La facoltà di Giurisprudenza inaugura l'ottava edizione del Corso di perfezionamento in giustizia dei minori e della famiglia. Ospite d'eccezione: Simonetta Agnello Hornby, scrittrice e giurista anglo-sicula di fama internazionale
Vox minoris, vox Dei
Si è svolta nell’Aula Magna di Villa Cerami la lezione inaugurale del Corso post-lauream di perfezionamento in diritto dei minori e della famiglia, giunto alla sua ottava edizione. Si tratta di un vero e proprio master, attivato nel 2003 e finalizzato alla formazione di figure specializzate nella gestione giuridica e psicologica della famiglia e dei fenomeni devianti che la concernono.
L’inaugurazione è stata presenziata dal preside di Giurisprudenza, Vincenzo Di Cataldo, nonché dai coordinatori del corso, Enzo Zappalà e Vania Patanè, docenti di discipline penalistiche. Ospite d’eccezione: Simonetta Agnello Hornby, scrittrice e avvocato di prima linea nella lotta per i diritti dei minori. “E’ la prima volta che una facoltà universitaria mi invita nelle vesti di avvocato – premette – Sono sempre intervenuta da scrittrice”. E infatti, la giurista di origini palermitane è autrice pluripremiata di vari best-seller editi da Feltrinelli, tra cui il recente “Vento scomposto” (2009), racconto di abusi su una minore inglese.
Ed è proprio questa la ragione dell’intervento della Hornby: la comparazione tra la famiglia inglese e quella italiana, nonché tra le realtà giuridica e sociale che ruotano attorno ad esse. Difficile per noi siciliani immaginare la famiglia inglese deviata o addirittura delinquenziale, ma l’avvocatessa anglo-sicula afferma: “E’ difficile descrivere la solitudine delle grandi città, dove molta gente non ha nessuno. Né madre, né padre, né fratelli, né Dio, né speranze. Una sorta di sottomondo, che non si pensa possa esistere in Inghilterra, ma c’è”. Si tratta di un ambiente multietnico, dove la cultura inglese spesso si scontra con quella di altre comunità immigrate. “A volte si arriva a dei veri propri eccessi.– racconta Simonetta Hornby – Una volta i servizi sociali volevano togliere un bambino alla madre nigeriana solo perchè lo faceva stirare già a 12 anni. Invece, bisogna essere molto aperti per fare questo mestiere, soprattutto di fronte a sistemi culturali diversi. Basti pensare a quello islamico, dove ogni bambino ha fratelli di famiglie diverse, o a gruppi in cui l’amante si propone seriamente di accudire i figli di tutte le donne con cui l’uomo l’ha tradita”.
Simonetta Agnello Hornby ha iniziato i suoi studi alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, ma li ha completati in Inghilterra, dove vive e lavora. Dalla sua testimonianza ci si aspetterebbe una mortificazione del sistema giudiziario italiano, ma non è così. La scrittrice descrive sì una giustizia inglese più rapida, senza rinvii processuali, ma anche meno sensibile alle esigenze dei minori. Un sistema che estromette processualmente i nonni, considerati inadeguati solo per aver generato genitori inidonei. E che raramente affida i minori disagiati alle case-famiglia. “ In ogni caso – precisa la scrittrice – i minori senza famiglia devono andare a vivere da soli sin dall’età di 16 anni, a prescindere dall’acquisizione di una reale autonomia. Così le donne rimangono presto incinte, mentre gli uomini diventano criminali o perdono la ragione”.
Altra pecca del sistema inglese sarebbero i servizi sociali, a causa di un paradosso che tiene testa alle tante contraddizioni italiane. Secondo la Hornby, il sistema inglese è troppo rigido e le sue pretese di efficienza sfociano nella più totale inefficienza. Gli assistenti sociali, infatti, hanno tempi troppo brevi per poter relazionare sui minori o sulle loro famiglie, mentre gli esperti più qualificati, come psicologi e psichiatri, sono pagati benissimo e “ guadagnano sulla pelle dei bambini! Paradossalmente – spiega la giurista – in Italia le cose vanno un po’ meglio proprio perchè i servizi sociali sono più scadenti. Gli stessi avvocati, meno sono pagati e più si coinvolgono, quasi si sentissero legittimati a fare da amicus”.
Insomma, una lezione completa quella della Hornby, che sfiora sia gli aspetti processuali che quelli sociali e psicologici del diritto dei minori, così come si propone il corso inaugurato. Ma è anche una testimonianza di rilievo sulla professione forense, o meglio su “un mestiere che richiede vocazione e che, nonostante ciò, va sempre considerato un lavoro. Eppure – ammette la stessa Hornby – non sempre vincere è una vera vittoria per l’avvocato dei minori. A volte succede, ma vinci con il cuore pesante”.