Quindici ragazzi dello Sprar di Piazza Armerina ricreano le pietanze dell'antica Roma. È il progetto Extra Moenia - Villa senza confini. «Penso che stare a tavola è un momento di pace e crea unione tra i popoli», spiega uno dei giovani coinvolti, provenienti da Asia e Africa
Villa del Casale, migranti a scuola di cucina «Mi sento di far parte della terra che mi ospita»
La cultura e la cucina dell’antica Roma come veicolo d’integrazione. Sono gli ingredienti alla base di un progetto che coinvolge quindici giovani migranti ospiti dello Sprar di Piazza Armerina che seguiranno laboratori teorici e pratici alla Villa del Casale, sito patrimonio Unesco.
La direttrice della Villa, Rosa Oliva spiega come il progetto Extra Moenia-Villa senza confini abbia due fasi. Un primo step, che si è svolto a Milano in concomitanza con Expo, «destinato a giovani con disabilità psicofisica che hanno realizzato un ricettario, basandosi sulla scene dei mosaici della Villa Romana legati al cibo». Il secondo step si svolge in Sicilia e sarà organizzato dal museo regionale della Villa Romana del Casale, e coinvolgerà quindici ospiti dello Sprar di Piazza Armerina provenienti da Afganistan, Libia, Pakistan, Gambia, Senegal, Nigeria e Mali. Nella prima fase iniziale formativa, già conclusasi, i giovani sono stati guidati da agricoltori e studiosi locali per acquisire le conoscenze enogastronomiche e agricole di età romana. «Nella fase successiva – spiega la direttrice – saranno seguiti da uno chef locale e realizzeranno un menù fisso a tema banchetto romano, utilizzando solo materie prime provenienti dal settore biologico».
Un progetto interculturale orientato a favorire l’integrazione dei richiedenti asilo sul territorio siciliano e che, come sottolinea il responsabile esecutivo del progetto Flavio Mela, intende «promuovere un legame antico e profondo dei migranti con la Villa Romana, crocevia in epoche remote di scambi commerciali e culturali come testimonia l’emblematico mosaico della figura femminile nella Grande Caccia, personificazione, secondo alcuni studiosi, dell’Africa per la presenza della fenice originaria dell’Etiopia, mentre per altri dell’Asia per l’esistenza di una tigre e di un elefante».
Sorride Camara, uno dei giovani migranti, mentre racconta ai presenti la sua esperienza all’interno del progetto. Originario del Mali, esordisce in perfetto inglese. «È un progetto molto importante perché abbiamo conosciuto i metodi utilizzati degli antichi romani e come si relazionavano con il cibo tanti anni fa, prima che arrivasse la tecnologia. Studiando le immagini iconografiche della Villa, relative ai cibi in epoca romana, abbiamo avuto modo di confrontare le nostre tradizioni culinarie. Penso che stare a tavola è un momento di pace e crea unione tra i popoli». Tra l’imbarazzato e il lusingato, il libico Safa confessa: «L’esperienza che abbiamo appena iniziato è molto interessante perché ci ha permesso di legare tra di noi. In queste settimane, abbiamo appreso informazioni sulla Villa e sul modo di seminare e macinare il grano. La fase successiva prevederà di cucinare i cibi degli antichi abitanti della Villa. L’idea mi emoziona perché cucinando mi sento di fare anche parte di questa terra che mi ospita».
«The first time – comincia così Basmasar, giovane libico – che abbiamo visitato la Villa Romana del Casale sono rimasto affascinato dai mosaici che raccontavano la storia di uomini e donne vissuti molti anni fa. Con Silvia, un’imprenditrice agricola locale, abbiamo imparato alcune tecniche agricole dei secoli antichi in Sicilia. Mi piacciono molto i siciliani – conclude -. Qui sto bene».