Vittoria, quadro San Giovanni al posto del Quarto Stato  «Sindaco sbatte fuori la classe popolare che l’ha votato»

«Quando ho saputo quello che hanno intenzione di fare, ho pensato di dire tante cose ma, alla fine, questa notte mi è venuta l’idea di una vignetta: semplice, amaramente ironica ed emblematica». Ha reagito così Arturo Barbante, una delle memorie storiche della città di Vittoria e consulente culturale del sindaco Francesco Aiello nel decennio che va dal 1994 al 2004, di fronte alla decisione di togliere la copia del quadro di Giuseppe Pellizza da Volpedo da una delle stanze di palazzo Iacono. 

Nella vignetta c’è San Giovanni che si rivolge al popolo del Quarto Stato, operai, contadini, bambini, gente semplice, e dice loro: «Ragazzi, io non c’entro niente ma ve ne dovete andare da qua». Il quadro arriva nella sede del Municipio vittoriese nei primi anni Duemila e la sala che lo accoglie viene anche ribattezzata Sala Quarto Stato. «Quella stanza – spiega il professor Barbante – fu adibita a sala riunioni e utilizzata anche per celebrarvi matrimoni. Voleva essere, insomma, un’ala del palazzo deputata all’incontro con i cittadini, e si pensò di mettervi un’immagine che fosse simbolicamente rappresentativa del popolo». 

Adesso l’amministrazione di centrodestra sta per eliminare quell’immagine e cambiare il nome della sala. In città, da ore, non si parla d’altro con commenti politici che piovono da tutte le parti, la satira che dilaga sui social e chi si limita a dire: «Ma con tutti i problemi che abbiamo, e lo spettro scioglimento dietro l’angolo, era davvero necessario fare una cosa del genere?».

Ma andiamo con ordine. È un comunicato stampa del Comune di Vittoria a rendere noto che venerdì 29 giugno si terrà l’inaugurazione della sala San Giovanni Battista all’interno di palazzo Iacono. In quell’occasione, e in vista della festa del santo patrono in programma domenica prossima, l’artista vittoriese Giovanni Robustelli donerà alla città un’opera di grandi dimensioni che ha come tema proprio il rapporto di Vittoria con il suo santo. Fin qui tutto bene, se non fosse che è stato scelto di mettere il quadro al posto della stampa di Pellizza da Volpedo e che anche la sala, di conseguenza, non si chiamerà più Quarto Stato ma Sala San Giovanni Battista

La copia del quadro intanto sarà sistemata altrove, in attesa di nuova collocazione. «In questi primi due anni del mio mandato – dice il sindaco Giovanni Moscato – ho potuto capire quanto grande siano la fede e la devozione del popolo vittoriese nei confronti di San Giovanni Battista. Per questi motivi, insieme all’assessore alla Cultura Alfredo Vinciguerra e all’esperto per il patrimonio artistico e culturale Giorgio Cicciarella, ho ritenuto opportuno intitolargli una sala, in modo da rendere manifesto l’affetto dei vittoriesi verso il loro protettore».

Il primo cittadino fa sapere, inoltre, che non si tratterà solo di un’intitolazione ma di una «rivalutazione complessiva della sala», tramite un intervento di ristrutturazione e riqualificazione. Apriti cielo. La maggioranza si schiera compatta a difesa del sindaco, mentre dal Pd, da Articolo uno e dal M5s la condanna è unanime. Per dirla con le parole del consigliere comunale Salvatore Di Falco, «è un’operazione squallida, fatta nascondendosi dietro il Patrono». Dal Comune, però, si spiega che la decisione è stata presa perché dentro quella stanza, su una delle pareti laterali, c’è una piccola cappella privata

Ma al professor Barbante, che la storia e i meandri di Palazzo Iacono li conosce come le sue tasche, questa giustificazione non va giù. «Originariamente, quando ci viveva la famiglia Iacono-Rizza, questa era una sala da pranzo attigua alle cucine, con le quali comunicava attraverso una porta. Come tanti altri palazzi dello stesso periodo – racconta – aveva una piccola nicchia con un piccolo altare che serviva per pregare o per far recitare la messa, ma sempre di una sala da pranzo stiamo parlando e le pitture alle pareti, con fagiani e lepri, lo dimostrano. Quindi – conclude – finiamola di giustificare questa rimozione con una intitolazione a San Giovanni che non c’entra niente». 

Stando a quanto sostiene il professore «la verità è che stanno buttando fuori dal palazzo quella stessa classe popolare che li ha votati. I nostri contadini che hanno lottato per diventare piccoli imprenditori. Quella stampa – spiega ancora – ha un fortissimo valore simbolico, ci mostra mamme con i bambini, artigiani e operai che si muovono verso il futuro, che vanno avanti con silenzio e dignità, una classe minuta che prende coscienza delle proprie capacità. È possibile voler dimenticare questa storia?». Barbante è stato invitato alla cerimonia di intitolazione. «Non ci penso nemmeno, io sono stato uno di quelli che hanno voluto quella stampa e andare significherebbe autorizzare questa operazione scellerata».


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