Prosegue la mobilitazione degli addetti al 133 palermitano. In contemporanea col nuovo vertice a Roma, previsto per l'inizio della prossima settimana, previsti due sit-in a Palazzo D'Orleans e in via Libertà
Wind-Tre, la protesta si sposta alla Regione «Per sollecitare chi non ha fornito risposte»
Continua la mobilitazione dei lavoratori della Wind-Tre a Palermo, dove 170 famiglie sono a rischio precarietà. La prossima settimana potrebbe essere cruciale per le sorti degli operatori e delle operatrici del 133: a Roma infatti lunedì e martedì si terrà un vertice a tre tra l’azienda delle telecomunicazioni, la Comdata (che dovrebbe subentrare dal 5 luglio nella gestione del call center interno) e i sindacati. Nelle stesse date a Palermo si terrà una doppia protesta: il 26 giugno dalle ore 10 alle ore 14 presso la presidenza della Regione, a palazzo d’Orleans, «per solleticare la politica che non ha fornito risposte», e il 27 giugno dalle ore 17 alle ore 20 presso il negozio sociale Wind in via Libertà.
Intanto Il Sole24ore annuncia un cambio della guardia proprio ai vertici della compagnia telefonica nata dalla joint venture paritetica fra le controllate italiane dell’ex Vimpelcom ora Veon (Wind) e Ck Hutchison (3 Italia). «A guidare quella che nei fatti è diventata il maggiore operatore di comunicazione mobile in Italia – scrive il giornale di Confindustria – con 31 milioni di clienti oltre a 2,7 milioni di clienti fissi a marzo 2017, non sarà più Maximo Ibarra, ma Jeffrey Hedberg, manager americano con esperienza internazionale». Sul tavolo del nuovo Ceo anche la questione occupazionale dei 682 dipendenti rimasti, a fronte dei 912 a inizio vertenza che sono stati già sfoltiti attraverso il meccanismo dell’esodo incentivato. Una pratica che Marilena Sansone, lavoratrice palermitana, definisce «un incentivo alla disoccupazione».
Il nuovo tavolo di trattativa al Mise punterà ad ottenere se non la permanenza in Wind-Tre (difficile vista l’ostinazione dell’azienda vista finora), almeno le migliori condizioni possibili nel passaggio alla nuova azienda. Che però prevede, a fronte di un contratto a tempo indeterminato, una commessa di lavoro di sette anni. Col rischio che, finito l’incarico, si ripiombi nella paura di perdere il posto di lavoro. Di sicuro il nuovo contratto offre meno garanzie e tutele, come la perdita delle cosiddette garanzie di secondo livello (buoni pasto, permessi per asili nido, eccetera).