Wind Jet, Giuricin risponde a Crispino «Non si faccia beneficenza a Pulvirenti»

«Vogliono fare gli imprenditori con i soldi dei contribuenti». E’ questo il «vero problema» per Andrea Giuricin, professore di Finanza pubblica all’università Bicocca di Milano ed esperto del settore aereo, che da mesi segue la vicenda della compagnia Wind Jet. Con queste parole risponde al fondatore della Air Sicilia Luigi Crispino che qualche giorno fa aveva criticato su CTzen le sue analisi, secondo le quali far tornare a volare la società di Antonino Pulvirenti, grazie alla partecipazione di capitali regionali, «sarebbe una pessima soluzione». E risponde senza tirare in ballo santi e sfere di cristallo: «Non faccio mai previsioni, mi limito a vedere le ipotesi che ci sono sul tavolo e dico che bisogna stare attenti, perché è bene non buttare via i soldi pubblici», dice. Per lui l’eventuale ritorno di Wind Jet a marzo «è una scelta politica che rimane tale purtroppo, mentre dovrebbe essere semplicemente una scelta di mercato», afferma.

Ma non su tutto è in disaccordo con Crispino. Condivide, infatti, il giudizio negativo sulla gestione degli aeroporti. «Sono gestiti male, troppo spesso da strutture pubbliche che non hanno come obiettivo l’efficienza, ma la tutela di altri interessi», dichiara. E per l’esperto non mancano gli esempi da citare: «Pensiamo all’aeroporto di Malpensa, e al famoso progetto Malpensa 2000 fatto con i soldi della Comunità europea, che per problemi politici con Alitalia – spiega – non si è mai riuscito a sviluppare come avrebbe potuto». A questo aggiunge anche lo scalo di Comiso. Giuricin trova infatti «assurdo che sia gestito da Sac. C’è il rischio – aggiunge – di ripetere quello che è successo tra Verona e Brescia Montichiari. Verona – spiega il professore – controlla Montichiari e quest’ultimo non è mai riuscito a decollare. Sono rimasti entrambi piccoli aeroporti, mentre sono cresciuti moltissimo Bergamo e Treviso e nel frattempo chi ci ha perso sono i veronesi». Per questa ragione, quello che auspica per Comiso è «una gestione privata, ma comunque in concorrenza con Sac, indispensabile per poter sviluppare lo scalo».

Eppure per Giuricin, che ammette di «non aver seguito la vicenda di Air Sicilia, ma molto quella di Wind Jet», la compagnia etnea è ferma «perché non stava sul mercato, perché aveva la concorrenza spietata di operatori molto più forti di lei, dai vettori tradizionali ai – soprattutto – vettori low cost. Era debole e giustamente è fallita», dice. Il suo appello è che ora non rinasca grazie ai soldi pubblici «perché – ne è convinto – farà la fine di Alitalia, per cui sono stati sprecati i soldi dei contribuenti». La sua soluzione è che le rotte siano date a vettori più efficienti. «Con gli stessi soldi pubblici – dichiara – si possono fare molte più rotte, con oneri di pubblico servizio, come dice la Comunità europea. Tramite gare e un processo competitivo si possono spendere soldi pubblici in maniera efficiente».

Giuricin trova assurdo che si creino le condizioni per un nuovo caso Alitalia, ma sullo stato della compagnia di bandiera non è d’accordo con il fondatore della prima low cost siciliana, che la definisce «tecnicamente fallita». «Alitalia non è tecnicamente fallita perché ha ancora soldi da spendere – afferma l’esperto – E’ certamente in fortissima difficoltà e senza ricapitalizzazione rischia grosso». Ma per il professore il punto è un altro, e cioè che «non ha senso dire che bisogna fare un grande vettore nazionale o regionale». «Ci sono e ci devono essere – aggiunge – priorità nella spesa pubblica e non si possono mettere soldi per fare una compagnia regionale che dopo qualche anno fallirà perché gestita dal pubblico».

Per lui è chiaro: «Se Wind Jet è fallita perché non era in grado di stare sul mercato, e non parlo di futuro ma di passato – dice – è ancora più difficile che l’azienda rinasca grazie ai soldi pubblici, con la regione Sicilia come azionista principale che decide il management». E quando gli facciamo prendere in considerazione l’ipotesi che, secondo Crispino, la Regione sarebbe socio di Pulvirenti e il manager resterebbe il patron del Calcio Catania, risponde: «Così la Regione metterebbe i soldi ma non ne sarebbe responsabile. Quindi li regala? Se deve fare beneficenza la faccia a chi ha bisogno, non a Pulvirenti».


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