A lanciare le accuse è il deputato di Sicilia Futura, Michele Cimino, che se la prende con l'assessore ai Beni culturali Carlo Vermiglio. Secondo l'articolo 26 della legge in discussione all'Ars, infatti, una percentuale - non ancora quantificata - delle entrate dovrebbe servire per finanziare gli altri enti archeologici
Finanziaria, polemica su incasso Valle dei Templi Regione vuole usare una parte per gli altri parchi
La polemica ha tutti i contorni politici del caso. In piena sessione di bilancio, gli scontri interni alla maggioranza si fanno sempre più aspri attorno all’ultima finanziaria della legislatura, quella da approvare immediatamente prima di dare il via alla stagione elettorale. Tra questi, l’attacco frontale all’assessore ai Beni culturali Carlo Vermiglio. Le accuse arrivano dal deputato di Sicilia Futura, Michele Cimino, che ha acceso i riflettori sull’articolo 26 della finanziaria in queste settimane all’esame dell’Ars.
L’articolo prevede che, con decreto dell’assessore regionale, una percentuale delle entrate del Parco della Valle dei Templi – con le quali l’ente finanzia le proprie attività culturali e amministrative – sia versata tra le entrate del bilancio regionale. Con tali somme, la Regione promette «interventi in favore dei parchi che non presentano i medesimi requisiti», così da perseguire «finalità di salvaguardia, gestione, conservazione e difesa del patrimonio archeologico».
Quale sia la percentuale che l’assessorato intende sottrarre al Parco non è ancora chiaro: la norma, infatti, rimanda a un successivo decreto assessoriale la decisione. Secondo l’accusa di Cimino, però, si tratterebbe del dieci per cento del bilancio, mentre fonti vicine a Vermiglio – con cui non è stata possibile un’interlocuzione – parlano del cinque per cento.
In ogni caso, considerato che il bilancio dell’ente si attesta intorno ai cinque milioni di euro, si tratterebbe di una somma tra i 250 e i 500 mila euro. «Il Parco destina già una quota del cinque per cento al Palacongressi di Agrigento – spiega Cimino – per cui un ulteriore prelievo di risorse rischierebbe di vanificare gli sforzi gestionali di questi anni, che hanno garantito al sito archeologico di mantenere alti standard di pulizia e fruibilità ai turisti».
Ma la norma in finanziaria interviene anche in materia di consiglio d’amministrazione del parco, riducendo da 12 a tre i componenti. La legge del 2000 che ha istituto l’Ente, infatti, prevedeva che a sedere in consiglio fossero un dirigente dell’assessorato ai Beni culturali, il presidente della Provincia, il sindaco di Agrigento, il presidente della Camera di commercio locale, il Soprintendente ai beni culturali, cinque docenti universitari delle discipline di Archeologia, Scienze agrarie, Urbanistica, Economia del turismo, Geologia, e poi ancora un esperto archeologo designato dall’Unesco e uno scelto esperto dal ministero.
A sedere nel nuovo consiglio d’amministrazione sarebbero invece il Soprintendente ai beni culturali e due componenti «con esperienza nel settore della tutela, salvaguardia, valorizzazione, divulgazione, studio e ricerca relative all’area archeologica interessata». Ma come per le somme da destinare agli altri parchi siciliani, anche in questo caso non è chiaro da chi sarebbero nominati i due esperti. Non resta che attendere il decreto. Ammesso che la maggioranza riesca a mettersi d’accordo per votare l’ultima, estenuante, finanziaria della legislatura.