La nuova rete ospedaliera approvata dalla giunta Tra promozioni, declassamenti e obiettivi futuri

La rete degli ospedali in Sicilia ha una nuova forma. Venuta fuori dal confronto tra la Regione e il ministero che ha portato ad alcune modifiche rispetto alla precedente bozza. Gli ospedali Villa Sofia-Cervello di Palermo vengono declassati a Dea di I livello (almeno fino al 2018), quelli di Modica-Scicli vengono promossi, così come il Bonino Pulejo-Piemonte di Messina. Viene confermato il salvataggio dei pronto soccorso in zone disagiate, che da dieci passano a undici, perché si aggiunge Niscemi, non più considerata zona ad alto rischio ambientale. In quest’ultima definizione rientra solo Augusta

In totale quindi la Sicilia avrà sette Dea di II livello; 22 Dea di I livello o altrimenti detti Spoke; 14 presidi ospedalieri di base; undici pronto soccorso in zone disagiate e un pronto soccorso in zona ad alto rischio ambientale. Questo piano è stato portato oggi dalla giunta Crocetta alla discussione della commissione Sanità per poi approdare all’Ars. E l’esecutivo chiede tempi celeri. Richiesta che ha scatenato le polemiche politiche, a cominciare dal Movimento 5 stelle che parla di «colpo di mano» e pretesa di «ok a scatola chiusa». «Dare l’ok senza esaminare per bene una cosa così complessa e delicata è una follia – attaccano i deputati pentastellati -. Tra l’altro noi siamo nettamente critici sul piano, che non possiamo che definire un libro dei sogni che ci dice solo una cosa: la campagna elettorale è definitivamente partita». L’ultimo appuntamento è previsto per il 4 aprile al ministero della Salute. 

I DETTAGLI DELLA NUOVA RETE OSPEDALIERA

I DEA DI II LIVELLO – Saranno sette, ma, stando a quanto scrive la giunta regionale, questo numero si dovrebbe raggiungere solo alla fine del 2018. Al momento, infatti, quelli pronti per rispondere ai servizi richiesti sono solo cinque: il Civico e il Policlinico di Palermo; il Cannizzaro e il Policlinico di Catania e il Policlinico di Messina. Questi ospedali devono garantire la medicina interna, la chirurgia generale, l’anestesia e la rianimazione, l’ortopedia e la traumatologia, l’ostetricia e la ginecologia (se prevista per numero di parti l’anno), la pediatria, la cardiologia con unità di terapia intensiva cardiologica (U.T.I.C.), neurologia, psichiatria, oncologia, oculistica, otorinolaringoiatria, urologia, con servizio medico di guardia attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. E ancora la cardiologia con emodinamica interventistica h24, la neurochirurgia, la cardiochirurgia e la rianimazione cardiochirurgica, la chirurgia vascolare, la chirurgia toracica, la chirurgia maxillo-facciale e la chirurgia plastica, l’endoscopia digestiva a elevata complessità, la broncoscopia interventistica, la radiologia interventistica, la rianimazione pediatrica e neonatale, la medicina nucleare e altre eventuali discipline di alta specialità. Naturalmente vengono garantiti h24 i servizi di radiologia con almeno T.A.C. ed ecografia (con presenza medica), il laboratorio, il servizio immunotrasfusionale.

«L’attuale concentrazione dei Dea di II livello nelle aree metropolitane – scrive l’assessorato regionale – permette nel breve e medio periodo di far fronte alle aree geografiche strutturate in quattro bacini: quella della Sicilia centro orientale (Area geografica Palermo-Trapani-Agrigento-Caltanissetta su Palermo: 2 milioni 300mila abitanti), quella della Sicilia orientale e meridionale (Area geografica Catania-Enna-Siracusa-Ragusa su Catania: 2 milioni di abitanti) e quella della Sicilia settentrionale che guarda al territorio della Calabria (Area geografica su Messina: 700mila abitanti . 

La Regione ammette che «alcuni territori ed aree (Trapani, Agrigento e Siracusa-Ragusa) sono scoperte sotto il profilo in particolare dei Dea di II livello, ma – continua – è palese che un adeguamento in tal senso richiede risorse economiche e tempi di realizzazione che non si conciliano con il solo triennio 2016-2018 e pertanto le soluzioni proposte rappresentano una risposta immediata al fabbisogno e al rispetto delle esigenze dei diversi bacini di utenza e gettano le basi per una successiva futura programmazione». Guardando all’immediato futuro, la Regione intende far raggiungere il livello di Dea di II livello anche al Garibaldi di Catania entro il 31 dicembre 2017, e il Sant’Elia Caltanissetta-San Cataldo entro il 31 dicembre 2018. Più lungo il percorso per gli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello che «sarà oggetto di un progetto di unificazione funzionale e strutturale con conseguente rimodulazione delle attività, delle funzioni e delle unità operative, in modo tale che nel successivo triennio 2018-2021 possa rispondere i requisiti di un Dea di Il livello». 

I DEA DI I LIVELLO O SPOKE – Saranno 22 (e non 18 come nella prima bozza). Nel Palermitano il San Raffaele Giglio di Cefalù, il Buccheri La Ferla e gli ospedali riuniti Ingrassia-Villa delle Ginestre, a questi si aggiunge adesso il Villa Sofia-Cervello (declassato rispetto alla prima bozza della rete); nel Trapanese gli ospedali riuniti di Trapani e Salemi e il San Biagio di Marsala; nel comprensorio tra Agrigento-Caltanissetta ed Enna saranno il San Giovanni Di Dio del capoluogo agrigentino, gli ospedali riuniti di Sciacca e Ribera, il Vittorio Emanuele di Gela e l’Umberto I di Enna; nel bacino tra Catania, Ragusa e Siracusa saranno gli ospedali riuniti di Acireale e Giarre, il Gravina di Caltagirone, il Civile di Ragusa e gli ospedali riuniti di Vittoria e Comiso, a cui adesso si aggiungono gli ospedali riuniti di Modica-Scicli; l’Umberto I di Siracusa e i riuniti di Avola e Noto. Nel Messinese gli stessi standard saranno garantiti dal Papardo, dal Bonino Pulejo-Piemonte (promosso rispetto alla prima bozza in cui compariva come ospedale di base), dal San Vincenzo di Taormina e dagli ospedali riuniti di Barcellona e Milazzo.

Garantiscono la medicina interna, la chirurgia generale, l’anestesia e la rianimazione, l’ortopedia e la traumatologia, l’ostetricia e la ginecologia (se prevista per numero di parti l’anno), la pediatria, la cardiologia con unità di terapia intensiva cardiologica (U.T.I.C.), neurologia, psichiatria, oncologia, oculistica, otorinolaringoiatria, urologia, con servizio medico di guardia attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Questi presidi ospedalieri, inoltre, hanno l’obbligo, secondo il DM70, di garantire h24 i servizi di radiologia almeno con Tac (tomografia assiale computerizzata) ed ecografia, laboratorio, servizio immunotrasfusionale. E anche le Rianimazioni e Terapie intensive. 

Inoltre, per diminuire i tempi di attesa ai pronto soccorso, l’assessorato impone a tutti questi ospedali di attivare le aree di Osservazione Breve Intensiva (OBI) entro il 31 dicembre del 2017. L’OBI è un’area possibilmente adiacente al pronto soccorso, dove i pazienti non critici vengono trattenuti per approfondimenti utili a chiarire la diagnosi o per il monitoraggio del quadro clinico, di norma per non più di 24 ore. L’assessorato indica, sulla base di «diversi studi, la necessità di un letto di OBI ogni 4mila-8mila accessi al pronto soccorso».

GLI OSPEDALI DI BASE – Saranno 14: Partinico, Termini Imerese, Alcamo, Castelvetrano, Mazara del Vallo, Biancavilla, Paternò, Lentini, Canicattì, Licata, Piazza Armerina, Nicosia, Patti, Sant’Agata di Militello. Si rivolgono a un bacino che varia tra gli 80mila e 150mila abitanti, sono dotati di pronto soccorso e garantiscono la medicina interna, la chirurgia generale, l’ortopedia, l’anestesia e i servizi di supporto in rete di guardia attiva o di reperibilità h24 di radiologia, laboratorio, emoteca. 

OSPEDALI IN ZONA DISAGIATA – Saranno undici: Mussomeli, Mazzarino, Leonforte, Niscemi, Bronte, Militello, Lipari, Mistretta, Corleone, Petralia Sottana e Pantelleria. Unica novità è Niscemi che non viene più definito presidio in zona ad alto rischio ambientale. Si tratta di presidi in zone montane o nelle isole minori, anche con un bacino inferiore agli 80mila abitanti. In questo caso le strutture garantiscono l’attività di pronto soccorso e i necessari servizi di supporto, dalla medicina interna alla chirurgia generale ridotta. In queste strutture sarà possibile eseguire indagini radiologiche per le quali è prevista la trasmissione delle immagini al centro Hub o Spoke più vicino.

OSPEDALE IN ZONA AD ALTO RISCHIO AMBIENTALE – Ne rimane solo uno: Augusta (per amianto e petrolchimico). Ha le stesse funzioni degli ospedali in zona disagiata. Ad Augusta deve ancora essere attivato il Centro di riferimento regionale per la cura e la diagnosi, anche precoce, delle patologie derivanti dall’amianto, previsto dalla legge regionale 10 del 2014. 


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