Vittoria: le accuse a Moscato, tra promesse e compensi Ma gli unici soldi ricevuti sarebbero quelli da consigliere

Nessun incarico, ma soltanto gettoni di presenza. E pure pochi. Per uno che da consigliere comunale aveva fatto una battaglia per l’azzeramento dei compensi ai membri del senato cittadino. Parte da questo punto fermo la difesa dell’attuale sindaco di Vittoria, Giovanni Moscato, dall’accusa di corruzione elettorale, in una vicenda che giovedì scorso ha portato all’arresto per voto di scambio politico-mafioso dell’ex primo cittadino Giuseppe Nicosia, del fratello e attuale consigliere Fabio, e di altri quattro persone ritenute a vario titolo legate alla Stidda. Una posizione che Moscato, ieri mattina, ha ribadito in conferenza stampa: «Posso affermare, senza timore di essere smentito, che in dieci anni ho percepito solo i gettoni di presenza di consigliere comunale», ha detto.

Il decennio a cui fa riferimento il sindaco è quello che va dal 2006 al 2016, ovvero gli anni in cui a guidare il Comune ipparino è stato Nicosia. Dal quale, secondo la ricostruzione dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania, Moscato avrebbe ottenuto incarichi che potrebbero avergli creato una condizione per cui, come hanno detto i magistrati, sentirsi «in debito nei confronti dell’ex primo cittadino». La ricostruzione, che si basa sui dati raccolti dalla guardia di finanza all’interno degli uffici comunali, potrebbe però essere smentita da fattori che vanno al di là delle dichiarazioni dell’attuale sindaco. 

A partire da una questione di incompatibilità. Il caso, infatti, rientrerebbe tra quelli citati dall’articolo 78 del Tuel che prevede che anche per i consiglieri comunali «è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti e istituzioni dipendenti», oltre che non rispettare il principio di imparzialità garantito dall’articolo 97 della Costituzione. In secondo luogo, i compensi che il Comune avrebbe elargito in quegli anni a Moscato (si va da un minimo di 1.300 a un massimo di settemila euro), risulterebbero come redditi derivanti da lavoro dipendente o assimilato, ovvero la tipologia in cui rientrano i gettoni di presenza per le attività di consigliere comunale e dove non potrebbero essere inserite le spettanze da libero professionista, come nel caso di Moscato che di mestiere fa l’avvocato.

Nelle carte dell’inchiesta Exit Poll, il sindaco viene tirato in ballo in due passaggi. Nel primo, all’indomani del primo turno delle amministrative, Moscato incontra un dipendente della Tekra – l’impresa che all’epoca raccoglieva i rifiuti e che, secondo i pm, sarebbe entrata a fare parte dello scambio tra i Nicosia e gli esponenti malavitosi in seguito alla promessa di garantire l’assunzione di 60 operai – per convincerlo a perorare la propria candidatura al ballottaggio, dirottando su di lui i voti che al primo turno erano andati ai Nicosia. «Tu gli puoi dire ai picciotti che in questo momento votare me non è tradire i Nicosia. È solo stare tranquilli con la famiglia punto e basta», dice Moscato.

A distanza di oltre un anno, a spiegare quella frase che, a primo acchito, potrebbe apparire equivocabile è lo stesso sindaco: «Quel lavoratore con cui parlavo era un fedelissimo di Nicosia – spiega a MeridioNews -. Tra i dipendenti della società dei rifiuti c’era il grande timore che se Aiello avesse vinto il ballottaggio avrebbe licenziato tutto. Io intendevo tranquillizzarlo del fatto che, se avessi vinto io, non avrei mai attuato vendette o ripicche. Ma era un discorso che valeva per tutti i lavoratori, non solo per alcuni. Tutti sarebbero stati trattati allo stesso modo, a prescindere dalla loro vicinanza politica».

Un altro passaggio dell’ordinanza in cui Moscato viene citato riguarda una conversazione telefonica. L’attuale primo cittadino viene definito «l’assicuratore degli avvocati del Comune». Un’espressione poco chiara e che non consente interpretazioni più approfondite. 

E così nell’attesa che la giustizia faccia il suo corso, è interessante tornare indietro nel tempo, a quando l’inchiesta odierna era ancora di là da venire. A giugno 2015, Moscato fu firmatario di un emendamento per eliminare i gettoni di presenza per i consiglieri vittoriesi. «Abbiamo quattro commissioni che si riuniscono due volte al mese, il consiglio comunale si riunisce una volta a settimana e garantiva un gettone di presenza di circa 35 euro. Personalmente ho avuto un guadagno di 1.500 euro l’anno, una somma irrisoria», dichiarò l’allora consigliere a MeridioNews. Sottolineando che «la politica può essere anche fatta a titolo gratuito».


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