Il funzionario di polizia e i due agenti sono accusati di avere indottrinato il falso pentito Vincenzo Scarantino affinché rilasciasse le false dichiarazioni con cui sono stati condannate in primo luogo sette persone, poi scoperte innocenti dopo le parole del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che consentì di fare luce sulla vicenda
Via D’Amelio, chiusa inchiesta sul depistaggio Chiesto il processo per Bo, Ribaudo e Mattei
Si chiude con tre richieste di rinvio a giudizio l’indagine sul depistaggio delle indagini per la strage di via D’Amelio. La procura di Caltanissetta, che ha in mano l’inchiesta, intende portare a processo il funzionario di polizia Mario Bo e i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei con l’accusa di calunnia in concorso. Bo era stato già indagato per il depistaggio, ma la vicenda per lui si era concluso con un’archiviazione.
I magistrati nisseni sostengono di essere in possesso questa volta degli elementi tali da poter dimostrare in giudizio il coinvolgimento dei tre che avrebbero, secondo la procura, indotto il falso collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino a fare ricadere le colpe dell’attentato su Salvatore Profeta, Gaetano Scotto, Cosimo Vernengo, Natale Gambino, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana e Giuseppe Urso nel tentativo di sviare le indagini sulla strage che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta. Dichiarazioni, quelle di Scarantino, che hanno fatto condannare alcuni degli accusati all’ergastolo, revocato solo 18 anni dopo grazie alle dichiarazioni di un nuovo pentito, Gaspare Spatuzza, che ha fatto luce sulla vicenda.
Nell’avviso di conclusione dell’indagine i pm riportano le singole false accuse rivolte ai condannati relative ai ruoli che ciascuno avrebbe avuto nell’esecuzione dell’attentato. A Mattei e Ribaudo che curavano la sicurezza di Scarantino dopo il falso pentimento si contesta di averlo imbeccato studiando insieme a lui le dichiarazioni che avrebbe dovuto rendere nel primo dei processi sulla strage per evitare incongruenze e di averlo indotto a non ritrattare le menzogne già affermate. Bo avrebbe invece diretto le operazioni di condizionamento del pentito. Il 20 aprile del 2017 è stato definito il quarto processo per l’eccidio di cui ancora si attendono le motivazioni. La corte d’assise di Caltanissetta, presieduta da Antonio Balsamo, ha infine condannato all’ergastolo i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, imputati di strage e a dieci anni i falsi pentiti Francesco Andriotta e Calogero Pulci, accusati di calunnia. Dichiarato estinto per prescrizione il reato contestato a Vincenzo Scarantino pure lui imputato di calunnia.
«Chiederò a breve che il mio cliente venga interrogato e sono certo che, come è accaduto per la precedente indagine, riusciremo a dimostrare la sua totale estraneità alle accuse» replica Nino Caleca, avvocato di Mario Bo. Durante la prima indagine sul funzionario di polizia agli ordini di Arnaldo La Barbera l’accusa aveva puntato tutto sulle dichiarazioni di Scarantino che, una volta ritrattata la sua versione dei fatti, aveva sostenuto di essere stato maltrattato dai poliziotti perché recitasse il copione a lui imposto. L’archiviazione giunse a causa della ormai poca credibilità del falso pentito.