L'auto bruciata e un mazzo di fiori. Sono solo le ultime intimidazioni rivolte al 52enne che da anni si trova nel mirino della criminalità, perché accusato di essersi voluto ribellare a un meccanismo di contraffazione dei marchi, che avrebbe riguardato anche Lidl. «Mi considerano uno sbirro», dichiara a MeridioNews
Vittoria, ancora minacce all’imprenditore Ciaculli Dal 2012 denuncia infiltrazioni nella distribuzione
Un’auto bruciata, un mazzo di fiori davanti la porta e un biglietto di minacce. Sono soltanto gli ultimi gesti compiuti da coloro che, da tre anni a questa parte, puntano a rendere un inferno la vita di Maurizio Ciaculli, l’imprenditore agricolo di Vittoria da tempo vittima di intimidazioni, dopo che nel 2012 denunciò le presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della grande distribuzione agroalimentare.
«Intorno alle 3 sono stato svegliato da mio figlio che mi ha avvertito che l’auto stava andando a fuoco – dichiara a MeridioNews – ma neanche il tempo di scendere in strada che non c’era più nulla da fare». Cinquantadue anni, Ciaculli oramai non lavora più e si mantiene con la pensione di invalidità della moglie e l’aiuto dei parenti. «Mi hanno stretto il cerchio attorno, chiudendomi ogni possibilità di continuare a lavorare – continua – perché diciamolo chiaramente: in questa società io vengo considerato uno sbirro». Il suo nome è salito agli onori della cronaca dopo che quattro anni fa prese posizioni contro quegli attori economici che, a detta dell’imprenditore, si sono resi responsabili di contraffazione del marchio e riciclaggio di denaro. «Lidl vendeva prodotti spagnoli usando il mio marchio. È da quel momento che per me sono iniziati i problemi», sottolinea.
Prima di arrivare alle minacce, qualcuno tentò di convincere Ciaculli a ritornare sui propri passi, ritirando la denuncia. «Nel 2013 mi offrirono 150mila euro, quella cifra avrebbe dovuto comprare il mio silenzio – racconta -. Mentre se fossi andato avanti per la mia strada per me e la mia famiglia sarebbero stati guai». Dalle parole ai fatti, il passo fu breve. Le intimidazioni iniziarono con telefonate anonime. «Mi facevano sentire un ticchettio come fosse una bomba – prosegue l’imprenditore -. Poi fu la volta di una gatta putrefatta lasciata davanti casa, per arrivare a tagliarmi la strada e all’incendio del mio opificio». Prima della notte scorsa, tuttavia, negli ultimi dieci mesi i persecutori di Ciaculli sembravano aver mollato la presa. «L’ultimo gesto era stata una lettera minatoria a novembre», specifica il 52enne.
A fare da contraltare alla presenza costante della criminalità nella vita dell’imprenditore, c’è la distanza con cui le istituzioni avrebbero trattato il caso. «Per un periodo fu deciso che le forze dell’ordine venissero a controllare tre volte al giorno se stavo bene, ma non ho mai ricevuto alcuna reale protezione. Nonostante io continui a essere in reale pericolo», ammette sconsolato l’uomo.
La vita di Ciaculli prosegue così tra l’ansia e l’attesa che le proprie denunce portino a risultati concreti. «Le indagini seguite alle mie parole hanno portato a richieste di rinvii a giudizio per diverse persone, ma si attende ancora la decisione del giudice per le indagini preliminari», conclude l’imprenditore vittoriese.