La proposta che potrebbe permettere a migliaia di cittadini in mobilità di accedere alle urne dovrebbe essere votata nelle prossime settimane. Ma sulla questione pesano le decisioni che i leader di Partito democratico e Forza Italia prenderanno sull'intero pacchetto della riforma elettorale. Per i promotori dell'iniziativa si tratta del «riconoscimento di un diritto civile che sta alla base della competizione politica», spiega il coordinatore Stefano La Barbera
Voto fuorisede, l’emendamento arriva in aula L’appello del comitato a Renzi e Berlusconi
Un emendamento, il numero 2.0336, separa migliaia di italiani dalla possibilità di esercitare uno dei diritti fondamentali: votare. È giunta finalmente alle porte del parlamento – presentata dal deputato di Scelta civica Pierpaolo Vargiu – la proposta che prevede la possibilità di recarsi alle urne anche per studenti, lavoratori e cittadini fuorisede; una marcia lunga e piena di complicazioni che però rischia di arenarsi nel momento più importante. «Adesso è arrivato il difficile, dobbiamo convincerli a votarlo», spiega Stefano La Barbera, giovane palermitano che vive a Torino, presidente del comitato Io voto fuorisede. La discussione avrebbe dovuto iniziare domani, ma a causa della crisi di governo slitterà sicuramente di almeno una settimana. Oltre al ritardo dovuto alle dimissioni dell’esecutivo guidato da Enrico Letta, a impedire il raggiungimento del risultato potrebbero essere le dinamiche che si instaureranno tra Partito democratico, Forza Italia e gli altri schieramenti nell’ambito della votazioni sulla riforma elettorale. Per questo motivo La Barbera ha inviato una lettera aperta a Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, esortandoli a non inquadrare l’emendamento nell’ottica di una «battaglia di un singolo partito, ma è il riconoscimento di un diritto civile che sta alla base della competizione politica: infatti non abbiamo trovato un solo deputato dei partiti che guidate che non si sia trovato daccordo con la necessità di questo provvedimento».
Una necessità supportata anche da altre constatazioni: «Gli articoli 3 e 48 della nostra Costituzione – prosegue La Barbera nel suo appello – dicono chiaramente che il diritto di voto è un diritto di cittadinanza, viene anzi definito un dovere civico, e dunque non può essere soggetto ad alcun tipo di logica discriminatoria». E, nel caso in cui a quanto sancito dalla carta costituzionale si volessero affiancare riflessioni numeriche, «si andrebbero invece a risparmiare quasi 27 milioni di euro per legislatura che vengono attualmente spesi in rimborsi per i viaggi elettorali». La questione, come potrebbe essere ridotta in maniera semplicistica, non riguarda solo studenti universitari e lavoratori occasionali, ma anche accompagnatori di malati lungodegenti e migliaia di altri casi particolari, ma essenziali per il corretto svolgimento della vita democratica del Paese. «Noi preferiamo definirci “cittadini in mobilità“», afferma il coordinatore del comitato. I cui membri hanno stimato in oltre 800mila il numero di elettori esclusi.
In attesa del voto l’attenzione si sposta adesso sui singoli parlamentari sui quali i membri del comitato chiedono di «fare pressing personale, attraverso i social network». Post su bacheche e pagine ufficiali dei rappresentanti e un hashtag, #iovotofuorisede, su Twitter. «I deputati di Scelta civica hanno annunciato che voteranno compatti – riepiloga Stefano La Barbera – Il Movimento 5 stelle sta prendendo in esame la nostra richiesta e stiamo aspettando delle risposte dal Pd». Da queste posizioni potrebbe dipendere anche la decisione dei gruppi di centrodestra. «Quello che vogliamo far passare è una questione che va a prescindere dalla legge elettorale. È una battaglia gratuita, dovrebbero cavalcarla tutti», conclude.