Wind-Tre, le storie di chi resiste all’esternalizzazione «Meno garanzie e tutele, per noi come una timpulata»

«La decisione dell’azienda di esternalizzarci ci è arrivata come una timpulata inattesa». Alberto Di Rosa lavora in Wind-Tre dal 2005. Alla fiaccolata per sensibilizzare la popolazione palermitana sulla cessione del ramo d’azienda, di fronte il teatro Massimo, ha deciso di raccontare le vicende sue e dei colleghi attraverso un cuntu. Alberto suona – a cantare è il socio e sodale Cocò Gulotta – nei Bottega Retrò, un duo artistico che unisce musica d’autore alla forma del teatro canzone. Visti i tempi magri per il settore delle telecomunicazioni a Palermo, forse conviene riprendere a imbracciare la chitarra. «Eh – sospira Alberto – se con l’arte fossi riuscito a viverci mica sarei entrato in Wind Tre, anche se a lungo ce l’ho fatta». 

Dal Ministero dello Sviluppo Economico non giungono buone notizie per gli addetti del customer care x H3G: l’azienda, dopo la fusione che l’ha portata a essere la numero 1 in Italia nel settore, ha mostrato di voler tirare dritto per la propria strada. I 900 lavoratori del 133 – il call center interno – dovranno essere ceduti il 5 luglio a Comdata, società romana che ha sì garantito il mantenimento delle attuali quattro sedi di lavoro (Palermo, Roma, Cagliari, Genova) ma a determinate condizioni. Verrà cioè mantenuto il contratto di primo livello, mentre non vengono garantite le cosiddette garanzie di secondo livello come i buoni pasto o i permessi per l’asilo nido, tutele acquisite nel corso degli anni. «La qualità della vita per noi andrà a peggiorare – sintetizza Stefania – di sicuro dovremo accollarci anche il sabato lavorativo, svolgere i turni in notturna». Intanto il numero dei lavoratori palermitani continua ad assottigliarsi: dai 300 di partenza a inizio vertenza (maggio 2017) si è già arrivati a circa 170. Mentre è stato convocato per lunedì a Roma, nella sede di Confindustria, un vertice tra sindacati, Wind-Tre e Comdata per discutere della cessione dei call center interni. 

«C’è chi ha accettato l’incentivo all’esodo – spiega Giuseppe Geraci -. Una scelta dovuta a una paura collettiva, una scelta non di testa ma di pancia. In molti hanno pensato che era meglio perdere che straperdere. Chi è rimasto crede nella lotta. Quel che più rammarica è che siamo di fronte un contratto a tempo indeterminato che è stato strappato davanti i nostri volti con cattiveria: senza discussione, senza neanche i presupposti (Wind-Tre vanta utili da sei miliardi di euro … ndr), con l’azienda che si è dimostrata irremovibile». Per alcuni oltre il danno c’è l’immancabile beffa. Come nel caso di Ilaria, la cui storia viene raccontata da Marilena. «Dicono che l’esodo incentivato dovrebbe accompagnare alla pensione, e invece spesso finisce per accompagnare alla disoccupazione – racconta al megafono -. A Ilaria, per esempio, sono stati dati tre anni di esodo, che però sono scaduti. Ilaria da domani sarà senza lavoro e senza ammortizzatori sociali». Per Giuseppe il rammarico principale è che «in questi 15 anni noi non siamo stati solo operatori, ma abbiamo investito nella formazione di ragazzi e ragazzi che oggi hanno nozioni e competenze di economia, giurisprudenza, comunicazione. In questo caso ci sono professionalità complete che rischiano di disperdersi».

Alla fiaccolata di giorno 20, denominata La notte dei diritti, i partecipanti erano circa un centinaio: lavoratori Wind-Tre per la maggior parte, ma anche persone provenienti da settori a rischio precarietà come banche, scuole, call center. Presenti anche gli assessori Giusto Catania e Giovanna Marano, l’attivista no global Luca Casarini nonché l’ex candidato sindaco M5s Ugo Forello e alcuni deputati pentastellati all’Ars. Se la politica locale sta cominciando a interessarsi, seppur tardivamente, della sorte dei lavoratori palermitani, altrettanto non può dirsi dei livelli più alti. Come denuncia Marilena Sansone, che fa parte di Democrazia e Lavoro Cgil Palermo. «La politica regionale e quella nazionale finora in silenzio – dice – e d’altra parte pare che il Mise non possa bloccare le esternalizzazioni perché non ci sono gli strumenti giuridici. Ad oggi la soluzione che ci viene prospettata è quella di passare a Comdata con un contratto di sette anni, senza neanche la garanzia che una volta finita la commessa noi verremo mantenuti». Dopo lo sciopero nazionale e le iniziative di protesta dei giorni scorsi, sabato pomeriggio a Palermo è in programma un sit-in, davanti al negozio Wind-Tre di via Libertà, per mantenere alta l’attenzione sulla vertenza.

Andrea Turco

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