Alla Facoltà di Lingue a Catania si registra unaltissima richiesta, soprattutto per quanto riguarda le lingue orientali. Lo dicono i numeri: 250 gli iscritti al corso di Arabo di questanno. Ma a questa domanda corrisponde unadeguata offerta?
Voglia di Arabo
Aule stracolme, studenti seduti per terra, sui gradini, di fronte alla cattedra; è la situazione che si presenta a Catania nelle aule di Arabo. Una richiesta altissima, che fa registrare circa 250 studenti iscritti. «Sono numeri – commenta la prof.ssa Mirella Cassarino, docente di Lingua e Letteratura araba – di cui io stessa mi sono sorpresa all’inizio, e che significano molto. O la Facoltà di Lingue continua ad esistere, oppure occorrerebbe parlare della costruzione di una nuova Facoltà e delle caratteristiche che questa dovrebbe possedere per rispondere alle esigenze che emergono dalla domanda degli studenti».
Questa richiesta, comunque, non dovrebbe sorprendere in una regione come la Sicilia che si trova in posizione “strategica” al centro del Mediterraneo. Gli studenti che hanno scelto questa lingua sembrano saperlo. «Ho scelto di studiare l’arabo perché è una lingua affascinante, più delle lingue tradizionali – dice Giada Morrone, studentessa di primo anno –. Inoltre, è parlato in un’area geografica vasta e cruciale. Volevo accostarmi a una lingua che non molti conoscono e l’arabo potrebbe in tal senso offrirmi qualche risorsa in più, specialmente in termini di sbocchi lavorativi».
Ma la domanda alta non c’è soltanto per l’Arabo. A Catania risulta in crescita anche la richiesta per altre lingue orientali come il Giapponese, e non sono affatto pochi neanche gli studenti che hanno scelto il Russo. A questa domanda, però, si fa fatica a rispondere con un’offerta adeguata. Anzitutto per l’applicazione della Riforma Gelmini (D.M. 270). La riforma prevede un numero minimo di docenti strutturati perché una lingua possa essere studiata per un quinquennio. Requisito che alla Facoltà di Lingue di Catania, attualmente, manca per Arabo, Russo, Giapponese e Greco Moderno. Risultato? Nel caso dell’Arabo, ciò significa che esso al momento può essere inserito nei piani di studio solo sotto la voce “Seconda Lingua” ed essere studiato per 4 anni (3 di triennale e 1 di specialistica) e non per 5.
«Ho provato una grande delusione in seguito alle restrizioni dettate dalla riforma – ci dice ancora la prof.ssa Cassarino –. Ci sono discipline, come Lingua araba e Lingua giapponese, che avrebbero davvero bisogno di essere potenziate. L’abbiamo fatto presente al rettore in più occasioni».
Ma in che modo si potrebbero potenziare discipline come l’Arabo e il Giapponese? Per esempio con un posto di ricercatore, sulla falsariga di ciò che sta per avvenire per il Russo. «La presenza di un ricercatore – commenta la prof.ssa Cassarino – potrebbe consentire di attribuire a questa lingua la centralità che merita. Una scelta del genere imprimerebbe senza dubbio alla politica culturale di un Ateneo di antica tradizione, qual è il nostro, un’impronta ben precisa e caratterizzante. Il che vuol dire, in concreto e non solo a parole, valorizzare il posto della Sicilia nello spazio euro-mediterraneo». Sembra però che le priorità dell’Ateneo, al momento, siano altre.
A insistere sulla necessità di potenziare l’offerta formativa è anche il prof. Antonio Pioletti, primo preside della Facoltà di Lingue: «I dati delle iscrizioni – osserva Pioletti – dimostrano in modo inconfutabile che esiste una forte domanda di formazione nelle lingue e culture moderne che si manifesta proprio nelle aree territoriali che hanno come riferimento quella metropolitana catanese. Il boom delle lingue orientali fa parte di questa domanda più generale e riveste grande importanza strategica. Come si fa a non rendersene conto? Va elaborato un nuovo progetto di potenziamento di quest’asse formativo, vitale per i processi di internazionalizzazione dei nostri territori. Chiameremo a raccolta tutto il mondo della cultura e del lavoro per il raggiungimento di questo obiettivo»