Abbate e Maniaci, «eroi» dell’informazione Nei cento nomi di Reporters sans frontieres

«Se Reporter senza frontiere premia uno stronzo come Pino Maniaci, vuol dire che in Italia a libertà di informazione stiamo messi bene». Si schernisce uno dei due «eroi» italiani dell’informazione. Almeno secondo la ong che ha pubblicato l’elenco delle cento persone che verranno premiate durante la Giornata mondiale per la libertà di stampa, organizzata da Reporter Senza Frontiere, il prossimo 3 maggio. Tra questi ci sono il direttore di Teljato e Lirio Abbate, giornalista palermitano dell’Espresso. «Donne e uomini di tutte le età e provenienti da 65 paesi che contribuiscono a promuovere la libertà sancita nell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: il diritto di cercare, ricevere e divulgare informazioni e idee attraverso qualsiasi mezzo e indipendentemente dalle frontiere». Una lista di personalità molto diverse, dalla giornalista investigativa messicana Anabel Hernandez, che ha svelato la corruzione tra la classe politica e la criminalità organizzata locali, a Ismail Saymaz, reporter turco più volte processato per le sue inchieste scomode, fino a Glenn Greenwald e Laura Poitras, che hanno raccontato il Datagate e la vicenda Snowden.

È «il coraggio il comune denominatore», recita il manifesto della ong fondata nel 1985, «il coraggio di chi ha costantemente sacrificato la propria sicurezza e qualche volta la propria vita per la propria vocazione», che è quella di «porre i propri ideali al servizio del bene comune». L’organizzazione ricorda che «non tutti sono giornalisti», sottolineando come anche Maniaci «fu rinviato a giudizio nel 2009 per esercizio abusivo della professione giornalistica e poi assolto perché il fatto non sussiste». 

Maniaci fa giornalismo antimafia, o più semplicemente racconta la verità, nella sua televisione a «conduzione familiare» che vanta anche l’aiuto di tanti giovani volontari. «È la terza volta che ricevo questa menzione dall’organizzazione – commenta -. Segno che stiamo facendo il nostro dovere. Il nostro modello di giornalismo? È quello dalla schiena dritta, che si fa scendendo in strada, a logorare le scarpe, un modello che dovrebbero adottare tutti». Il direttore di Telejato ha subito numerose intimidazioni dalla malavita per le inchieste svolte, compreso un pestaggio e l’uccisione dei suoi cani alcuni mesi fa. Tra le ultime inchieste della tv di Partinico spicca quella sulla gestione dei beni sequestrati, che anticipò lo scoppio del caso Saguto. Proprio in merito alla riforma di legge sui beni confiscati, attualmente in discussione a Roma, la redazione di Partinico, raccolte le opinioni di diverse associazioni per la legalità, ha inviato alla commissione parlamentare antimafia e al parlamento nazionale un elenco di proposte, riportate sul sito dell’emittente televisiva. 

Lirio Abbate, originario di Castelbuono, comincia a 19 anni al Giornale di Sicilia, poi capo servizio aggiunto all’Ansa Sicilia, La Stampa e infine l’Espresso. Unico giornalista a essere presente all’arresto di Bernardo Provenzano, le sue attenzione giornalistiche si sono principalmente rivolte alla criminalità organizzata. Più volte minacciato dalla mafia e per questo posto sotto scorta, che nel 2007 sventa un attentato diretto alla sua persona. Due anni prima dell’inchiesta giudiziaria Mafia Capitale, ancor prima del funerale di Vittorio Casamonica, i suoi reportage raccontano come il crimine organizzato si sia insinuato a Roma, nella sua vita politica e amministrativa. Pur ringraziando Reporters sans frontieres, Abbate dichiara di non sentirsi un eroe.


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