universale dei diritti umani, quella sottoscritta alla fondazione dell’ONU che all’articolo 23, recita:

Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Ma si può continuare ad enunciare un diritto in una Costituzione per poi costantemente negarlo? Il mondo che conosciamo finito in mano ai “banksters”, così chiamati non dall’agenzia di stampa cubana, ma dall’Economist di Londra, non riesce più a creare jobs e infatti sta scomparendo.

Chi non lavora, non fa l’amore cantava Celentano. Cioè non c’è più un futuro per questo mondo. Ma lavorare non può tornare ad essere una condanna inflitta da Dio, dopo la cacciata dai giardini dell’Eden.

Bravissimi gli scienziati che hanno scoperto la “particella” dell’inizio del nostro cammino fin qui, ma ora c’è bisogno di altrettanto capaci scienziati della politica per ricreare un mondo dove il lavoro non sia un castigo ma un diritto da salvaguardare.

Foto giovani disoccupati tratta da intermarketandmore.finanza.com

Stefano Vaccara

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