Gli accessi dello stabile di proprietà del comune di Catania sono stati quasi tutti murati e la ditta potrebbe ultimare i lavori entro domani. «Se non si trova un'alternativa, queste famiglie non avranno più una casa», denuncia la rete antirazzista catanese. Ieri la seconda circoscrizione ha promesso aiuto a cercare un nuova sistemazione, ma dall'amministrazione non è arrivata ancora nessuna soluzione. Intanto tra gli occupanti cresce la paura di ritrovarsi senza un tetto sulla testa
Viale Bernini, sgombero quasi ultimato «Da domani tutti in mezzo alla strada?»
A due giorni dall’intimazione di sgombero del comune di Catania, non è arrivata ancora nessuna soluzione per sistemare le circa 150 persone che occupano lo stabile comunale abbandonato di viale Bernini. «Ieri notte sono ancora riusciti a dormire all’interno», racconta Federica Frazzetta del collettivo Aleph. «Abbiamo chiesto alla ditta di lasciare per ultima la chiusura delle scale per salire nelle stanze, così da permettere alle persone di entrare – continua – Finora gli operai sono stati di parola, ma domani termineranno e queste famiglie rimarranno in mezzo alla strada». I lavori per murare gli accessi al palazzo, infatti, proseguono a pieno ritmo e tutte le botteghe sono state già chiuse da cemento e mattoni. Secondo i volontari del collettivo, il cantiere potrebbe chiudersi entro la giornata di domani, molto in anticipo rispetto ai 15 giorni lavorativi previsti.
Intanto ieri pomeriggio una delegazione di consiglieri della seconda municipalità (Ognina-Picanello) ha raggiunto i membri della rete antirazzista catanese, riuniti in assemblea sotti i portici del palazzo, che si sono confrontati con i volontari del collettivo Aleph sulle richieste della petizione da loro presentata «a tutela della sicurezza dei cittadini che abitano nella zona e della legalità», afferma il presidente Alessandro Condorelli. Raccolte firme che ha causato lo sgombero di Palazzo Bernini. «Un intervento necessario – spiega – perché, oltre al disagio per il quartiere, queste persone vivono in mezzo alla sporcizia, in condizioni di degrado e di pericolo per loro stessi». Per questo, Condorelli ha garantito che si impegnerà a chiedere all’amministrazione che la famiglie residenti nell’edificio non siano cacciate finché non sarà garantita loro un’altra sistemazione.
Anche se la decisione finale sul destino di queste famiglie sembra spetti al Comune, dall’amministrazione ancora non è pervenuto alcun segnale di apertura. All’incontro di ieri, infatti, era prevista anche la presenza del sindaco Raffaele Stancanelli, insieme ad un gruppo di assessori e consiglieri comunali, per discutere del futuro degli occupanti del palazzone. Ma, nonostante i ripetuti inviti e le promesse, nessuno è intervenuto. Come non si è fatto vedere nessuno dalla terza circoscrizione, quella della zona Borgo-Sanzio, da cui è partita una delle due petizioni che hanno portato allo sgombero dello stabile.
Tra le famiglie residenti nel palazzone, presidiato ogni giorno dalle pattuglie dei vigili urbani, cresce il timore di ritrovarsi senza un tetto sulla testa. «Hanno paura perché tra poco non avranno più un posto in cui andare a dormire», afferma Federica. Dopo l’intimidazione di sgombero alcuni sono andati via, ma quasi tutti hanno riportato dentro le proprie cose. «Sono quasi tutte coppie giovanissime con bambini piccoli che provengono dai campi di Fontarossa, dove per loro non c’è più posto, oppure dalle fosse di corso dei Martiri, dove non vogliono tornare», spiega la volontaria del collettivo Aleph.
«Mannatili a casa», urlano un gruppo di persone dalla piazzetta che si affaccia sullo stabile alla vista dello striscione appeso sulla facciata dai ragazzi della rete antirazzista. Uno slogan sul diritto all’alloggio, per tutti. Un diritto che, a quanto pare, Catania non vuole garantire.