Homeless, cani in libertà, sporcizia, traffico veicolare non autorizzato. Sono questi i problemi che lamentano i commercianti della strada principale della città che contano i disagi causa principale di scarsa affluenza di passanti nella strada principale del centro. Danni di immagine e non di vero e proprio disordine, che procurano ugualmente fastidio a passanti e imprenditori
Via Etnea, i negozianti lamentano disordine Emergenza di immagine per cittadini e turisti
Quando la mattina i negozianti di via Etnea alzano la saracinesca li trovano già sul marciapiede dove si sono sistemati qualche ora prima perché al corso Sicilia non possono più stare durante il giorno. Si spostano da un lato all’altro della strada alla ricerca dell’ombra che i palazzi offrono, insieme ai loro cani – senza museruola o guinzaglio – e si portano dietro il piatto delle offerte per mendicare qualche soldo ai passanti. Se qualcuno per sbaglio urta il loro strumento di lavoro si becca con facilità qualche insulto e qualche occhiataccia. Ma niente di più.
Stiamo parlando di un gruppo di giovani originari dell’Est europeo che bivaccano quotidianamente nella via principale del capoluogo etneo. Ai problemi a loro legati si aggiungono in via Etnea quelli di mendicanti con gravi disturbi fisici, di cani che stazionano in zona senza guinzaglio o museruola, e del traffico veicolare presente anche per mezzi e in orari non autorizzati. Che siano turisti o cittadini catanesi la reazione alla questua e al disordine è unanime e al massimo varia da uno speranzoso «Bisogna fare qualcosa» a un più rassegnato «È uno stato di emergenza vero e proprio».
Accattonaggio, bivacco, sporcizia, cani in libertà, pericolosità della zona, circolazione di autovetture non autorizzate. I fattori descritti sono considerati dai titolari dei negozi della via in pieno centro causa di perdita di clientela perché molti cittadini non gradiscono chi chiede la carità, chi sporca e chi infastidisce. In tanti sono quelli che cercano la via del sollecito e della segnalazione affinché si intensifichino i controlli, magari quotidiani, puntuali e a tappeto. Ma le richieste riscuotono scarso successo perché il più delle volte non giungono all’indirizzo delle forze dell’ordine, ma si spengono in lamentele tra colleghi commercianti nella pausa pranzo. Quando il messaggio però arriva a destinazione, la risposta delle autorità è di solito un rassegnato: «Non possiamo fare niente, abbiamo le mani legate».
La questione è per lo più formale e di immagine, non c’entra nulla con rischi legati alla sicurezza per i passanti e poco con il degrado. «Non sono aggressivi e i loro bisogni li espletano da qualche altra parte, ma Catania non può lo stesso mostrarsi così», racconta Giovanni Tambone, dipendente di uno store di un’azienda di telefonia di via Etnea. «Dormono in corso Sicilia o nella zona compresa tra piazza Duomo e piazza Università e si spostano qui al mattino già ubriachi – racconta la commessa di un negozio di abbigliamento – ma non creano problemi di ordine pubblico e non fanno risse. Certamente non è un bel colpo d’occhio». Lo stesso discorso vale per i rom, alcuni con problemi fisici, che si spostano in un’area compresa tra la chiesa dei Minoriti e piazza Stesicoro. Quanto poi alla sporcizia rappresentata da «cartacce buttate per terra – elenca Tambone – e topi morti per strada», la richiesta di intervento dovrebbe arrivare a chi si occupa della nettezza urbana e in alcuni casi al senso civico di chi non aspetta di imbattersi in un apposito cestino dei rifiuti.
«I giovani che bivaccano, anche se vengono invitati dai vigili urbani a spostarsi come è accaduto sabato scorso in occasione della manifestazione del gay pride, ritornano sempre nello stesso posto dopo poco, al massimo qualche ora», racconta Tambone. L’atteggiamento degli homeless – così come gli altri problemi evidenziati dai commercianti – creano disagi concreti al cittadino medio ma forse la città deve interrogarsi in un altro senso. Magari questo groviglio di elementi è solo l’altra immagine di una Catania varia e di grandi dimensioni.